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Giuliano
- Tu giochi al buio, ed è una tattica pericolosa. Non potrai mai capire il disegno finché non sei parte del disegno.
- Con questo vuoi dire che lo sarò?
- Certo! Nel preciso momento in cui sarà troppo tardi.
"Quintet", girato in Canada nel 1979, è un film straordinario, anche se per molto tempo, più della metà, non ci si capisce molto: anche perché, fisicamente, manca la luce. I protagonisti sono sempre infagottati in abiti rozzi e pesanti , e quel che accade spesso non si vede proprio. Straordinario, dicevo, e non bello né attraente e neppure particolarmente riuscito: ma io me lo porto dentro da quando l’ho visto la prima volta, tanti anni fa. Perché la vita è così, come il Quintet, un gioco misterioso, insondabile e incomprensibile con il quale passano il tempo residuo i superstiti di una terribile glaciazione: “L’unica forma di vita intelligente ancora rimasta sul pianeta”, dice l’arbitro Grigor.
Le regole non sono certe, ma i giocatori si divertono lo stesso, e sanno essere spietati quando serve. E’ uno strumento che spesso non siamo capaci di suonare, come la vita. Ci sono giocatori bravi e spietati, come il terribile Saint Christopher (cioè Vittorio Gassman) e altri sottovalutati e inesperti, che però sanno vincere, spesso aiutati dalla Fortuna, come Essex (Paul Newman).
Quintet è "Il settimo sigillo" di Altman: ma nel film di Bergman c'era speranza, la Morte non era né cinica e sprovveduta come Essex né squallida come "l'arbitro" Grigor, né crudele come Saint Christopher; era così come deve essere, qualcosa di giusto e di naturale, un giocatore (di scacchi!) leale ed esperto. Il cast è di altissimo livello: Newman era Essex, Fernando Rey era Grigor, Gassman San Christopher, Bibi Andersson Ambrosia, Nina van Pallandt Deuca, e all’inizio c’è anche Brigitte Fossey come Vivia. Sono tutti eccellenti; direi che manca solo Mastroianni, ed è davvero un peccato: ci sarebbe stato benissimo, e forse avrebbe dato qualcosa in più a tutto il film.
Essex viene da fuori, da lontano. E’ un cacciatore di foche (Foca in inglese è Seal: e Seal significa anche Sigillo) e ha con sé una compagna giovane, e incinta. Ma il brutale gioco del Quintet non ha pietà di nulla, nemmeno della speranza; Essex si ritrova dentro il gioco e assume l’identità di Redstone, un giocatore che è stato appena eliminato da Saint Christopher. Al momento opportuno, Saint Christopher si risolve a chiedere informazioni all’arbitro: lo straniero è parte del gioco (della vita) oppure no?
Grigor: L'impostore, anche se non ha partecipato al gioco per sua scelta, è dentro al gioco. E' come la vita: nessuno c'è dentro per sua scelta. L'uomo che porta i simboli di Redstone, è Redstone. La sua vita non è importante, al di fuori del gioco.
Saint Christopher: E così sia.
Nel finale, Essex e Saint Christopher si scontrano tra la neve, fuori della città.
Saint Christopher: (grida, da lontano): Redstone!
Essex: Mi chiamo Essex.
Saint Christopher: Quello era ieri. Oggi tu sei Redstone. Sei pronto a giocare? La morte ha fretta...
Ma non c'è combattimento: Saint Christopher scivola nella neve, e muore così, ucciso dalla sua stessa arma che gli ricade addosso. Essex sarà il vincitore, ma la vittoria a Quintet non porta a nulla. Il vincitore è vivo, e questo gli deve bastare…
- Con questo vuoi dire che lo sarò?
- Certo! Nel preciso momento in cui sarà troppo tardi.
"Quintet", girato in Canada nel 1979, è un film straordinario, anche se per molto tempo, più della metà, non ci si capisce molto: anche perché, fisicamente, manca la luce. I protagonisti sono sempre infagottati in abiti rozzi e pesanti , e quel che accade spesso non si vede proprio. Straordinario, dicevo, e non bello né attraente e neppure particolarmente riuscito: ma io me lo porto dentro da quando l’ho visto la prima volta, tanti anni fa. Perché la vita è così, come il Quintet, un gioco misterioso, insondabile e incomprensibile con il quale passano il tempo residuo i superstiti di una terribile glaciazione: “L’unica forma di vita intelligente ancora rimasta sul pianeta”, dice l’arbitro Grigor.
