venerdì 14 dicembre 2007

La moglie del soldato

The Crying Game, di Neil Jordan (1992) Con Forest Whitaker, Miranda Richardson, Stephen Rea, Adrian Dunbar, Breffni McKenna, Joe Savino, Birdy Sweeney, Jaye Davidson, Andrée Bernard, Jim Broadbent, Ralph Brown Musica: Anne Dudley, "The Crying Game" cantata da Boy George Fotografia: Ian Wilson (112 minuti) Rating IMDb:7,2
Ottavio
Le recenti dichiarazioni dell’attuale presidente della Camera (“Questo centrosinistra ha fallito…” etc etc) mi hanno fatto venire in mente, alla luce di noti precedenti, l’apologo della rana e dello scorpione. (In verità non è capitato solo a me, visto che sono comparsi analoghi riferimenti sulla stampa, e, buon ultimo, nel Blog dell’altra sera su RaiTre).
L'apologo è notissimo ma lo citerò in breve: parla dello scorpione che, non sapendo nuotare, convince una rana a traghettarlo al di là di un ruscello. A metà del guado, senza motivo, la punge a morte. Alla rana, stupefatta, resta giusto il tempo di chiedergli perché mai abbia fatto una cosa tanto dissennata. Ora morirà egli stesso, annegato. E lui risponde: «Non posso farci niente, è la mia natura».
L’avevo sentito per la prima volta in occasione della visione del film La moglie del soldato di Neil Jordan, e ne ero rimasto colpito, così come per l’intero film, che peraltro mette in dubbio la conclusione dell’apologo.
Qualche tempo dopo mi era capitato di raccontarlo ad una parente fervente cattolica (quasi integralista), che ne era rimasta sconvolta (e lo credo bene, ma io sorpreso dalla sua reazione!).
Nel film l’apologo viene raccontato da Jody, soldato inglese di colore fatto prigioniero da un gruppo dell’Ira, al suo carceriere Fergus. Jody è stato rapito per essere oggetto di scambio con un boss dell’Ira, prigioniero degli inglesi. Fergus è un duro militante convinto di agire per una giusta causa e in questo ambito il prigioniero è un nemico. Nonostante le premesse, col passare dei giorni, tra i due si instaura un rapporto più umano (Fergus imbocca Jody perché il giovane soldato ha le mani legate dietro la schiena, gli parla, fino ad arrivare, per pietà, a togliergli anche il cappuccio).
Ma Jody sa che gli Inglesi non accetteranno mai lo scambio e dunque è consapevole del suo destino (da qui il racconto a Fergus dell’apologo); consegna perciò a Fergus una foto della sua ragazza chiedendogli di averne cura. Arriva, inesorabile, l'ordine di procedere all'esecuzione del soldato: e toccherà proprio a Fergus dover premere il grilletto. Fergus conduce Jody in un bosco per ucciderlo ma ha un attimo di esitazione e il prigioniero, in un disperato tentativo di fuga, finisce travolto da un blindato dei suoi commilitoni.

Ora è Fergus a dover fuggire, dagli inglesi e dai suoi compagni. Nella sua nuova vita clandestina un ricordo lo ossessiona, quello del volto di Dil, la ragazza di Jody. Per esaudire il desiderio del soldato, spinto dall’impulso di far vivere almeno l’amore di Jody, l'ex terrorista cerca ora quella donna. La troverà, a Londra, e ne resterà affascinato. Comincerà a frequentarla e se ne innamorerà profondamente: il legame che si crea è talmente forte da resistere anche alla sconvolgente scoperta che Dil è un transessuale.

