martedì 11 settembre 2007

Gli oggetti nel cinema: i guanti (1)

Senta Berger in O sole mio (1960)

Solimano
Perché le attrici si mettevano i guanti, in particolare quelli lunghi, su su fino oltre il gomito? La risposta è semplice: per dare piacere agli uomini quando se li levavano. Per meglio dire, per dare piacere agli uomini nel pensare come sarebbe stato bello se si li fossero levati. E per tutto il film c'era questa aspettativa, questa attesa che rischiava di essere delusa, ma infine eccola! Rita Hayworth che si toglie i guanti in Gilda, e credo ci siano degli esempi persino migliori.
Ma c'era un altro aspetto, perché il vizio ha tante facce: quello di tenersi i guanti e non il resto, così l'impressione era di una pudicizia però sfacciata, di alla faccia vostra! in cui la regina incontestata fu Marlene Dietrich, regina cittadina, gli intellettuali - gente losca - erano tutti per lei, ma i miliardari scemi, gli aristocratici debosciati e i mariti agostani scelsero la Marilyn Monroe di Gentlemen Prefer Blondes (però accompagnata da Jane Russell che non tirava colpi a caso), di Seven Year Itch, di The Prince and the Showgirls, di Let's Make Love. Ridurre Laurence Olivier e Yves Montand in quel deplorevole stato fu una mala azione, che perdoniamo a Marylin ma non ai registi, Hawks, Wilder e Cukor in specie.

Silvana Pampanini (e Aroldo Tieri) in Mademoiselle Gobette (1952)

Sembra che parli del passato, di vizi da cui siamo faticosamente riemersi, ma che ha fatto quel principe dell'erotismo moderno, Bernardo Bertolucci in The Dreamers? Eva Green, la bellissima figlia di Marlène Jobert (però preferisco la mamma) compare con dei guanti lunghissimi, fin quasi alle spalle, e niente altro. Non solo, sono tornati i film in costume, perché le attrici odierne sono invidiose delle mamme e delle nonne, e il giochino dei guanti, questa castità alla cligne l'oeil, lo vogliono praticare anche loro, e me le vedo, le riunioni di direzione delle Majors: "Ci sono Uma Thurman e Kate Beckinsale che rompono, perché vogliono il film coi guanti". E noi che credevamo che The Golden Bowl facesse parte del percorso artistico di James Ivory... Come credemmo che The Age of the Innocence costituisse una svolta per Scorsese, mentre sono state Michelle Pfeiffer e Winona Ryder, che i guanti li volevano ad ogni costo, se no passavano alla concorrenza. Analogamente il povero Louis Malle, così rigoroso e raffinato, dovette subire Brigitte Bardot e Jeanne Moreau in Viva Maria: calze e guanti, guanti e calze (non trasparenti, peggio ancora).
Cose acclarate, di dominio pubblico, ma c'è stata una che ha infierito con i guanti di ogni tipo, lunghezza e colore dall'inizio alla fine della carriera, in tutte le parti, dalla svampita alla principessa, dalla ragazza povera che vuol salire alla donna che dice no a quello giusto e sì a quello sbagliato. Ci ha saputo fare, non ne fummo consapevoli, ma il nostro inconscio maschile ne è uscito gravemente compromesso. Proprio per questo motivo è una che piace moltissimo anche alle donne, a tutte le donne. E' l'ingenua più maliarda che ci sia mai stata, Audrey Hepburn, a cui prima o poi dovrò - è un dovere morale - dedicare un post titolato "Audrey e i guanti", così le nuove generazioni vengano avvertite del pericolo e non cadano nelle sue subdole trappole, però dolcissime.

Natalie Wood (e Tony Curtis) in The Great Race (1965)

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