sabato 2 agosto 2008

Giuseppe Maria Crespi (1)

Canto I. Bertoldo torna da Re Alboino
sull'asino tormentato dalle mosche
Solimano
La storia di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno è molto antica e presenta degli aspetti singolari. Qui ne dirò solo alcuni, perché prima o poi scriverò un post dedicato proprio a questo tema.
Nel 1502 a Venezia esce un libro anonimo, intitolato "Dialogo di Salomone e Marcolfo". Fin qui nulla di strano, ma quel libro è la traduzione di un testo latino che circolava manoscritto in tutta Europa da molti secoli. Di questo libro si conoscono traduzioni in almeno sette lingue, e certamente Teofilo Folengo e Rabelais lo conoscevano. Salomone è il Re, Marcolfo un "uomo selvatico" che "veniva dalla parte orientale"; alcuni hanno rintracciato le origini fra le leggende orientali precedenti il Budda. Certamente si può dire una cosa: se quel libro ha circolato manoscritto per tanti secoli, evidentemente raccontava cose che erano amate e trasmesse da generazione a generazione. La saggezza di Marcolfo è popolare e profana, quella del Re è reale e sacra.

Canto II. Bertoldo risolve un quesito del Re
presentandosi col crivello in capo e la torta

Canto III. Bertoldo pensa di eludere con il lepre
le minacce della regina

Nel 1608 esce a Bologna un libro intitolato "Le sottilissime astuzie di Bertoldo". L'autore è Giulio Cesare Croce, nato nel1550 a San Giovanni in Persiceto, appartenente ad una famiglia di fabbri. Il mestiere lo esercitò anche lui ed era ben diverso essere fabbro (quindi artigiano) ed essere contadino, o bifolco, come si usava dire: i bifolchi erano l'ultimo grado della scala sociale.
Più tardi, il Croce visse a Medicina, a più di venti chilometri da Bologna (è una città a me cara, mia madre veniva da lì). C'erano i signori Fantuzzi da una parte, i contadini dall'altra, Giulio Cesare Croce cercava di appoggiarsi ai Fantuzzi.
Risparmio per il momento altri dettagli, se non che anni dopo il Croce girava suonando il violino per le vie di Bologna (lo chiamavano Giulio dalla Lira). Faceva il cantastorie, distribuendo opuscoli e fogli volanti, che chiamavano ventarole perché venivano utilizzati anche per farsi vento. Nel 1606 il Croce scrive "Le sottilissime astuzie di Bertoldo", che pubblica nel 1608 a Bologna. Nello stesso anno esce a sempre a Bologna il secondo libro "Le piacevoli e ridicole semplicità di Bertoldino". Poi il musicista Adriano Banchieri pubblica nel 1620 la "Novella di Cacasenno, figlio del semplice Bertoldino".

Canto IV. Bertoldo messo nel sacco
da uno sbirro della regina

Canto V. Bertoldo inganna lo sbirro e lo insacca

Giulio Cesare Croce era morto nel 1609, lasciando la famiglia in miseria, famiglia vasta, visto che aveva avuto sette figli dal primo matrimonio e sette dal secondo. Ma veniamo a Giuseppe Maria Crespi. Nel secondo decennio del Settecento, quindi più di un secolo dopo la morte del Croce, il pittore incide venti rami all'accquaforte con storie dai tre libri, inoltre esegue venti dipinti su rame, che sono nella collezione Doria Pamphili di Roma, e venti disegni ad acquerello su pergamena che appartengono alla Cassa di Risparmio di Bologna.
Ancora un incredibile successo del Bertoldo: i rami si logorarono sotto il torchio, ed attorno al 1730 Ludovico Mattioli fece venti nuove incisioni tenendo ben presenti quelle del Crespi. A me piacciono particolarmente i venti acquerelli su pergamena, ed inserisco qui le immagini dei primi sei, con il titolo sotto. I disegni sono di piccole dimensioni, circa cm 20 x 15.
I libri che ho utilizzato:
Bertoldo, Bertoldino (col Cacasenno) Le strenne BUR 1973 Rizzoli Editore, Milano
Giuseppe Maria Crespi Catalogo della mostra del 1990 Nuova Alfa Editoriale, Bologna

Canto VI. Bertoldo celato nel forno

3 commenti:

mazapegul ha detto...

Solimano,D
data la tarda ora, anticipo solo un commento su cui vorrei tornare. Su Giulio Cesare Croce ha scritto molto Piero Camporesi, studioso di folklore, società e cibo tra Cinque e Seicento, con occhio particolare all'Emilia, ma con orizzonte europeo. Nei suoi saggi le storie di Bertoldo & C. vengono inquadrate all'incrocio tra cultura popolare e alta (C. Ginzburg, anni dopo, affrontò gli stessi temi diversamente, più diacronicamente che sincronicamente).
Apprendo da questo bellissimo post delle illustrazione del Crespi, di cui adesso vorrei a tutti i costi impadronirmi.
Ciao,
Màz

Solimano ha detto...

Nicola, siccome ho la fortuna di riuscire ad ottenere tutte le immagini degli acquerelli, entro il mese di agosto farò un secondo post bertoldesco contenente altre sei immagini. La storia di Bertoldo è singolarissima e andrebbe meglio conosciuta nella sua reale portata, al di là dei meriti storici di Giulio Cesare Croce.
E' una storia che dura molti secoli, prima del Croce e dopo il Croce.
Poi, il Crespi è di frequente un pittore entusiasmante, come nei soffitti di Palazzo Pepoli Campogrande. Come in una serie mal nota in rete perché le immagini purtroppo sono brutte: i Sette Sacramenti che stanno a Dresda. A Bologna nel Settecento (alla faccia del Testori) c'era almeno un altro grande pittore: Donato Creti, che puoi vedere nella Pinacoteca, ma le opere più belle sono nel Museo Comunale in Palazzo d'Accursio: i quadri con la storia di Achille.

grazie e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

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