
Giuliano
Mi piacciono molto i film indiani, quelli di oggi e non solo quelli di Satyajit Ray. Mi piace Bollywood, la Hollywood di Bombay, con i suoi film lunghi, colorati, film d’amore, pasticciati, pieni di musica, di canzoni e di danze.
Purtroppo ne ho visti pochi, e devo ammettere che capisco sì e no la metà di quello che vi succede, e non so nemmeno che cosa sono per davvero quelle canzoni lì, se sono l’equivalente del nostro Sanremo (probabile) o se hanno qualche motivo d’interesse in più; però l’insieme è sempre fresco, piacevole, con bei personaggi. Non mi stupisce affatto che piacciano, anche perché – bisogna ammetterlo – come “prodotto medio” i film indiani sono nettamente superiori alla nostra triste mediocrità e banalità televisiva degli ultimi vent’anni. Intanto, sono film veri, e non telefilm camuffati: ed è già una gran bella cosa, rivedere qualcuno che pensa in grande, in questo inizio di millennio.
Sembra un film di Walt Disney anni Sessanta, di quelli con Hayley Mills e Dean Jones e Jodie Foster da bambina: una sfida a cricket tra il truce governatore coloniale inglese e un giovane del villaggio. Gli indiani del villaggio non sanno nemmeno che cos’è il cricket, non hanno la minima attrezzatura e anche sforzandosi non si arriva nemmeno al numero minimo di giocatori necessari, bisogna chiamare anche i vecchi e gli zoppi: ma in palio c’è tutto un anno di tasse da pagare all’odiata Britannia. Per fortuna, ecco arrivare un imponente sikh con la barba e il turbante, che a cricket ci ha giocato per davvero, da professionista. Si mette al servizio della squadra, ed ecco che... Beh, è inutile che io stia qui a raccontare: penso che sia già tutto ben chiaro, compresa la “fronda” della gentile donzella inglese, la storia d’amore del protagonista con la sua giovane e bella fidanzata, l’handicappato che diventa un punto di forza, e così via.

Tra gli inserti musicali, numerosi e generosissimi, ho trovato molto bello il numero musicale sull’amore tra Krishna e Radha, un amore idealizzato che mi ha riportato al nostro Cinquecento, con le divinità mischiate agli umani, con la pastorella gelosa di Mirtillo, con Tirsi e Clori, come in Guarini e come in Monteverdi...

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