Solimano
Ci sono dei film che ci dimentichiamo. Rimane una impressione vaga di piacere o dispiacere, ci dimentichiamo prima i nomi dei personaggi, poi il regista, poi la storia, infine gli attori, ma de La signora della porta accanto, anche se non c'è piaciuto -e può succedere- gli attori, la storia e il regista non li dimentichiamo. I nomi dei personaggi invece sì, ma c'è un motivo: siamo un po' noi, quelli almeno di noi che hanno, sia pure una volta sola -basta e avanza- conosciuto l'esperienza dell'amore ossessivo, quello in cui non sei padrone dei tuoi pensieri, quello in cui disattendi ogni decisione, sia pur piccola, quello in cui non puoi stare con lei né senza di lei, Catullo l'aveva capito più di duemila anni fa.
Così, Bernard Coudray (Gérard Depardieu), che abita nei dintorni di Grenoble con la moglie Arlette (Michèle Baumgartner) ed il figlioletto, è ben felice di conoscere in strada Philippe Bauchard (Henri Garcin), che ha appena preso in affitto un appartamento vicino, e di invitarlo a telefonare da casa sua. Sia Bernard che Arlette ne hanno una ottima impressione, e lo invitano da loro quando ci sarà anche sua moglie Mathilde (Fanny Ardant), solo che Bernard e Mathilde quando si incontrano non è la prima volta che si vedono, come fingono, ma hanno avuto una storia amorosa che si è chiusa con una rottura aspra sette anni prima.
E' Mathilde la prima a muoversi: spia dalla finestra il momento in cui Arlette esce di casa e telefona sapendo che risponderà Bernard. Lui la mette sull'amicale-distaccato, fa capire che la loro storia si è chiusa male e per sempre, per Mathilde che si sia chiusa male è vero, ma la colpa è di Bernard, e lui pensa la stessa cosa rovesciata. Mathilde è turbata, lui fa il calmo, ma finge. Quella notte la moglie lo trova che mangia seduto al buio in cucina. Arlette è entusiasta dei nuovi vicini, li invita a cena per una sera e la mattina di quel gorno dice a Bernard di non tardare col lavoro, perché ci sono i vicini a cena.
Bernard, a casa, verrà un po' rimproverato dalla moglie per la figura che le ha fatto fare, ma Bernard pensa che va bene così, Mathilde ha sicuramente capito, volente e nolente, che non è il caso di rimestare certe vecchie storie. Solo che casualmente i due si trovano a parlare, mentre fanno la spesa al supermercato, poi Bernard aiuta Mathilde a stivare i pacchi nel bagagliaio della macchina, che è nel parcheggio sotterraneo. Cominciano a salutarsi a portiera anteriore già aperta, vanno di fretta, ma con le parole ma soprattutto con gli sguardi, poi con i gesti, ridiventano gli stessi che erano sette anni prima, e Mathilde sviene per terra dopo che lui l'ha baciata. Appena rinvenuta, sale ingrugnata nella macchina e parte.
Si dice che solo i francesi sanno fare con credibilità film di amour passion. E' falsa come tutte le generalizzazioni, ma qui è molto vera: Truffaut ha fatto la scelta impeccabile: raccontare la storia sia dal di dentro che dal di fuori. Serviva inesorabilità, per esprimere il dentro, e lucidità per esprimere il fuori. C'é Depardieu, bravissimo, ma c'è Fanny Ardant, praticamente al suo primo film a trentadue anni, dopo una carriera fra teatro e TV, e si vede che Truffaut è tutto per lei. Ma succede lo stesso agli spettatori, anche alle spettatrici, credo.
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