La seconda notte di nozze, di Pupi Avati (2005) Con Antonio Albanese, Neri Marcorè, Katia Ricciarelli, Angela Luce, Marisa Merlini Musica: Riz Ortolani Fotografia: Pasquale Rachini (103 minuti) Rating IMDb:7.3
Lodes
Non conoscevo i film di Pupi Avati e l’altra sera mi sono disteso sul divano ben disposto alla conoscenza di questo autore: sullo schermo parte “La seconda notte di nozze”.
Appare subito chiaro che il regista ci sa fare. L’ambientazione è curata e per me che sono vecchio e che ho vissuto da bambino l’immediato dopoguerra significa riconoscere oggetti, ambienti, modi di essere, situazioni. Valga per tutti la coabitazione. Ho avuto la fortuna di dormire in una camera ovale di un palazzo nobile del ‘700, ma di là da una tramezza di compensato abitava un'altra famiglia. Ma torniamo al film. Mano a mano che il regista sviluppa la trama (trama?) mi domandavo dove voleva andare a parare. Nel senso che va bene essere solleticato sui ricordi, per certi versi è anche piacevole, tuttavia al film manca una tesi, manca una vera storia. Non basta richiamare un mondo che non c’è più, questo può essere un occasione se la narrazione è stimolo per riflessioni su questioni più alte. Sappiamo bene cosa ha significato la tragedia della guerra, come sappiamo cosa ha significato per le persone che hanno vissuto quella stagione, ma nella storia di Avati c’è solo una raffigurazione di personaggi che non mi (ci?) dicono nulla. Descrive personaggi che sono anche scarsamente rappresentativi di quell’Italia. Certo il figlio gaglioffo, la madre dai facili costumi, il matto che si fa carico di ciò che gli “altri” non vogliono affrontare possono far pensare a metafore dell’italietta. In realtà quell’italietta è finita con il fascismo. I fermenti, le aspettative di quegli anni erano ben altri. Dunque la storia si avvita su sé stessa, senza raccontare altro che un improbabile viaggio verso il nulla. C’è appunto solo la descrizione puntuale dell’ambiente e di personaggi che sono completamente avulsi dalla realtà. Ma per rimanere alla storia anche il matrimonio se da un lato si può comprendere come soluzione ai problemi di sopravvivenza di Liliana (Katia Ricciarelli) e Nino (Neri Marcorè) non è sufficiente a dare corpo e soluzione alla storia. Infatti il film nel tentativo (tardo) di recuperare ricorda la bimba morta su la mina. Forse si chiude un epoca?
Troppo poco.
Ovviamente ho fatto una ricerca e i critici si sono espressi tutti a favore del film…..ma io sono uno spettatore…..e ho ragione io! :))
lunedì 17 settembre 2007
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7 commenti:
Un blog splendido, da me scoperto oggi.
Da un amante del cinema ti ringrazio per il tuo impegno.
Grazie, Imperium, l'impegno c'è, ma il piacere è ancora maggiore, da parte mia e degli altri che scrivono. Torna a trovarci. Hai ragione, è proprio una gran passione...
saludos
Solimano
Non ho ancora visto questo film (grazie Enzo), ma ho ripensato un po’ ai film di Avati che conosco, e mi ritrovo in sintonia con Lodes. Sono film molto ben fatti e molto ben recitati, ma manca sempre qualcosa. Gli unici veramente completi, tra quelli che ho visto e che mi ricordo, sono “Regalo di Natale” (ne ha parlato qui Solimano) e “I cavalieri che fecero l’impresa”, che però è piuttosto impegnativo visto il soggetto storico. Poi ci sono tanti film anche importanti e che ricordo volentieri, come “Impiegati”, ma alla fine rimane sempre la sensazione che manchi qualcosa: e direi che quel qualcosa è più o meno quello che ha raccontato oggi Lodes.
Di solito, una critica negativa ad un film mi spinge a NON vederlo... questa, invece, mi spinge a noleggiare al più presto il dvd de "La seconda notte di nozze". E NON perchè non mi fidi del "naso" lodesano: al contrario, vorrei vederlo proprio per poter apprezzare meglio il suo post. Ma... e della Ricciarelli interprete (non cantante) che mi dici, Enzo? Anzi no, non dirmi nulla... voglio scoprirlo da sola...
Ave&vale
[:->>>]
Roby
Allora ti rispondo io Roby...
La Ricciarelli è brava, come sono bravi tutti gli interpreti; ma, proprio per quel che ha detto Lodes, risultano essere quasi figurine di carta, ben ritagliate, ben... leccate, se si può dire così, ma come non avessero spessore.
Ovviamente, il discorso non vale solo per Avati. Di quest'idea di partire da qualcosa che poi non si riesce a sviluppare e concludere sono vittime in tanti, scrittori e musicisti e non solo registi. Un piccolo esempio: Hitchcock con "Io confesso". Al di là del particolare del prete che non può ripetere cosa ha sentito in confessione (un dettaglio che può colpire solo un non cattolico: noi sappiamo che si può chiedere la dispensa al vescovo), non c'è più altro da aggiungere se non un thriller convenzionalissimo, sia pur di buona fattura.
Sono d'accordo con te.
Secondo me sono gli attori come Albanese a tenere in piedi questo film.Lui è davvero bravo, secondo me
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