Mein liebster Feind - Klaus Kinski, di Werner Herzog (1999) Con Werner Herzog, Isabelle Adjani, Claudia Cardinale, Justo Gonzales, Mick Jagger, Klaus Kinski, Benino Moreno Placido, Beat Presser, Guillermo Rios, Jason Robards, Maximilian Schell Musica: Popol Vuh Fotografia: Peter Zeitlinger (95 minuti) Rating IMDb: 7.7
Giuliano
Klaus Kinski era davvero terrificante. All’inizio del film, Werner Herzog racconta come l’ha conosciuto: nella casa dove viveva, nei primi anni ’50, si affittavano delle camere. Lì visse per tre mesi con Kinski, che era già adulto mentre lui era ancora bambino: Kinski nasce nel 1926, Herzog è del 1942. Il racconto di Herzog è questo: Kinski che si barrica nel bagno, per due giorni interi, sempre gridando a voce altissima. Quando ne esce, il bagno è completamente distrutto: nel senso dei sanitari e della vasca da bagno, ridotti in briciole... “Ogni mio capello bianco l’ho chiamato Kinski”, dirà ridendo Werner Herzog verso la fine, mentre scherza – commosso – con uno dei suoi più stretti collaboratori, testimone e vittima anche lui delle esplosioni di Kinski. Kinski e Herzog hanno girato cinque film insieme: Aguirre, Nosferatu, Woyzeck (subito dopo Nosferatu, coi capelli di Kinski che cominciavano appena a ricrescere), Fitzcarraldo, Cobra Verde.
Klaus Kinski muore nel 1991, e Werner Herzog gli dedica questo ricordo caldo e commosso. Le prime sequenze che vediamo sono tratte da uno spettacolo teatrale dove Kinski interpretava Gesù, ma alla sua maniera (faceva anche l’Idiota di Dostoevskij). “Il pubblico riempiva gli stadi per vederlo sbraitare”, commenta Herzog.
Provo a riassumere alcune delle frasi di Herzog che più mi hanno colpito o divertito: “All’inizio della lavorazione di Aguirre mi resi conto di avere due problemi: il budget ridottissimo e Kinski.” Sul set di “Aguirre”, Kinski arriva con un’attrezzatura da montagna favolosa, pensa di essere al centro di ogni inquadratura, dice di amare la natura ma ne ha uno strano concetto (che non prevede le zanzare). Sul set di “Fitzcarraldo”, gli indios amazzonici parlano sempre sottovoce: Kinski gridava sempre e li lascia esterrefatti, perché non è a quel modo che si risolvono i conflitti; più tardi diranno a Herzog che è di lui che avevano paura e non di quel pazzo biondo che grida sempre, perché Herzog durante i litigi taceva.
Il capo indio si offrì di ammazzargli Kinski, per sollevarlo da cotanto peso: Herzog ce lo mostra, è quello che inveisce durante la scena del pranzo a bordo della nave. L’ira degli indios verso Kinski era vera, e in questa sequenza è palpabile; ma Herzog dirà al capo tribù di lasciar perdere, che per ora il pazzo biondo gli serve, poi si vedrà. Sempre durante la lavorazione di Fitzcarraldo, Herzog minaccia Kinski (che se ne vuole andare) di sparargli con un fucile; sorridendo, Herzog (“ma io in realtà non sono matto, mi hanno visitato e sono sanissimo di mente”) racconta di aver progettato nei dettagli, in seguito, l’assassinio di Kinski.
Prende anche in mano il libro con l’autobiografia di Kinski: è pieno di insulti contro di lui. Herzog ne legge un brano e sorride ancora: racconta che Kinski andò da lui chiedendogli di aiutarlo a inventarsi qualche insulto particolarmente forte, perché “altrimenti il mio libro non interesserà a nessuno”, e così fecero.
Eva Mattes, che recitò con Kinski in “Woyzeck”, ne parla benissimo. Anche lei, come Herzog e Claudia Cardinale, ne raccontano il perfezionismo e la professionalità (la Cardinale lo racconta come molto timido e molto gentile).
Il rapporto tra Kinski e Herzog fu molto conflittuale, ma anche di profondo affetto e amicizia; e il regista non nasconde la sua commozione quando parla dell’amico così terribile. Senza Kinski, forse Herzog non avrebbe mai avuto successo e fama mondiale; e senza Herzog è più che probabile che Kinski avrebbe avuto solo ruoli da caratterista nella sua vita (quando recita la parte del gobbo in “Per un pugno di dollari” ha già quarant’anni; la recita benissimo, ma dura pochi minuti).
Il documentario è molto bello, soprattutto per chi conosce bene i film di cui si parla. Ci sono anche momenti interessanti di per sè, come quando viene mostrata la scena del campanile da “Fitzcarraldo” nella prima versione, con Mick Jagger e Jason Robards: Robards è Fitzcarraldo, Jagger il suo aiutante. Entrambi daranno forfait, uno per malattia l’altro perché spaventato dalle difficoltà. E c’è Herzog che dice: «Fitzcarraldo è una grande metafora. Non so di che cosa, ma è una metafora. » (ride)
Il finale è una lunga sequenza di Klaus Kinski sorridente, con una farfalla tropicale che gli cammina addosso, e che proprio non se ne vuole andare. E una farfalla è il miglior simbolo che si potesse scegliere per terminare questo film dedicato a un amico che non c’è più.
venerdì 5 ottobre 2007
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1 commento:
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