Giuliano
The Doors, di Oliver Stone
Nel film di Stone, non è Jim Morrison che canta: è Val Kilmer. Sembra impossibile, ma quando uscì il film la produzione decise che le incisioni originali non erano tecnicamente all’altezza. Che dire: sono incisioni degli anni 60-70, mica Caruso. Non le ha fatte Edison, ma gli studi già molto bene attrezzati delle grandi compagnie discografie. Per dire: ho qui in casa il Lohengrin diretto da Kempe, e l’Ottava di Bruckner diretta da Karajan, due registrazioni più o meno dello stesso periodo di “Light my fire”, e suonano ancora benissimo. Duecento persone che suonano e cantano nello stesso momento, tra coro e orchestra: Jim Morrison e i suoi compagni erano solo in quattro...
Preferisco pensare che dietro ci siano problemi di diritti d’autore da pagare, faccio finta di niente, decido di fidarmi di Oliver Stone e vado lo stesso al cinema, dove però mi attende una sorpresa. Il cinema è pieno di ragazzi molto giovani, sui 15 anni e dintorni. Io sono l’unico sopra i 30, o quasi. Tutta gente che non era ancora nata, nel 1969-70: anche per me Jim Morrison era roba da fratelli maggiori, ma almeno io c’ero.
Il film è del 1990, e intanto sono passati quasi vent’anni; ma il mito di Jim Morrison continua. Ecco, a parte Jim Morrison che se lo merita, mi chiedo cosa sia successo alla musica in tutti questi anni. Conosco ragazze di diciott’anni che sanno a memoria le canzoni di Battisti e Baglioni, per esempio: roba di quarant’anni fa. Una cosa inconcepibile per uno della mia età: per me e per la mia generazione interessarsi a Claudio Villa e Nilla Pizzi (roba di 10-15 anni prima, non quaranta) era impensabile; idem per Frank Sinatra o Elvis Presley, roba da vecchi signori. Sulla musica ho le mie opinioni, ma me le tengo (le ho già espresse in altra sede); qui vorrei parlare un po’ del film, e dei Doors.
Il film è bello, e Val Kilmer è molto bravo, anche come cantante: sembra davvero di vedere Jim Morrison. Si rimane certo un po’ delusi, perché in questi casi (biografie di personaggi famosi) ognuno si aspetta di trovare qualcosa di suo, e bisogna invece adattarsi alla visione di un altro. Fatta questa tara, ero soddisfatto: ma ormai ero troppo vecchio per la vecchia favola del Re Lucertola e di “we want the world and we want it NOW!”. La parte migliore del film, rimasta inespressa, è quella iniziale, la profezia del vecchio indiano morente davanti a Jim bambino. Stone sembra un po’ aver paura di questa parte, e nel resto del film (forse anche per motivi di produzione, commerciali: la paura di fare un film troppo complicato per il pubblico a cui era rivolto) la mette volentieri in disparte, limitandosi a qualche accenno.
Rimane qualcosa da dire sui Doors: la loro musica non è rock, e Jim Morrison non è propriamente un cantante. Morrison ha origini simili a quelle di Leonard Cohen (da lui diversissimo): nasce come poeta e attore, declamatore dei suoi versi nel bel mezzo degli anni ’60. Poi si unisce a Ray Manzarek, pianista e organista (il biondo, nel film), e nasce il mito di questo gruppo così violento e trasgressivo: violento e trasgressivo nei contenuti, più che nella musica e negli aspetti esteriori. Gli arresti di Morrison per atti osceni e per droga sono rimasti nella memoria collettiva, ma – se si guarda ai filmati d’epoca – i Doors sono solo una band che suona, niente effetti speciali e niente mascherature. Tutto il fascino sta in Morrison, e in un particolare tutt’altro che secondario: i Doors hanno un debito fortissimo verso Kurt Weill, e quindi verso Bertolt Brecht.
Il cabaret tedesco (Kabarett: niente a che vedere con i comici tv) riceve il giusto omaggio (una dichiarazione d’intenti?) nel primo disco del gruppo. Sul lato A, subito prima di “Light my fire”, c’è “Alabama song”: testo di Bertolt Brecht, musica di Kurt Weill. Da “Ascesa e caduta della città di Mahagonny”, Berlino, 1930: « O show me / the way to the next / whiskey bar... / Oh, don’t ask why...»
Nel film di Stone, non è Jim Morrison che canta: è Val Kilmer. Sembra impossibile, ma quando uscì il film la produzione decise che le incisioni originali non erano tecnicamente all’altezza. Che dire: sono incisioni degli anni 60-70, mica Caruso. Non le ha fatte Edison, ma gli studi già molto bene attrezzati delle grandi compagnie discografie. Per dire: ho qui in casa il Lohengrin diretto da Kempe, e l’Ottava di Bruckner diretta da Karajan, due registrazioni più o meno dello stesso periodo di “Light my fire”, e suonano ancora benissimo. Duecento persone che suonano e cantano nello stesso momento, tra coro e orchestra: Jim Morrison e i suoi compagni erano solo in quattro...