Intanto, però, i suoi ex compagni non lo hanno dimenticato: si sono messi sulle sue tracce e, rintracciatolo, gli impongono di ritornare nel "giro". Lo coinvolgono in un difficile attentato, che fallisce. Fergus si salva ma non i suoi compagni; viene ritenuto causa del fallimento e una superstite della banda lo cercherà per eliminarlo, ma sarà salvato da Dil che ucciderà la terrorista. Fergus si dichiarerà responsabile dell’omicidio e verrà incarcerato.
La moglie del soldato ha un happy end: nell'ultima inquadratura, nel parlatorio di una prigione, l'obiettivo parte da un dialogo serrato, dolce e "innamorato" tra Fergus e Dil. Poi arretra, il campo si allarga: una moltitudine di uomini e di donne sta facendo come loro.
Dunque, parafrasando Totò, siamo uomini o scorpioni? Mah, direi che ci sono gli uomini e gli scorpioni.
Fergus non è uno scorpione. Nella prima parte del film, dopo aver scelto di guardare in faccia il suo prigioniero, gli si manifesta il mondo dell’individualità di Jody. Jody è un uomo che ormai conosce, anche se appartiene ad un mondo diverso, quel mondo che egli ha comunque collaborato a distruggere, in nome del fanatismo: dunque, tenta di mantenerne in vita almeno una parte, quella dell'amore di Jody per Dil.
Nel trovarla, seconda parte, rimargina la ferita per la morte di Jody; ma per rimarginarla deve superare un ostacolo d'ordine morale e di comportamento o di fisiologia in cui l'intero suo essere è messo a repentaglio: lui se ne è innamorato ma Dil non è una donna: ma ormai i lacci di un duraturo legame sono stretti saldamente e non si possono più sciogliere.
E gli altri?
L’esistenza ci mette di fronte a delle situazioni sorprendenti e la reazione dei nostri sentimenti può essere davvero imprevedibile; qualunque sia, ad essa non possiamo sottrarci. E’ questa la nostra natura.
Ma nella natura degli uomini c'è anche l'amore, non solo l'odio. Nella natura di pochi? Le ultime fasi del film fanno pensare che Neil Jordan propenda (o speri) per un’ipotesi più ottimista. Vogliamo sperare che valga anche nelle nostre vicende nazionali?

3 commenti:

Giuliano ha detto...

Caro Ottavio, la favola della rana e dello scorpione è una delle favorite di Orson Welles, che l'ha messa in diversi suoi fim e che è al centro di "Storia immortale", uno dei suoi ultimi (con Jeanne Moreau).
Non l'ho mai capita fino in fondo, e ho un ricordo spiacevole in proposito; mi sembra soprattutto un apologo sulla stupidità umana, ma detto così è un po' riduttivo.
Grazie del film.

Solimano ha detto...

Ottavio e Giuliano, trovo la favola della rana e dello scorpione molto vera.
Prima di tutto dice qualcosa su un tema importante, anche se generalmente negato: l'autolesionismo. Tutti ne soffriamo, chi più chi meno, sia nella vita reale che in quella virtuale: nei blog e nei forum è diffusissimo. E fin qui passi, si potrebbe dire che ognuno si autolesioni come crede. Solo che al vero autolesionista non basta farsi del male da solo, vuole farlo anche agli altri, e vorrebbe che anche gli altri se lo facessero. Da qui, con facili operazioni, derivano tante scelte che vediamo ogni giorno, e che razionalmente, logicamente non ci spieghiamo, perché portano ad vicoli ciechi in siti e blog. Ma non spieghiamoglielo, solo quando prenderanno coscienza del proprio autolesionismo diranno un Ah! risolutivo. Se glielo diciamo prima che ne prendano coscienza, cercheranno di ferirci con la coda dello scorpione, perché non vogliono rinunciare alla loro sfiga che è diventata una abitudine di cui sono missionari: più autolesionisti ci sono meglio è, perché hanno più scuse di esserlo.
Infine, la coda dello scorpione. Guai a tagliarsela, bisogna averla, magari non usandola mai, ma è una golden share a cui è del tutto sciocco rinunciare. Gli altri lo sanno, se ce l'hai oppure no, e nel loro agire ne tengono conto.
Il Vangelo parla di colombe, ma anche di serpenti, e questo è un concetto ben presente nel buddhismo zen, ricordate Kyuzo, il samurai zen de I sette samurai: contempla il fiore, ed un attimo dopo snuda la spada.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Ho trovato facilmente le pagine dove Welles che parla di questa storiella, che secondo lui è di origine russa. Viene da “It’s all true – Interviste sull’arte del cinema” un gran bel libro pubblicato di recente in Italia dall’editore Minimum Fax, che raccoglie molte interviste di Welles. L’intervista riguarda il tema dell’interpretazione, è molto lunga ed è difficile da riassumere, anche perché Welles è sempre divertente e ricco di spunti; oscilla tra lo scherzo e la serietà e non sempre è facile capire. Comunque, il brano della rana e dello scorpione è questo (ma ci sono altri punti in cui ne parla, perché verrà ripreso in altri film dopo Mr.Arkadin):