Le regole non sono certe, ma i giocatori si divertono lo stesso, e sanno essere spietati quando serve. E’ uno strumento che spesso non siamo capaci di suonare, come la vita. Ci sono giocatori bravi e spietati, come il terribile Saint Christopher (cioè Vittorio Gassman) e altri sottovalutati e inesperti, che però sanno vincere, spesso aiutati dalla Fortuna, come Essex (Paul Newman).
Quintet è "Il settimo sigillo" di Altman: ma nel film di Bergman c'era speranza, la Morte non era né cinica e sprovveduta come Essex né squallida come "l'arbitro" Grigor, né crudele come Saint Christopher; era così come deve essere, qualcosa di giusto e di naturale, un giocatore (di scacchi!) leale ed esperto. Il cast è di altissimo livello: Newman era Essex, Fernando Rey era Grigor, Gassman San Christopher, Bibi Andersson Ambrosia, Nina van Pallandt Deuca, e all’inizio c’è anche Brigitte Fossey come Vivia. Sono tutti eccellenti; direi che manca solo Mastroianni, ed è davvero un peccato: ci sarebbe stato benissimo, e forse avrebbe dato qualcosa in più a tutto il film.
Essex viene da fuori, da lontano. E’ un cacciatore di foche (Foca in inglese è Seal: e Seal significa anche Sigillo) e ha con sé una compagna giovane, e incinta. Ma il brutale gioco del Quintet non ha pietà di nulla, nemmeno della speranza; Essex si ritrova dentro il gioco e assume l’identità di Redstone, un giocatore che è stato appena eliminato da Saint Christopher. Al momento opportuno, Saint Christopher si risolve a chiedere informazioni all’arbitro: lo straniero è parte del gioco (della vita) oppure no?
Grigor: L'impostore, anche se non ha partecipato al gioco per sua scelta, è dentro al gioco. E' come la vita: nessuno c'è dentro per sua scelta. L'uomo che porta i simboli di Redstone, è Redstone. La sua vita non è importante, al di fuori del gioco.
Saint Christopher: E così sia.
Nel finale, Essex e Saint Christopher si scontrano tra la neve, fuori della città.
Saint Christopher: (grida, da lontano): Redstone!
Essex: Mi chiamo Essex.
Saint Christopher: Quello era ieri. Oggi tu sei Redstone. Sei pronto a giocare? La morte ha fretta...
Ma non c'è combattimento: Saint Christopher scivola nella neve, e muore così, ucciso dalla sua stessa arma che gli ricade addosso. Essex sarà il vincitore, ma la vittoria a Quintet non porta a nulla. Il vincitore è vivo, e questo gli deve bastare…
Saint Christopher (cioè Gassman) è il direttore dell'ospizio dei poveri, ma anche un giocatore di Quintet perfido e spietato, "il migliore in circolazione", dice Grigor. Quando Essex lo va a trovare, sta facendo un rito col sale in quella che forse era una chiesa, e recita una liturgia di sua invenzione, unico e spelacchiato residuo dell'antica religione: In hoc sale principio est vitae et horationis meae. Audite! La forma geometrica dell'universo rispecchia lo schema della vita. Vi si è insegnato che essi non sono diversi. Vi si è anche insegnato che l'universo è delimitato da cinque lati e che la vita non ha che cinque stadi. Primum: la sofferenza del nascere. Secundum: i travagli del maturare. Tertium: la colpa del vivere. Quartum: il terrore di invecchiare. Quintum: l'irreparabilità della morte. Rivelazione incompleta, poiché i cinque lati richiedono un sesto spazio, il centro; ed è a quello solo che dovete guardare. Che cosa è il sesto spazio: è l'oscurità. E' il vuoto, il nulla! In altre epoche, ugualmente ignoranti, si diceva che il fuoco eterno avrebbe seguito la morte; ma io vi dico: Audite, filii... (...) Io vi dico che non v'è alcun fuoco. Io vi dico che il fuoco non è castigo sufficiente, no: ah, no, figli miei, l'oscurità, il buio di cui vi parlo, è il totale orrore della pazzia, è la consapevolezza del nulla. Quindi, le vostre miserabili esistenze, di fatto, sono supremamente allegre; è la vostra ricompensa, dovete avere cara la vostra vita atroce perché essa è una pausa, un'interruzione del vuoto che la precede e del vuoto che la segue. Non combattete, non lottate: accettate! E quando pensate al numero cinque ricordatevi che è sei! Se cercate una risposta, guardate oltre i fatti considerati, e aggiungetene uno in più: l'imponderabile! Perché soltanto quando voi considerate l'imponderabile avete una carta, una speranza di risolvere il dilemma.
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