mercoledì 3 ottobre 2007

La musica al cinema: Morte a cinque voci

Gesualdo da Venosa

Tod fur funf Stimmen (Gesualdo da Venosa), di Werner Herzog (1995) Con Pasquale D'Onofrio, Salvatore Catorano, Angelo Carrabs, Milva, Angelo Michele Trorriello, Raffaele Virocolo, Principe d'Avalos Fotografia: Peter Zeitlinger Musica: Alan Curtis dirige Il Complesso Barocco, Gerald Place dirige il Gesualdo Consort di Londra (59 minuti) Rating IMDb: 6.7
Giuliano
Gesualdo da Venosa (Carlo Gesualdo principe di Venosa, 1560-1613) è unanimemente riconosciuto come uno dei maggiori musicisti di tutti i tempi. Le sue composizioni, madrigali e musica sacra, sono belle e difficili: solo un musicista vero, che conosca il contrappunto e la polifonia, può apprezzarle come si deve. Non è come Bach, che è rigoroso e matematicamente perfetto, ma ha anche il dono della melodia e conosce la semplicità: Gesualdo è sempre molto difficile, spesso astratto, richiede molto impegno anche solo per l’ascolto.
Alla vita di Gesualdo è dedicato questo breve documentario di Werner Herzog. Non è uno dei suoi migliori, e si può capirne il motivo: si tratta infatti di un soggetto molto impegnativo, perché il celestiale Gesualdo è anche il responsabile dell’assassinio della propria moglie, e del suo amante; era nobile e ricco, e il delitto d’onore, già per conto suo, era visto con occhio di particolare riguardo: se la cavò con poco e continuò a scrivere musica.E’ stato anche ispiratore di molte dicerie e leggende, che Herzog riporta con cura forse eccessiva; ma non si può nascondere una certa inquietudine nel venirne a conoscenza. Herzog inizia infatti anche un discorso sulle malattie mentali, ma la sceneggiatura è un po’ monca e goffa, il discorso rimane appena abbozzato. Forse voleva farne un film, e poi ha rinunciato? Troppo difficile il soggetto, troppo forte: molto più che Jekyll e Hyde, per intenderci.

Gerald Place and Dorothy Linnel

Gesualdo visse fra Venosa, Napoli, Ferrara (capitale della musica, dove si risposò, ma la moglie lo detestava), e il regista ci porta a vedere i luoghi dove visse e abitò, compresa la terrificante Cappella Sansevero di Napoli, che pare abbia qualche attinenza con le sue attività alchimistiche (anche se, va detto, l’alchimia era pratica diffusa: Claudio Monteverdi, persona mite e sanissimo di mente, la praticò a lungo, anche perché figlio di farmacista). Herzog gioca molto sulla contrapposizione tra il mondo quotidiano e quello di Gesualdo, ma Gesualdo non ha nulla di quotidiano o di popolaresco, e non so quanto il gioco proposto sia riuscito: direi poco. Herzog fa un passo indietro rispetto alle sue abitudini e gira un normale documentario, tutta la sua pazzia l’ha già sfogata altrove, in Aguirre e Fitzcarraldo. E forse è giusto così, ma chi si aspettava lo Herzog di Aguirre e Fitzcarraldo rimarrà deluso.
Il film è girato a Gesualdo (il paese in provincia di Avellino dove c’è ancora la casa di famiglia), Arezzo, Cortona. La musica è eseguita da Alan Curtis, e dal Gesualdo Consort of London diretto da Gerald Place. Alan Curtis dice: « Quando ascoltai per la prima volta la musica di Gesualdo, quarant’anni fa al college in Michigan, non la trovai bella; la trovai affascinante ma difficile. Ovviamente, egli era un uomo difficile che scriveva musica difficile - e che viveva in tempi difficili, in cui la gente doveva rischiare e c’era avventura e tensione, come c’è ancora oggi in Italia (sorride). E’ ancora necessario assumersi dei rischi, e credo che questa sia una delle chiavi di lettura di Gesualdo. Gli esecutori devono assumersi dei rischi, osare; solo allora la bellezza di questa musica selvatica appare in piena luce.» All’inizio del film, un’altra citazione d’obbligo: « L’essere un dilettante gli permise di scrivere per sé, come più gli sembrava giusto. Non doveva compiacere dei committenti, o aspirare al successo con il pubblico.»
Nel Palazzo d’Avalos a Napoli (Maria d’Avalos era la moglie che fu assassinata da Gesualdo), un discendente del compositore suona il preludio dal Tristano di Wagner (1857-59): spiega che è basato anch’esso su accordi molto distanti, come faceva Gesualdo e come non faceva nessun altro; si tornerà a scrivere come Gesualdo solo da Wagner in poi.
Il contrappunto è una misura del Tempo. Anni fa ho avuto modo di parlare con dei cantanti, che eseguono questo repertorio, e mi hanno spiegato che c’è un piacere profondo nella perfezione degli “incastri” tra le varie voci della polifonia: bisogna andare a tempo, altrimenti crolla tutto. E’ difficile, bisogna essere bravi ma si può fare. Un piacere non spiegabile se non si entra almeno un po’ nella Musica; e al contrappunto dobbiamo pagine e pagine di musica bellissima, da prima di Gesualdo e per molti secoli ancora dopo di lui.

Werner Herzog

9 commenti:

Giuliano ha detto...

