sabato 29 settembre 2007

Sotto i tetti di Parigi

Sous les toits de Paris, di René Clair (1930) Con Albert Préjean, Pola Illéry, Edmond T. Gréville, Bill Bocket, Gaston Modot Musica: "Sous les toits de Paris" di René Clair, Raoul Moretti, René Nazalles cantata da Albert Préjean Fotografia: Georges Périnal, Georges Raulet (96 minuti) Rating IMDb: 7.9
Giuliano
Questo film è la felicità assoluta. La mano di René Clair, in quegli anni, era una mano benedetta: nessuno ha mai più girato film così belli e storie d’amore così dolci, sapendo toccare anche il tasto drammatico. Quando guardo ai suoi movimenti di macchina, più di settant’anni fa, e penso a quanto erano grosse e pesanti le macchine che si usavano per fare i film, ancora mi commuovo.
Perché non è tanto la storia e i personaggi (sia pure tutti molto belli) che esprimono l’amore e i sentimenti, e la bellezza: sono proprio i movimenti di macchina. Fin dall’inizio, dalle prime sequenze panoramiche sui tetti e sulle finestre, che finiscono poi nella strada da dove parte l’azione vera e propria, è come se fossero gli occhi di una persona (i nostri occhi) a scorrere su e giù per i tetti di Parigi, ad accarezzare con lo sguardo cose e persone, come se fossimo affacciati ad un balcone o come se fossimo lì, in mezzo agli altri personaggi.
Non ho più visto un film così, e sì che ne ho visti tanti. Nel frattempo le macchine da presa sono diventate sempre più leggere e agili, oggi una ripresa come queste del film di Clair può essere effettuata con una macchinetta che sta anche in tasca; eppure questa leggerezza (e questa profondità) io non l’ho più vista. C’è qualcosa di simile in Eisenstein, soprattutto nell’Alexander Nevskij, e anche in Hitchcock (La finestra sul cortile), e anche in Kubrick o in altri film più vicini a noi, ma hanno valori diversi, dall’epico al drammatico al cupo. Il tocco di René Clair esiste solo nei film di René Clair. In questo film, e in “Il milione”, che gli è vicinissimo nel tempo, ma anche in “La bellezza del diavolo” (il mito di Faust, con Gérard Philipe e Michel Simon) e in “Grandi manovre”, che appartengono già al cinema moderno.

La storia in sè è un curioso e dolcissimo anacronismo: il venditore di canzoni, per strada, e la sua storia d’amore con una ragazza. Credo proprio che di questo mestiere si sia persa del tutto la memoria, e che già all’uscita del film (primi anni ’30) fosse considerata una cosa del passato: quando non c’erano i dischi, si vendevano gli spartiti. Era un’industria fiorente, basti pensare all’epopea dei Ricordi e dei Sonzogno; ma qui siamo in un ambito più casalingo, si vendono canzoni, e la canzone è “Sotto i tetti di Parigi”. La ascoltiamo più volte, nel corso del film: il ragazzo che la intona (per vendere) è bravissimo, e la fisarmonica che lo accompagna è piacevolissima; per strada si forma un capannello di persone e gli affari vanno benone. Ma, come sempre in questi casi, c’è il borsaiolo in agguato che se ne approfitta: e, orrore, ruba il borsellino anche alla bella ragazza... Ma tutto si aggiusta, nei film di Clair: anche il borsaiolo non si rivelerà poi così cattivo, e sarà l’amore a trionfare.
Come dicevo, la bellezza del film sta nel gioco delle immagini. E’ una delizia, e se avete un po’ di sensibilità vi basteranno i primi cinque minuti per innamorarvi per sempre di René Clair.

2 commenti:

Lara ha detto...

Sono entrata nel tuo blog, attratta dal titolo, pensando comunque di dare uno sguardo veloce e via.
Mi accorgo invece di esserci rimasta una mezz'oretta e solo perché devo andare si sotto in cucina - per reclami vari.

Niente in contrario, se linko questa meraviglia di blog?
Intanto lo faccio per non perderne le traccie ..

Complimenti di cuore!

Giuliano ha detto...

Cara Dama, grazie per le belle parole!Qui si fa quel che si può, siamo solo spettatori appassionati, e non addetti ai lavori.
Ho fatto un giro sul tuo sito, e ho trovato subito dei versi di Mario Luzi: davvero un modo eccellente di cominciare.
Grazie ancora, spero che ci sia occasione di scambiare qualche chiacchiera in futuro.
Giuliano