La ragazza del lago, di Andrea Molaioli (2007) Sceneggiatura di Sandro Petraglia e Andrea Molaioli Con Toni Servillo, Omero Antonutti, Marco Baliani, Anna Bonaiuto, Heidi Caldart, Enrico Cavallero, Sara D'Amario, Denis Fasolo, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Daniele Griggio, Nello Mascia, Giulia Michelini, Nicole Perrone, Alessia Piovan, Franco Ravera, Fausto Maria Sciarappa Musica: Teho Teardo Fotografia: Ramiro Civita (95 minuti) Rating IMDb: 7.2
Laura
Finito di vedere questo film, la mia memoria ha riportato a galla un particolare periodo della mia giovinezza che avevo messo via. Quello legato alle scuole medie e a Cristiano. Cristiano, noi lo conoscevamo bene. Le nostre famiglie si frequentavano ed io e le mie sorelle, mentre i grandi parlavano in salotto, finivamo spesso a giocare con lui e suo fratello minore Carlo a Monopoli, in quella loro stanza coi copriletti rossi e i manifesti dei calciatori appesi alle pareti, la radio a tutto volume, le lattine di aranciata e gli involucri di Mars ovunque. Era inverno spaccato, lo ricordo bene, Cristiano era allenatissimo e aveva una fortuna sfacciata. Finiva sempre per maneggiare Parco della Vittoria e Viale dei Giardini. Sfotteva noi ragazze alle prese con la Società Elettrica e le Stazioni. E Carlo, a cui capitavano sempre i Vicoli. Ci sfotteva, ma in modo simpatico. Cristiano ci faceva ammazzare dalle risate.
Poi, un giorno qualunque, all'uscita dalla scuola, il pullman ha fatto retromarcia e lo ha steso. Il conducente non lo aveva visto, Cristiano era sbucato all'improvviso. Era distratto, stava ridendo insieme agli amici. Paralizzato, operato quattro volte da ottimi specialisti, con un esaurimento nervoso al confine col delirio quotidiano, Cristiano era diventato l'incubo della sua famiglia. Li stava isolando dalla realtà portandoli lentamente a largo dalla ragione. Terrorizzava Carlo anche nel cuore della notte. Aveva lasciato la scuola e le uniche letture che faceva erano su Satana, suo unico argomento di discussione. Spaventava davvero. Nessuno andava più a trovarli. Noi continuavamo, anche se io e le mie sorelle avevamo paura di lui perché era diventato molto violento. A tentato suicidio di Cristiano, Carlo fu mandato dai nonni perché stava crollando, si era chiuso in un mutismo preoccupante. La madre che portava addosso certi brutti segni di spigoli mal evitati, chiese ai miei genitori di non venire mai più a far visita. Poi, dopo anni, abbiamo saputo che Cristiano, durante una trasfusione, aveva contratto l'AIDS. E lui lo sapeva.
Questo film mi ha ricordato una frase, "Era meglio che morisse", pronunciata da quella madre di Cristiano che non ci stava più con la testa. A quell'età mi chiedevo se esiste un momento preciso in cui uno, oltre a perdere la testa, perde anche il cuore in qualche regione ignota smettendo i panni di genitore, di figlio, di fratello. Mi chiedevo se anche i miei, in quelle circostanze, mi avrebbero augurato la morte e questo mi turbava molto. La cronaca nera è piena di madri e padri che sopprimono figli disabili. La malattia diventa un processo di rotazione e rivoluzione all'inverso, tutto concentrato a generare regressioni senza possibilità di tangenze alcune. Nei malati innesca qualcosa di oscuro che non si legge nei referti medici. I sani fanno i conti con i sentimenti più torbidi, quelli innominabili, quelli che a guardarli fisso infettano l'anima, ma che fanno parte della natura umana parimenti a quelli più nobili. Ogni contatto col prossimo è compromesso, ogni parola che giunge dall'esterno è sbagliata.
E' questo il vero mistero con cui il commissario Sanzio (Toni Servillo) ha a che fare tra le montagne friulane. La ragazza ritrovata morta sulla riva del lago è solo il coperchio che protegge storie e personaggi secondari, satelliti e pianeti persi in un buco nero chiuso tutto nelle ventiquattro ore di ogni giorno, dove la malattia sembra essere l'unico filo rosso comune. Salvo scoprire che anche i sani vengono contagiati, anche a loro insaputa, da qualcosa che esula da ogni razionalità, qualcosa in cui l'amore si esaurisce per originare l'odio e il giudizio s'arrende. Si scopre uno stadio naturale eppure abominevole in cui due antipodi si toccano e le certezze vengono azzerate. Sconcerta l'idea di poterne accettare le dinamiche, sconcerta la normalità che circoscrive il mutamento - e la sciagura - (il paesaggio, le pareti domestiche, il cane, i vicini, le solite campane della chiesa) e che rimane tale.
Siccome questo film è un giallo, non mi sento di rovinarvi la visione con altri particolari. Sono certa che la signora Sanzio (Anna Bonaiuto), la mamma di Angelo (Valeria Golino) o Mario (Franco Ravera), per citarne alcuni, sapranno accendere un piccolo lume. La storia è raccontata semplicemente come la provincia in cui si muove. Ma si sa, la semplicità è sempre una questione apparente. Ovviamente c'è un colpevole per il delitto della ragazza, un colpevole che ha sistemato il corpo morto con una premura che rivela un sentimento d'amore.
giovedì 27 dicembre 2007
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3 commenti:
Cara Laura, hai sempre la capacità di sorprendermi: i film che porti qui io non li conosco mai...
E quindi grazie, penso che metterò in lista anche Molaioli.
Mi metto in attesa del prossimo film da scoprire.
Molto colpita dalla prima parte del post, quella più "personale", ti saluto, lieta di rileggerti qui, e ti auguro BUON TUTTO!!!
Roby
Giuliano, mi sorprendi anche tu per lo stesso motivo, credimi. Poi mi dirai se questo film ti è piaciuto. Spero me ne capitino altri che m'invoglino a scrivere.
Roby, lo so, la prima parte del post è un po' forte e magari poco si addice a questo clima natalizio. Però quello è stato il motivo-motore che mi ha "obbligato" a scrivere il post. Ci sono cose che senti e che proprio non puoi ignorare.
Anche se compaio a sorpresa sappiate che vi leggo sempre, foss'anche a notte pesta, perché il piacere più grande è quello, ed è tutto mio.
Vi auguro il meglio di ciò che già desiderate.
Un caro saluto
Laura
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