mercoledì 9 maggio 2007

I soliti ignoti

I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958) Sceneggiatura di Suso Cecchi d'Amico, Agenore Incrocci, Furio Scarpelli, Mario Monicelli Con Vittorio Gassman, Renato Salvatori, Memmo Carotenuto, Rosanna Rory, Carla Gravina, Claudia Cardinale, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Gina Rovere, Marcello Mastroianni, Totò Musica: Piero Umiliani Fotografia: Gianni Di Venanzo Costumi: Piero Gherardi (106 minuti) Rating IMDb: 8.0
Roby
Questa volta, prima di svolgere il compito a casa, ho studiato diligentemente la materia su Wikipedia : e così ho ri-scoperto che “I soliti ignoti” non è soltanto quella bomba di comicità irresistibile che mi era parsa, fin dalla prima visione (tra l’altro, ho letto che gli spettatori in sala, dato il fragore delle risate, perdevano gran parte delle battute successive, per cui rivedevano il film più di una volta). Siamo addirittura di fronte al capostipite della nuova commedia all’italiana, quel filone che abbandona definitivamente il genere della farsa e della macchietta derivata dall’avanspettacolo per “agganciarsi” più saldamente alla realtà della vita quotidiana, anche se vista attraverso la lente dell’ironia. E sono lieta di poter dire che questo era forse l’unico film “nostrano” che a casa mia si poteva vedere, quando passava in TV, senza sbuffi da parte di babbo e mamma, notoriamente avversi –l’ho già raccontato per “Bellissima”- ai cineasti compatrioti. Del resto, i personaggi sono tutti così ben delineati e così differenziati l’uno dall’altro che persino mia madre riusciva a trovarne uno simpatico: Capannelle, con quella bocca sdentata e la scodella di pasta e ceci sospesa a mezz’aria, era capace quasi di intenerirla, ma non disdegnava neppure gli altri componenti della sfortunata “banda del buco”, ad eccezione probabilmente di Totò, il maestro scassinatore, a lei pervicacemente indigesto per motivi sui quali, purtroppo, non ho più la possibilità di indagare.

E’ proprio il personaggio del principe De Curtis che, secondo alcuni critici, funge qui da tramite tra le farse precedenti e il nuovo genere cinematografico, nel suo ruolo –breve ma centrale- di “insegnante” dei vari Mastroianni, Gassmann e Salvatori, non solo aspiranti ladri ma anche aspiranti comici. Mentre li seguiamo sullo schermo, sappiamo già che l’audace colpo non andrà a segno, che la parete tanto faticosamente “bucata” non sarà quella giusta e che alla fine si ritroveranno tutti alla fermata del tram, con i vestiti (già malconci) mezzi bruciacchiati dalla fuga di gas. Però, in fondo, qualche risultato l’hanno ottenuto: l’insperata sorpresa di una pentola di minestra, l’orgoglio “professionale” di un titolone sui giornali e il calore - oggi come ieri- della nostra simpatia di spettatori.

2 commenti:

Solimano ha detto...

Roby, tutti parlano degli uomini. ma nei Soliti Ignoti ci sono anche le donne. A parte la Rosanna Rory, che è un bel tipo, quella che ruba il portacenere, lo mette nella borsa che poi sbatte in faccia a Gassman, c'è Claudia Cardinale che aveva vent'anni e che si faceva doppiare, tutti ritenevano che avesse una voce orripilante, ma soprattutto c'è Carla Gravina, che di anni ne aveva diciassette e di cui Gassman si innamora perso. E' una delle parti più belle del film, specie quando si trovano a ballare e c'è un piccoletto moroso della Gravina, però con un amico grande e grosso che si mena con Gassman.
Caso strano, a me piacque anche quello che fecero dopo, l'Audace Colpo dei Soliti Ignoti, in cui c'era Nino Manfredi (detto Piede Amaro) al posto di Mastroianni e una giovane attrice che parlava in modo divertente: Vicki Ludovisi, faceva la mezza subrette.
Il regista era Nanni Loy.

saludos
Solimano

brianzolitudine ha detto...

Mitico Tiberio Murgia. Ma Solimano mi ha dato l'assist per ricordare il sequel milanese "L'audace colpo...", che io sinceramente preferisco al primo. Piede Amaro sopra tutti con quella fuga e inversione a U verso la svizzera con cambio targa e colore di auto, l'interrogatorio della tifoseria romana mai uscita dallo stadio, il bancario che si pente all'ultimo momento, eccetera eccetera.

Ma, sour tout, la divina Vicki Ludovisi che cantava nel Night Club con la r moscia "Sono Lele del Pevù", e che ritrova la r dopo uno sberlone di Gassmann.

Bello, bello, bello.