Preferisco pensare che dietro ci siano problemi di diritti d’autore da pagare, faccio finta di niente, decido di fidarmi di Oliver Stone e vado lo stesso al cinema, dove però mi attende una sorpresa. Il cinema è pieno di ragazzi molto giovani, sui 15 anni e dintorni. Io sono l’unico sopra i 30, o quasi. Tutta gente che non era ancora nata, nel 1969-70: anche per me Jim Morrison era roba da fratelli maggiori, ma almeno io c’ero.
Il film è del 1990, e intanto sono passati quasi vent’anni; ma il mito di Jim Morrison continua. Ecco, a parte Jim Morrison che se lo merita, mi chiedo cosa sia successo alla musica in tutti questi anni. Conosco ragazze di diciott’anni che sanno a memoria le canzoni di Battisti e Baglioni, per esempio: roba di quarant’anni fa. Una cosa inconcepibile per uno della mia età: per me e per la mia generazione interessarsi a Claudio Villa e Nilla Pizzi (roba di 10-15 anni prima, non quaranta) era impensabile; idem per Frank Sinatra o Elvis Presley, roba da vecchi signori. Sulla musica ho le mie opinioni, ma me le tengo (le ho già espresse in altra sede); qui vorrei parlare un po’ del film, e dei Doors.
Il film è bello, e Val Kilmer è molto bravo, anche come cantante: sembra davvero di vedere Jim Morrison. Si rimane certo un po’ delusi, perché in questi casi (biografie di personaggi famosi) ognuno si aspetta di trovare qualcosa di suo, e bisogna invece adattarsi alla visione di un altro. Fatta questa tara, ero soddisfatto: ma ormai ero troppo vecchio per la vecchia favola del Re Lucertola e di “we want the world and we want it NOW!”. La parte migliore del film, rimasta inespressa, è quella iniziale, la profezia del vecchio indiano morente davanti a Jim bambino. Stone sembra un po’ aver paura di questa parte, e nel resto del film (forse anche per motivi di produzione, commerciali: la paura di fare un film troppo complicato per il pubblico a cui era rivolto) la mette volentieri in disparte, limitandosi a qualche accenno.
Rimane qualcosa da dire sui Doors: la loro musica non è rock, e Jim Morrison non è propriamente un cantante. Morrison ha origini simili a quelle di Leonard Cohen (da lui diversissimo): nasce come poeta e attore, declamatore dei suoi versi nel bel mezzo degli anni ’60. Poi si unisce a Ray Manzarek, pianista e organista (il biondo, nel film), e nasce il mito di questo gruppo così violento e trasgressivo: violento e trasgressivo nei contenuti, più che nella musica e negli aspetti esteriori. Gli arresti di Morrison per atti osceni e per droga sono rimasti nella memoria collettiva, ma – se si guarda ai filmati d’epoca – i Doors sono solo una band che suona, niente effetti speciali e niente mascherature. Tutto il fascino sta in Morrison, e in un particolare tutt’altro che secondario: i Doors hanno un debito fortissimo verso Kurt Weill, e quindi verso Bertolt Brecht.
Il cabaret tedesco (Kabarett: niente a che vedere con i comici tv) riceve il giusto omaggio (una dichiarazione d’intenti?) nel primo disco del gruppo. Sul lato A, subito prima di “Light my fire”, c’è “Alabama song”: testo di Bertolt Brecht, musica di Kurt Weill. Da “Ascesa e caduta della città di Mahagonny”, Berlino, 1930: « O show me / the way to the next / whiskey bar... / Oh, don’t ask why...»
4 commenti:
Come sempre un bel post. Ho visto il film e mi ritrovo molto con quello che hai detto. Giulia
Grazie Giulia. Stone è un regista strano, che alterna finezze notevoli a grossolanità inaspettate. Però a me va bene così, ben vengano i tipi come lui.
Ho ancora tutti i dischi dei Doors, ma ormai è roba di antiquariato... Non li ascolto quasi più perché me li ricordo a memoria, ormai ho una certa età anch'io (sono 33 anni che non ho più 16 anni).
grazie ancora
Post molto interessante, come il solito. Ricordo con molto piacere il film di Stone, anche se non sono mai stata particolarmente interessata ai Doors, malgrado appartengano alla musica della mia generazione. Al contrario di mia figlia, ora 21enne, che da anni ha la camera tappezzata di citazioni e di foto di Jim Morrison e che, quando è stata a Parigi, è andata a visitare la sua tomba. La spiegazione che mi da è che lo sente molto vicino e attuale. Buona giornata. Annarita.
E' un mistero. Io però non ho mai avuto il poster di nessuno, in casa... forse da certe cose si nasce vaccinati.
E' però vero che Jim Morrison non è un mito di pezza come tanti altri, e nemmeno un mito generazionale. Dietro c'è un uomo vero, e nei testi si vede.
saluti Annarita, grazie. (ricambio la visita)
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