Les deux anglaises et le continent, di François Truffaut (1971) Racconto di Henri-Pierre Roché, Sceneggiatura di François Truffaut e Jean Gruault Con Jean-Pierre Léaud, Kika Markham, Stacey Tendeter, Sylvia Marriot, Marie Mansart, Philippe Léotard, Irène Tunc Musica: Georges Delerue Fotografia: Néstor Almendros (116 minuti) Rating IMDb: 7.3
Solimano
E' la storia, che dura anni e anni, dei rapporti del parigino Claude Roc (Jean-Pierre Léaud), con due sorelle inglesi: la concreta e curiosa di vita Ann (Kika Markham) e l'idealista, puritana, anche religiosa Muriel (Stacey Tendeter). Nella storia entrano le due madri, Claire Roc (Marie Mansart) e Mrs. Brown (Sylvia Marriott), amiche fra di loro ed entrambe vedove. Tutto inizia nel 1899, quando Ann conosce Claude a casa sua e lo invita nel Galles, previo consenso delle madri. Lì entra in gioco anche Muriel, che soffre di malattie che oggi chiameremmo psicosomatiche ed ha spesso gli occhi bendati.
Tutto sembra congiurare per un matrimonio fra Claude e Muriel, auspice Ann, ma la madre di Claude si oppone e viene presa la decisione che per un anno i due giovani non si vedranno né si scriveranno. Se alla fine dell'anno saranno ancora della stessa idea potranno sposarsi senza opposizioni. Claude, figlio unico, è succube della madre, quindi accetta, ma entro sei mesi ha già cambiato idea, perché si è creato un piacevole giro di rapporti nell'ambiente artistico (pittrici e modelle) . La madre lo sa e ne è in fondo contenta, finisce che Claude scrive a Muriel le solite storie che si scrivono in questi casi: che sarà per lei sempre un fratello etc etc. Muriel, che all'inizio era la più fredda dei due, la prende male: nuove malattie, parla ad alta voce camminando per strada, si propone di scrivere a Claude ma non si risolve a farlo.
L'ambiente in cui sono cresciute le due sorelle è puritano, mentre Claude si è abituato al mondo libero degli artisti nella Parigi di fine secolo.
Poi succede che Ann, che vuol fare la scultrice, viene a Parigi, e si incontra con Claude. I due diventano amanti ed Ann rapidamente si appropria delle possibilità parigine ed ha un altro amante, Diurka (Philippe Léotard), mantenendo però il rapporto con Claude, i due uomini sanno l'uno dell'altro. Diurka e Ann partono per la Persia e per la seconda volta sembra che tutto finisca. Muriel di questo non sa nulla, non ha cessato di pensare a Claude, ma imparerà dalla sorella quello che è accaduto. Altre traversie, passa il tempo e Ann, che ha lasciato anche Diurka, torna nel Galles e muore per affezione ai polmoni. Claude impara da Djurka - che ha amato Ann sino alla fine - che Muriel verrà sul continente per insegnare a Bruxelles, va ad aspettarla a Calais. Così avranno la prima notte insieme - Muriel è vergine a trent'anni. Sembra quindi che ci sia un altro finale, stavolta lieto, ma Muriel la mattina dopo parte per Bruxelles. Altri anni, ci sarà la prima guerra mondiale, e Claude imparerà che Muriel si è sposata ed ha una figlia, ma le sue lettere vengono respinte, si rifiutano di riceverle. Un mattino, vicino alla statua del Bacio di Auguste Rodin (un'altra volta compaiono i Borghesi di Calais), Claude vede una comitiva di ragazzine inglesi, gli viene in mente Muriel e pensa che lì in mezzo ci potrebbe essere la figlia di Muriel, poi passa vicino ad un tassì, vede il suo volto nel vetro e dice a sé stesso "ho l'aria di un vecchio, oggi" e si infila in un portone che dà o in una stazione o in un museo attorniato dalle ragazzine. Claude, che aveva cominciato come critico d'arte, ha poi avuto un certo successo come scrittore, raccontando sotto il velame ciò che gli è accaduto, ma non si è sposato e non ha figli. Fine del film.
Truffaut aveva fatto Jules et Jim nel 1962, qui torna ad utilizzare un testo di Henri-Pierre Roché, che come si vede è rovesciato, là era una donna fra due uomini, qui un uomo fra due donne. Se si vuole essere cattivi, si può ricordare che la donna in Jules et Jim era Jeanne Moreau, mentre qui l'uomo è Jean-Pierre Léaud, e la differenza c'è, ma si sarebbe ingiusti verso questo film, che racconta benissimo amori che si vorrebbe ci fossero, che si rimpiangono, che durano nel ricordo proprio perché non hanno trovato una definizione nella vita reale: si è sempre a mezza strada. Sono rapporti che proprio per questo motivo non finiscono mai, è una coazione a ripetere in cerca della delusione ormai abituale.
Un bel tema, più importante e diffuso di quello che si crede. Nei rapporti mai del tutto chiusi c'è una persistenza della memoria, ed i ricordi possono riaffiorare con immutata sofferenza a distanza di mesi, anche di molti anni. Solo che i personaggi non riescono ad esprimere con efficacia il sentimento d'amore, né quello trionfante né quello infelice, che avrebbe comunque forza e dignità. Un'altra virtù vera di questo film è nel trapasso psicologico di Ann dal perbenismo vittoriano alla libertà parigina, intesa anche come libertà sessuale.
E' un film che crede nel desiderio ma non nell'amore, però Truffaut mentiene la giusta ambiguità, forse perché lui stesso la risposta non la sa. Desiderio sublimato e comunque mai del tutto domato, pronto a manifestarsi perché i conti non si sono mai fatti del tutto. Truffaut fa il semplice, ma è complesso (a volte complicato): c'è anche il rapporto con le madri, quella di Claude riesce quasi a perpetuare il controllo sul figlio. Truffaut esprimeva benissimo i personaggi femminili, mentre quelli maschili avevano meno forza di per sé, così si spiega la scelta iterata di Jean-Pierre Léaud: è una proiezione del regista, come se, attraverso la debolezza del ruolo, potesse emergere meglio il suo mondo irrisolto di uomo desiderante, sempre in cammino verso non si sa dove, e diviso fra alternative. Truffaut, l'uomo che amava le donne, mai titolo di film fu più appropriato.
E' la scena finale del film
2 commenti:
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