Giuliano
Un “Cuore di tenebra” alla rovescia, un “Apocalypse now” dove invece di trovare Marlon Brando pallido, nell’ombra, tormentato, nel cuore dell’Africa appare invece Nino Manfredi in gran forma, sorridente e abbronzato, in pieno sole, un po’ preoccupato per i casini che ha lasciato in giro, ma tutto sommato felice.
Disincantato e un po’ sfottente, Nino Manfredi, alias Titino, è il cuore di questo film. Non proprio un “cuore di tenebra” come in Joseph Conrad, ma qualcosa che inquieta c’è.
Titino è il cognato di Alberto Sordi, editore benestante, ed è scomparso misteriosamente in Africa da mesi, forse da anni. La cognata di Sordi piange sempre, non ha più sue notizie, che fare? Spinto dalla moglie, ma ancora più dalla curiosità di andare a vedere quelle terre che racconta nelle enciclopedie a dispense e nei libri che lo hanno reso ricco, l’editore Sordi parte per l’Africa misteriosa (negli anni ’60 l’Africa era ancora misteriosa). Nel partire, si porta dietro il suo ragioniere, ed è così che nasce una delle coppie più strampalate della storia del cinema. Il ragioniere, piccolo pelato e grassottello, è l’attore francese Bernard Blier: quanto di più inadatto all’Africa si possa immaginare, eppure funziona. Questa strana coppia, che ricorda molto il cartone animato di Yoghi e Bubu, riuscirà davvero a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa, ed è un risultato ben oltre le aspettative – ma con finale a sorpresa, che non svelo perché magari siete rimasti gli unici a non averlo mai visto.
Un film lungo, prolisso, scombinato, eccessivo, casinista: ma non poteva essere diversamente (non è un soggetto che si può risolvere in un’ora e venti) e alla fine è un bel film, con un messaggio valido, dove Alberto Sordi non è un eroe negativo come tante altre volte (come sempre, a meno che non lo prendano per mano Comencini, Risi e Scola). E’ uno dei miei film preferiti, l’ho visto da bambino e mi è sempre piaciuto per questo suo mix di casino “alla Sordi” e di film d’impegno, di avventura e di vacanza fatta a Rimini in sandali in agosto, e di chissà quant’altre cose ancora.
Il bello è che quando fu girato questo film non solo non c’era ancora “Apocalypse now”, ma Francis Ford Coppola non aveva nemmeno incominciato a fare film...
Tra le scene memorabili: Nino Manfredi che fa lo sciamano, con l’apposito costume, serissimo e compreso nella parte; Blier e Sordi che fanno un’epica scazzottata con lo schiavista portoghese («Che cosa ha detto?» «Ha detto: “petasso de cornudo”.» « E che vor dì? Lei lo sa, ragioniere, che vor dì?» « Petasso no, ma cornudo sì.») ; la litania finale degli africani piangenti verso Nino Manfredi, che lo invitano a restare (Titì-nuncé-lassà!), a quel che risulta invenzione totale di quella sagoma di Manfredi, non presente in origine nella sceneggiatura.
Un “Cuore di tenebra” alla rovescia, un “Apocalypse now” dove invece di trovare Marlon Brando pallido, nell’ombra, tormentato, nel cuore dell’Africa appare invece Nino Manfredi in gran forma, sorridente e abbronzato, in pieno sole, un po’ preoccupato per i casini che ha lasciato in giro, ma tutto sommato felice.
Disincantato e un po’ sfottente, Nino Manfredi, alias Titino, è il cuore di questo film. Non proprio un “cuore di tenebra” come in Joseph Conrad, ma qualcosa che inquieta c’è.
Titino è il cognato di Alberto Sordi, editore benestante, ed è scomparso misteriosamente in Africa da mesi, forse da anni. La cognata di Sordi piange sempre, non ha più sue notizie, che fare? Spinto dalla moglie, ma ancora più dalla curiosità di andare a vedere quelle terre che racconta nelle enciclopedie a dispense e nei libri che lo hanno reso ricco, l’editore Sordi parte per l’Africa misteriosa (negli anni ’60 l’Africa era ancora misteriosa). Nel partire, si porta dietro il suo ragioniere, ed è così che nasce una delle coppie più strampalate della storia del cinema. Il ragioniere, piccolo pelato e grassottello, è l’attore francese Bernard Blier: quanto di più inadatto all’Africa si possa immaginare, eppure funziona. Questa strana coppia, che ricorda molto il cartone animato di Yoghi e Bubu, riuscirà davvero a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa, ed è un risultato ben oltre le aspettative – ma con finale a sorpresa, che non svelo perché magari siete rimasti gli unici a non averlo mai visto.
Un film lungo, prolisso, scombinato, eccessivo, casinista: ma non poteva essere diversamente (non è un soggetto che si può risolvere in un’ora e venti) e alla fine è un bel film, con un messaggio valido, dove Alberto Sordi non è un eroe negativo come tante altre volte (come sempre, a meno che non lo prendano per mano Comencini, Risi e Scola). E’ uno dei miei film preferiti, l’ho visto da bambino e mi è sempre piaciuto per questo suo mix di casino “alla Sordi” e di film d’impegno, di avventura e di vacanza fatta a Rimini in sandali in agosto, e di chissà quant’altre cose ancora.
Il bello è che quando fu girato questo film non solo non c’era ancora “Apocalypse now”, ma Francis Ford Coppola non aveva nemmeno incominciato a fare film...
Tra le scene memorabili: Nino Manfredi che fa lo sciamano, con l’apposito costume, serissimo e compreso nella parte; Blier e Sordi che fanno un’epica scazzottata con lo schiavista portoghese («Che cosa ha detto?» «Ha detto: “petasso de cornudo”.» « E che vor dì? Lei lo sa, ragioniere, che vor dì?» « Petasso no, ma cornudo sì.») ; la litania finale degli africani piangenti verso Nino Manfredi, che lo invitano a restare (Titì-nuncé-lassà!), a quel che risulta invenzione totale di quella sagoma di Manfredi, non presente in origine nella sceneggiatura.
2 commenti:
Giuliano, hai ragione. Il film è troppo lungo, un po' dispersivo e scombinato.
Però la parte di Blier è favolosa, e lo stesso Sordi, come editore efficentissimo, che in quegli anni erano i fratelli Fabbri, è molto convincente. Quelle iniziative, apparentemente così superficiali, dettero in quegli anni una scossa al mercato editoriale. Basti pensare alle vendite dei Maestri del Colore, che costrinsero Skira a fare qualcosa di valido a prezzo più contenuto.
Poi c'è Manfredi, credibilissimo mago della pioggia. C'è il finale, con Sordi che sarebbe tentato di restare con Titino.
C'è una parte secondaria ma non trascurabile di Erika Blanc, di cui ho cercato inutilmente in rete qualche immagine decorosa.
Fece alcuni spettacoli teatrali notevoli con Alberto Lionello.
Infine ci sono delle visioni di un'Africa, vista dalla jeep e vista dall'aereo, a cui non eravamo abituati.
saludos
Solimano
Ho visto anch'io il film ai tempi, e lo ricordo con simpatia. Una classica commedia all'italiana con trasferta in Africa e, una volta tanto, come dice Giuliano, i nostri eroi sono tutti positivi. Però, che cast e che regista e sceneggiatori: allora non si dibatteva, come in questi giorni, di crisi del cinema italiano (il classico tormentone che torna periodicamente!).
Saluti
Ottavio
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