martedì 1 maggio 2007

Miseria e nobiltà

Miseria e nobiltà di Mario Mattoli (1954) Storia di Eduardo Scarpetta Sceneggiatura di Ruggero Maccari, Mario Mattoli Con Totò, Liana Billi, Gianni Cavalieri, Carlo Croccolo, Franca Faldini, Sophia Loren, Franco Melidoni, Valeria Moriconi, Dolores Palumbo, Franco Sportelli, Enzo Turco Musica: Pippo Barzizza Fotografia: Karl Struss, Luciano Trasatti (95 minuti) Rating IMDb: 8.7
Roby
Già dal titolo, questo per me è un film geniale, “a prescindere”, come direbbe Totò. A prescindere da cosa? Beh, intanto, dall’impianto teatrale, retaggio della commedia di Scarpetta cui deve le origini. E poi, dalla celebrità universale di alcune scene senza tempo e senza spazio, che “rischiano” ormai di vivere di vita propria, facendo quasi dimenticare il resto della storia: mi riferisco alla sequenza della zuppiera colma di spaghetti, piovuta praticamente dal cielo sulla magra tavola dei “miserabili”, grazie al primo della lunga serie di equivoci di cui il film è pieno. Quei succulenti spaghetti alla pommarola, tra le mani –in senso letterale!- di Totò diventano i protagonisti assoluti della scena, accompagnando il principe De Curtis in una memorabile tarantella sulla tovaglia apparecchiata, e finendo in gran parte al sicuro nelle sue capaci tasche, pronti per essere riutilizzati al momento del bisogno. E poi, il contadino analfabeta che chiede a Totò scrivano di redigere per lui una lettera in cui candidamente richiede ad un parente lontano: “Mandami nu poco di soldi...perchè non tengo nemmeno li soldi per pagare lo scrivano che mi sta scrivendo la lettera presente” è un perfetto gioco ad incastro, un circolo concentrico dell’assurdo assolutamente irresistibile.

Così come straordinario, nella sua travolgente semplicità, è l’effetto comico del ritornello “Vincenzo m’è padre a me” che il giovanissimo Peppiniello ripete ossessivamente ad ogni pie’ sospinto, seguendo alla lettera le direttive ricevute, con l’unico risultato di far dubitare i presenti della sua sanità mentale. E così come imbattibile è Totò, falso nobile, che all’invito a pranzo del commerciante arricchito replica ostentando disprezzo (“Che ofessa! Che ofessa!”) per l’allusione a istinti corporali tanto bassi.
Lo so, finora ho profuso paroloni su paroloni, senza neppure accennare alla trama del film, al regista, agli altri interpreti oltre a Totò… Grave lacuna, me ne rendo conto. Ma il fatto è –lo confesso- che sull’argomento ho un ricordo impreciso e molto vago. Tutto quello che riesco a rammentare, pensando a “Miseria e nobiltà”, è la pastasciutta rossa di pomodoro che spunta dalle tasche scucite, gli occhioni imbambolati di quel tontolone di Peppiniello e le risate, le risate grasse e liberatorie a cui mi sono abbandonata, sola davanti al teleschermo, l’ultima volta che ho inserito la cassetta nel videoregistratore.

3 commenti:

Solimano ha detto...

Roby questo è un film che non ho mai visto, anche de è famoso, credo che il testo di Scarpetta sia stato utilizzato anche in altri film.
Di Totò ne ho in mente uno che vorrei presentare da un po' di tempo, solo che non trovo immagini buone. Finirà che mi stufo e lo presento con l'immagine dal poster, che in genere si trova. Per il momento l'ho evitato, ma a mali estremi estremi rimedi. Non capisco oltretutto il disservio che le case di produzioned i titolari dei diritti fanno: costerebbe poco mettere in rete una decina di immagini belle, invece di continuare a lamentarsi come se la colpa fosse sempre degli altri. E' un metodo all'italiana: ci si lamenta di guai contro cui non puoi farci niente, trascurando di fare certe piccole cose che sono alla tua portata.

saludos
Solimano

Isabella Guarini ha detto...

Ho visto e rivisto questo film in tutte le età. Ma la scena degli spaghetti mangiati con le mani mi è rimasta impressa perchè effettivamente si mangiavano con le mani.Vi sono dipinti che testimoniano il modo tipico di mangiare del popolo in mezzo alla strada.Interessante è la questione della forchetta. Sì,la forchetta con tre denti pare sia stata inventata proprio a Napoli, per consentire al re di mangiare gli spaghetti, forse nel settecento. Prima le forchette avevano solo due denti, il terzo è il vero simbolo della creatività napoletana.

Roby ha detto...

Isabella, oggi pomeriggio su Rete4 davano "L'oro di Napoli", così ho rivisto l'episodio di De Sica e della partita a scopa. E concordo con Gennarino: LA CARTA SA DA CHI DEVE ANDARE!!!!
[:->>>]
Ciao!