lunedì 24 settembre 2007

Cobra Verde

Cobra Verde, di Werner Herzog (1987) Racconto di Bruce Chatwin, Sceneggiatura di Werner Herzog Con Klaus Kinski, King Ampaw, José Lewgoy, Salvatore Basile, Guillermo Coronel, Nana Agyefi Kwame II, Benito Stefanelli, Nana Fedu Abodo Musica: Popol Vuh Fotografia: Victor Ruzicka (111 minuti) Rating IMDb: 7.0
Giuliano
Cobra Verde è un bandito terribile e crudele, in Brasile; al suo apparire tutti corrono a nascondersi, e basta il suo nome a seminare terrore. Un fazendero ricchissimo lo assume nella sua coltivazione, senza conoscerne l’identità, perché ne ha visto il valore; però Cobra Verde, alias Francisco Manuel, gli mette incinte tutte e tre le figlie, e quindi diventa un problema, anche perché ormai la sua vera identità è nota. Che fare? Di concerto con gli altri latifondisti, si decide di far finta che vada tutto bene, e di mandare l’uomo in Africa, dal re folle di Abomey, nel Benin, per far riprendere il commercio degli schiavi – con la speranza che muoia nell’impresa, e che non lo si veda mai più. Cobra Verde riuscirà invece nell’impresa, ma ormai non è più tempo di schiavi: tutti i principali governi (siamo a metà Ottocento) hanno messo al bando quest’attività, e chi la pratica viene ricercato come un criminale.
E’ il soggetto di un libro di Bruce Chatwin, “Il vicerè di Ouidah”, così come è stato adattato da Werner Herzog: « Ouidah, nel sud del Benin, fu tra il ‘600 e il ‘700 una delle capitali del commercio di schiavi. La piazza buia dove gli schiavi venivano stipati dopo essere stati marchiati a fuoco si chiama Zomaii, “là dove non penetra la luce”.» Sembra che la schiavitù passi ancora di qui, nell’anno 2007, soprattutto per i bambini e le bambine il cui commercio è ancora redditizio.
Il film è girato in Ghana e in Colombia, e anche se è sempre un film di Herzog, con moltissime sequenze memorabili, qualcosa comincia a scricchiolare. E’ il Tempo a giocare qualche scherzo a Herzog: Klaus Kinski ha sessant’anni, li porta molto bene ed è sempre di un’aderenza meravigliosa al personaggio, ma è ormai troppo vecchio per la parte, e soprattutto all’inizio è poco credibile come bandito che fa scappare tutti al solo sentirlo nominare. Ma il Tempo non è passato solo per Kinski: se nel 1972, con Aguirre, il fascino dell’esotico e dell’inesplorato era ancora fortissimo, e se nel 1981, con Fitzcarraldo, giocava molto il fascino del ricordo e della ricostruzione d’epoca, con Cobra Verde siamo ormai entrati in un’epoca in cui con l’esotico e il selvaggio non si può più giocare come un tempo. Non solo gli europei hanno preso a viaggiare e vedere il mondo come mai si era fatto prima, ma è il mondo (l’Africa e il Sud America, per l’appunto) che è venuto qui da noi a trovarci e a farsi conoscere. E quindi se “Cobra Verde” delude un po’, la colpa non è né di Herzog né di Kinski, sempre bravissimi, ma del mondo che è cambiato. Un po’ la stessa ragione per cui non si girano più western, e quei pochi che si girano hanno un sapore diverso.

Ma “Cobra Verde” merita di essere visto. E’ forse l’ultimo grande film “a soggetto” di Herzog, che da qui in poi si dedicherà quasi esclusivamente ai documentari e ai cortometraggi; ed è anche il suo ultimo film con Klaus Kinski. Kinski con la feluca napoleonica è imperdibile. L’espressione feroce del suo volto è sempre la stessa, e anche l’agilità fisica (la ferocia fisica, da animale feroce, con cui si muove) è immutata. E la scena finale, anche qui come in “Aguirre”, è dedicata a lui; ed è quasi altrettanto memorabile. Cobra Verde è solo su una spiaggia, con l’unica compagnia di un ragazzo poliomielitico che il bandito neppure degna di uno sguardo. C’è una barca, ma è troppo pesante da spostare. Ormai è finita, il tempo per l’avventura se ne è andato per sempre.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Cobra Verde l'avevo visto, a me era piaciuto. Nel 1981 non si girava poi tantissimo per il mondo, almeno noi brianzoli... :)


Brian

Giuliano ha detto...

L'ho rivisto di recente, prima di scrivere questa cosa qui. Anch'io ho viaggiato poco, ma oggi la tv pullula di documentari, e di africani qui da noi ce ne sono tanti, qualcuno parla anche brianzolo meglio dei nativi...
Comunque di Herzog ho visto quasi tutto, e mi è piaciuto tutto quello che ho visto - con qualche dubbio qua e là, come è ovvio (io sono un sedentario, diversissimo da Herzog).
(occhio che il film è del 1987)
saludos e grazie
Giuliano

Giuliano ha detto...

Nello scrivere questo post pensavo a quante volte, negli ultimi anni, mi è capitato di sentirmi rispondere "ci sono stato" o "c'è stato mio cognato"...
A Macchu Picchu ci vanno in comitiva, e sì che non è un posticino comodo; Capo Verde sono isole in mezzo al mare sbattute dal vento, eccetera: ma qui in Brianza ormai ci sono stati tutti (io no, non so nuotare)

Solimano ha detto...

Giuliano, tu non ci sei stato non perché non sai nuotare (e comunque impara, nuotare è bellissimo), ma perché sei uno snobbone di prima forza, preferisci Firenze alle Mauritius, Verona a Bangkok.
D'altra parte anch'io non scherzo, quanto a snobberìa, credo che Gadda scriva meglio di Camilleri e sto meglio con Fenoglio che con Pavese, penso addirittura che d'arte ne capisse più Zeri di Sgarbi. Così rischio, perché in Italia parlar male di Pavese è peggio che parlar male di Garibaldi e dicono che invidio a Sgarbi la venustà dell'aspetto.
Basta però arrivare a Chiasso per farsene una ragione.
Ma la snobberìa ha un suo pregio: stai bene con te stesso e non scodinzoli, sport sempre più diffuso, fra un po' anche i gatti impareranno a scodinzolare.

saludos
Solimano