Questo documentario invece mi è piaciuto poco. E’ ricchissimo di notazioni interessanti, ma sembra più che altro un quaderno d’appunti per un film non fatto. Sembra che Herzog abbia voluto liberarsi del peso di questa storia, che è una storia di grande attrazione ma difficilissima da rappresentare.
Da un lato c’è il fatto di cronaca, durissimo; dall’altro c’è la musica di Gesualdo, ostica e celestiale. Non è come con altri artisti, Mozart o Michelangelo, che si può sempre catturare l’attenzione in un modo o nell’altro; e la musica di Mozart e i dipinti di Michelangelo sono molto comunicativi, dicono molto anche a chi non sa niente di musica o di pittura.
Adesso leggo che Bernardo Bertolucci starebbe finalmente per partire con il suo film su Gesualdo: ma sono anni che ne parla, finirà che non se ne farà niente. L’argomento è in effetti di quelli impossibili da portare avanti, ma se c’è uno che può farcela è proprio Bertolucci.
Per quanto mi riguarda, io un punto di partenza ce l’avrei: uno specchio rotto. Non rotto in mille pezzi, ma incrinato, diviso in due ma intatto. Una metà riflette un’immagine, l’altra metà (due metà irregolari) ne riflette un’altra. Questo per me è Gesualdo.

Solimano ha detto...

Giuliano, mi ricordo che quando scrissi il Bel Momento sulla Cappella Sansevero (Maria d'Avalos fu uccisa dal marito Gesualdo nel Palazzo Sansevero), imparai che Gesualdo per diverso tempo dovette nascondersi. Non dalla polizia del re, ma dai parenti della moglie. La polizia, nel caso dei signori, lasciava fare, dando spazio alle vendette private e si occupava solo dei poveracci.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Ancora due appunti al volo:
1) il titolo del film è in riferimento ad uno dei madrigali di Gesualdo, musicato su un testo che parla della Morte (tema barocco, non necessariamente legato al resto della storia), ed è a cinque voci in polifonia.
2) una volta questo repertorio era in mano a inglesi, tedeschi, olandesi. Ma da una ventina d'anni sono arrivati gruppi italiani favolosi, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Per Gesualdo e per Monteverdi , e per Vivaldi, consiglio le registrazioni di Rinaldo Alessandrini, Claudio Cavina, Fabio Biondi, Giovanni Antonini, e tanti altri ancora.

Anonimo ha detto...

Nessun commento in particolare... volevo solo salutarvi. Non conosco molta gente che ascolti Gesualdo, anzi... è un pezzo che non ne incontro, esattamente da Settembre 2006, quando ho frequentato un seminario - 3 giorni a Venosa - tenuto dal Maestro Acciai (fantastico!).
Ciao quindi (e viva gli intervalli di seconda!)
antonella

Giuliano ha detto...

Cara Antonella, grazie! Io purtroppo non sono un musicista, sono un semplice appassionato.
Con Monteverdi me la cavo benino, il teatro aiuta e anche il recitar cantando, la nuova prattica; ma Gesualdo è davvero ostico (e celestiale!).

Herzog è un bel tipo. L'anno scorso ho letto il suo diario tenuto durante la lavorazione di Fitzcarraldo, in Amazzonia nel 1979: si era portato dietro le cassette con Schütz e Bach, e le ascoltava sempre. A un certo punto dice che anche gli indios che lo aiutavano nei lavori di casa conoscevano la musica di Schütz e la cantavano...
Grazie ancora
Giuliano

Anonimo ha detto...

Oh, neanch'io sono una musicista! Sono solo molto appassionata, da sempre, di musica e il seminario l'ho frequentato per imparare ad ascoltare meglio... Monteverdi, sssssì, il Quarto Libro dei madrigali lo conosco a memoria e il Lamento d'Arianna e la Sestina del Sesto Libro?...! Da morire. (ho poi visto a Mantova, l'altr'anno, l'Orfeo e mi sono annoiata non poco - ma era l'anniversario della Prima - 400 anni - e non potevo mancare. Il pensiero di condividere, a 4 secoli di distanza, le emozioni di Monteverdi e dei suoi cantanti mi attizzava troppo!)
Bello e folle anche Fitzcarraldo, che mi piacerebbe rivedere. Herzog... l'ho visto sì, il suo documentario - quella specie di - ma insomma... sembra essere proprio una bozza, un appunto per chissà che. Tu invece fai teatro, mi par di capire. Affascinante. Bene. Sono capitata qui per caso e non ho neanche capito bene dove sono (labirintico internet)... davvero! Be', ti saluto e saluto tutti i malati di musica e torno al lavoro. Ciao! ant

Giuliano ha detto...

Cara Antonella, io sono reduce da vent'anni di turni di notte in fabbrica: il mio teatro è stato quello lì, le albe quando non c'è in giro nessuno, i pomeriggi con i colpi di sonno alle 17:30, eccetera. Per forza che poi uno si interessa a Gesualdo da Venosa, si oscilla tra estasi celestiali e pensieracci....
grazie infinite per la bella visita, molto gradita.

Anonimo ha detto...

però... dimentichi di dire che si è "nascosto" e ha composto gran parte dei mottetti e dei cori a cinque e sei voci a gesualdo, nella sua rocca principesca in irpinia.
stefano

Giuliano ha detto...

Stefano, questo post è vecchio di tre anni, ed è da molto tempo che io non ho più accesso a questo blog e non posso correggere...
Nel frattempo, a marzo di quest'anno, ci ha lasciati il suo fondatore, Solimano. Il blog è fermo da allora.