Giuliano
Nel ripensare questo film sono molto combattuto. Il mio combattimento interiore è tra l’ammirazione per il talento e la personalità del regista turco-romano, e la delusione per i risultati che raggiunge. Lo si direbbe un remake di “Europa 51”, il film di Rossellini dove Ingrid Bergman si accorge di essere troppo ricca e di dover dare qualcosa a chi ha meno di lei, ma che viene fatta internare dai suoi parenti. Un remake senza i manicomi, che non ci sono più; ed è un bel soggetto, ma Ozpetek in “Cuore sacro” si trova a fare i conti con i suoi limiti personali. Che non sono certo né di tecnica né di capacità narrativa, due qualità che Ozpetek possiede in grande misura. Più che altro è un limite di gusto: Ozpetek tende troppo al fotoromanzo, o al teleromanzo. C’è anche una tentazione a virare verso il paranormale, e sembra qua e là di rivedere “Il segno del comando”, con i fantasmi del passato nella Roma misteriosa. E’ un film troppo leccato, che oscilla tra ville sontuose e parrocchie povere, “I Miserabili” senza Jean Valjean, un “tenente Colombo” alla rovescia dove ricchi e poveri si mescolano ma poi torneranno a dividersi, come l’acqua e l’olio, perché ognuno ha il suo mondo ed è giusto che le due razze non si mescolino. Con la giovine manager elegante in carriera che trascina il suo bel faccino pensoso tra matti, barboni, malati, preti giovani e muscolosi; con l’ennesima citazione della piscina da “Il bacio della pantera” (Jacques Tourneur, 1944), e una bella apparizione finale di Elisabetta Pozzi (lei sì grande attrice, ma di teatro) come psichiatra.
Guardo il film un po’ affascinato e un po’ annoiato, a tratti perfino irritato – perché non si può buttar via una storia in questo modo. Mi vengono battute che vorrei reprimere, e invece le metto per iscritto: la drammaturgia della cretina ricca, la poetica della giovane elegante ma tanto compassionevole. Tutto questo ha un suo indubbio fascino, ma è irritante, improbabile, falso, e risaputo nel suo sviluppo. Però – aggiungo subito - Ozpetek ha un suo stile molto personale e toccarlo sarebbe un peccato, non è mica Muccino. Spero proprio che non tenga conto del mio personalissimo parere e vada avanti per la sua strada, che di registi come lui c’è un gran bisogno. (Oggi il miglior regista italiano è un turco, la cosa non può non far pensare...)
2 commenti:
Giuliano, di Ozpetek ho apprezzato Il bagno turco e L'ultimo harem, un po' meno Le fate ignoranti e La finestra di fronte. Concordo col tuo riscontrare una tendenza al fotoromanzo, non gli fa bene, perché vuol dire inserire il falso nei discorsi di sentimenti.
Il maestro di tutti i registi fotoromanziere rimane comunque Leluch, in cui ogni tanto affiora una strana genialità, ma poi infierisce in modo smisurato, anche come lunghezza di film. Però de La belle histoire prima o poi ne scriverò.
saludos
Solimano
In realtà, il miglior regista italiano - tra quelli della mia età - è Silvio Soldini.
Ozpetek in teoria sarebbe meglio ancora, ma la finezza di Soldini per lui è inarrivabile. Forse avrebbe bisogno di qualcuno che gli scriva bene i film, o che lo assiste nel montaggio.
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