- Nella sua opera, dalla “Signora di Shanghai” a “Rapporto confidenziale” (“Mr.Arkadin”), un po' meno esplicitamente forse nell'Infernale Quinlan, si è colpiti dal tema del carattere. "È il mio carattere” non è quello che dice lo scorpione? Non è una delle scuse che lo scorpione dice alla rana? Noi vorremmo sapere che rapporto c'è tra il modo di giudicare che ha lei e la storia dello scorpione, perché in fondo, da quando stiamo parlando, il problema che si pone è un po' quello dei rapporti tra la rana e lo scorpione, no?
- Be', c'è molto da dire a questo proposito. Primo, la rana è una stupida.
- Ritiene che ci sia una stupidità colpevole da parte della rana.?
- Assolutamente sì!
- E ritiene che lo scorpione sia un mascalzone ?
- Sì. Lo sono tutti e due. Ma parliamo seriamente. Insisto sul fatto che ero molto serio nel dire che non soltanto io propongo i migliori argomenti possibili per spiegare come mai i miei nemici sono fatti in un certo modo, ma gli metto anche in bocca le migliori giustificazioni possibili per il loro punto di vista. Tuttavia non credo che si possano giustificare le proprie azioni ricorrendo al proprio carattere, per quanto ammetto che la tentazione sia fortissima. Non c'è al mondo niente di più affascinante di una canaglia che ammetta di essere una canaglia. Mi piace sempre che un uomo confessi di essere un mascalzone, un omicida, o tutto quello che si vuole, e mi dica: ho ucciso tre persone. Diventa immediatamente mio fratello, perché è onesto. Penso che la franchezza non discolpa dal delitto ma lo rende molto seducente, gli conferisce del fascino. Non è per niente una questione di moralità, è una questione di fascino.
- È una concezione femminile della vita.
- Gli unici bravi artisti sono femminili. Non concepisco l'esistenza di un artista la cui personalità dominante sia maschile. Questo non ha niente a che vedere con l'omosessualità; ma, dal punto di vista intellettuale, un artista deve essere un uomo con attitudini femminili. Cosa ancora più difficile per una donna, perché deve avere inclinazioni maschili e femminili, e... questo diventa molto complicato. Per un uomo è più semplice.
- Dunque lo scorpione è mezzo perdonato?
- Lo scopo di questa storia è dire che l'uomo che dichiara di fronte a tutti: "Sono quello che sono, prendere o lasciare", quest'uomo ha una dignità tragica. È questione di dignità, di dimensione, di fascino, di levatura, cose che tuttavia non lo giustificano. In altri termini, quella storia deve essere intesa per la sua utilità a scopo drammatico, e non come giustificazione di Arkadin o dell'assassinio. E non è per puritanesimo che io sono contrario al delitto. Sono contro la polizia, non dimenticatelo. A modo mio, sono molto vicino a una posizione anarchica o aristocratica. Qualunque sia il giudizio che date sulla mia morale, dovreste cercare di scoprirne l’aspetto fondamentalmente anarchico o aristocratico.
- Lei è contro il male, ma ritiene che il carattere...
- ...sia l'essenziale. E’, tradizionalmente, il punto di vista aristocratico.
- Giungerebbe fino a dire che è meglio avere carattere che fare del bene?
- No, no, character in inglese ha due significati. Se parlo del mio carattere, vuol dire che io sono fatto in quel modo, è l'equivalente dell' italiano "sono fatto così".Ma nella storia della rana si tratta dell'altro significato della parola character. In inglese character non è solo il modo nel quale si è fatti, ma anche quello in cui si decide di essere. É soprattutto il modo in cui ci si comporta di fronte alla morte, poiché io penso che non si possa giudicare la gente altro che per l’atteggiamento di fronte alla morte. E’ importante fare questa distinzione, poiché questo significato di character si può spiegare soltanto per aneddoti.
- Si potrebbe tradurlo con “personalità”?
- No. (...)
(intervista ai Cahiers du cinéma, 1958) (pagina 127 del libro edito da minimum fax)