Giuliano
Cobra Verde è un bandito terribile e crudele, in Brasile; al suo apparire tutti corrono a nascondersi, e basta il suo nome a seminare terrore. Un fazendero ricchissimo lo assume nella sua coltivazione, senza conoscerne l’identità, perché ne ha visto il valore; però Cobra Verde, alias Francisco Manuel, gli mette incinte tutte e tre le figlie, e quindi diventa un problema, anche perché ormai la sua vera identità è nota. Che fare? Di concerto con gli altri latifondisti, si decide di far finta che vada tutto bene, e di mandare l’uomo in Africa, dal re folle di Abomey, nel Benin, per far riprendere il commercio degli schiavi – con la speranza che muoia nell’impresa, e che non lo si veda mai più. Cobra Verde riuscirà invece nell’impresa, ma ormai non è più tempo di schiavi: tutti i principali governi (siamo a metà Ottocento) hanno messo al bando quest’attività, e chi la pratica viene ricercato come un criminale.
E’ il soggetto di un libro di Bruce Chatwin, “Il vicerè di Ouidah”, così come è stato adattato da Werner Herzog: « Ouidah, nel sud del Benin, fu tra il ‘600 e il ‘700 una delle capitali del commercio di schiavi. La piazza buia dove gli schiavi venivano stipati dopo essere stati marchiati a fuoco si chiama Zomaii, “là dove non penetra la luce”.» Sembra che la schiavitù passi ancora di qui, nell’anno 2007, soprattutto per i bambini e le bambine il cui commercio è ancora redditizio.
Il film è girato in Ghana e in Colombia, e anche se è sempre un film di Herzog, con moltissime sequenze memorabili, qualcosa comincia a scricchiolare. E’ il Tempo a giocare qualche scherzo a Herzog: Klaus Kinski ha sessant’anni, li porta molto bene ed è sempre di un’aderenza meravigliosa al personaggio, ma è ormai troppo vecchio per la parte, e soprattutto all’inizio è poco credibile come bandito che fa scappare tutti al solo sentirlo nominare. Ma il Tempo non è passato solo per Kinski: se nel 1972, con Aguirre, il fascino dell’esotico e dell’inesplorato era ancora fortissimo, e se nel 1981, con Fitzcarraldo, giocava molto il fascino del ricordo e della ricostruzione d’epoca, con Cobra Verde siamo ormai entrati in un’epoca in cui con l’esotico e il selvaggio non si può più giocare come un tempo. Non solo gli europei hanno preso a viaggiare e vedere il mondo come mai si era fatto prima, ma è il mondo (l’Africa e il Sud America, per l’appunto) che è venuto qui da noi a trovarci e a farsi conoscere. E quindi se “Cobra Verde” delude un po’, la colpa non è né di Herzog né di Kinski, sempre bravissimi, ma del mondo che è cambiato. Un po’ la stessa ragione per cui non si girano più western, e quei pochi che si girano hanno un sapore diverso.

4 commenti:
Cobra Verde l'avevo visto, a me era piaciuto. Nel 1981 non si girava poi tantissimo per il mondo, almeno noi brianzoli... :)
Brian
L'ho rivisto di recente, prima di scrivere questa cosa qui. Anch'io ho viaggiato poco, ma oggi la tv pullula di documentari, e di africani qui da noi ce ne sono tanti, qualcuno parla anche brianzolo meglio dei nativi...
Comunque di Herzog ho visto quasi tutto, e mi è piaciuto tutto quello che ho visto - con qualche dubbio qua e là, come è ovvio (io sono un sedentario, diversissimo da Herzog).
(occhio che il film è del 1987)
saludos e grazie
Giuliano
Nello scrivere questo post pensavo a quante volte, negli ultimi anni, mi è capitato di sentirmi rispondere "ci sono stato" o "c'è stato mio cognato"...
A Macchu Picchu ci vanno in comitiva, e sì che non è un posticino comodo; Capo Verde sono isole in mezzo al mare sbattute dal vento, eccetera: ma qui in Brianza ormai ci sono stati tutti (io no, non so nuotare)
Giuliano, tu non ci sei stato non perché non sai nuotare (e comunque impara, nuotare è bellissimo), ma perché sei uno snobbone di prima forza, preferisci Firenze alle Mauritius, Verona a Bangkok.
D'altra parte anch'io non scherzo, quanto a snobberìa, credo che Gadda scriva meglio di Camilleri e sto meglio con Fenoglio che con Pavese, penso addirittura che d'arte ne capisse più Zeri di Sgarbi. Così rischio, perché in Italia parlar male di Pavese è peggio che parlar male di Garibaldi e dicono che invidio a Sgarbi la venustà dell'aspetto.
Basta però arrivare a Chiasso per farsene una ragione.
Ma la snobberìa ha un suo pregio: stai bene con te stesso e non scodinzoli, sport sempre più diffuso, fra un po' anche i gatti impareranno a scodinzolare.
saludos
Solimano
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