Fearless, di Peter Weir (1993) Sceneggiatura di Rafael Yglesias Con Jeff Bridges, Isabella Rossellini, Rosie Perez, Tom Hulce, John Turturro, Benicio Del Toro, Deirdre O'Connel, John de Lancie Musica: Maurice Jarre, Henryk Mikolaj Gorecki Fotografia: Allen Daviau (122 minuti) Rating IMDb: 7.0
Giuliano
Il film inizia con un incidente aereo. Potrebbe essere una catastrofe, ma un uomo si prodiga con lucidità e con coraggio, organizza l’uscita dei passeggeri dall’aereo, salva molto vite. La televisione si mette subito a cercarlo, ma non lo si trova. Lo si crede morto, ma non è così.
In realtà, il protagonista – Jeff Bridges – è un uomo assolutamente normale, pieno di paure e inesperto di tecniche di salvataggio; ma questo incidente lo trasforma. Agisce come non si sarebbe mai aspettato nemmeno lui; alla fine si salva, ma non torna subito a casa. Va nel deserto, si inginocchia, non sa cosa dire né cosa pensare, sputa per terra e impasta un po’ di fango con le dita... Una rinascita, e un ritorno al suo passato.
Quando ritorna a casa, scopre con sorpresa di essere cambiato, e di non ritrovarsi più nella sua vecchia vita. Non è allergico, per esempio: per una vita non è riuscito a mangiare le fragole, e adesso invece le mangia con avidità. L’uomo si sente quasi immortale, onnipotente, è pieno di energia positiva, vorrebbe continuare ad aiutare il suo prossimo ma non sa come fare. Non tutti i risvolti sono positivi: litiga con la moglie, comincia a vagabondare, trova un’altra donna. Ma poi, alla fine, l’effetto straordinario passa; e la vita riprenderà il suo corso. Tornerà anche l’allergia alle fragole, ma qualcosa di quest’avventura rimane.
Un riassuntino che magari vi avrà annoiati, ma bisogna sempre stare attenti ai film di Peter Weir. Nei film del regista australiano c’è sempre qualcosa che irrompe nella nostra vita, che ci costringe a metterci in discussione. Può essere un evento fisico, esterno, come in questo caso; può essere una persona che viene a sconvolgere le nostre abitudini (come in “Green card”, dove il corpulento Depardieu piomba nella vita perfettina di Andie McDowell), oppure può essere un evento soprannaturale, come in “Picnic ad Hanging Rock” o in “L’ultima onda”.
Il titolo del film si può tradurre con “senza paura”. Il trauma toglie al protagonista tutte le sue paure, gli dà la misura di cosa potrebbe fare, delle sue vere potenzialità. E il soggetto mi ha colpito perché anch’io anni fa – per un evento molto più banale, un breve soggiorno in ospedale con un’operazione risoltasi subito in maniera ottima – mi sono trovato in una situazione simile. Si vorrebbero fare mille cose, ma il mondo fuori è rimasto uguale. Siamo costretti a ritornare in noi stessi, per non perdere amici, affetti, lavoro. Ed è una considerazione un po’ triste: noi vediamo il mondo come potrebbe essere con un minimo sforzo da parte di tutti, ma il mondo non ne vuole sapere di cambiare. E allora, per ritrovare un po’ di pace, conviene rientrare nella normalità.
Bridges rifà un po’ il suo personaggio di “il re pescatore”, ma Weir è in gran forma anche se la sceneggiatura non è di prima qualità. La moglie è Isabella Rossellini, che Bridges lascia per Rosie Perez, piccola e bruttina ma attraente e vitalissima (non è una grande attrice, si arrangia meglio che può). Ottime prestazioni da Tom Hulce (l’avvocato) e John Turturro (lo psicologo), due piccole parti giocate alla grande. Finale con la musica di Gorecki.
venerdì 21 settembre 2007
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2 commenti:
Bel post, Giuliano, complimenti: mi ha colpito il tuo richiamo ad un'esperienza personale, e poi quell'accenno al mondo che "è rimasto uguale", indifferente al nostro cambiamento.
Ave&vale
Roby
Ave e vale anche a te, Robertina.
(Robertina? Tiro a indovinare...)
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