sabato 24 novembre 2007

La pittura nel cinema: Caravaggio (3)

Solimano
Con questo post concludo per il momento il discorso riguardante il film di Derek Jarman, anche se ci sarebbe altro da dire, quindi forse lo riprenderò fra un po' di tempo.
Nel primo post avevo detto che il film provoca ammirazione ed irritazione, e cerco di esprimere con chiarezza i motivi dell'irritazione, cosa non facile.
La biografia di Michelangelo Merisi da Caravaggio è alterata nel film, ma non è questo il problema, perché, come un film ispirato ad una opera letteraria può essere lontano dall'opera -in certi casi è meglio- così un film ispirato alla vita ed alle opere di un pittore può muoversi in autonomia, ma qui si pone un problema: il sovvertimento dei dati cronologici, perché è dimostrato che la Maddalena della Doria Pamphili e la Morte della Vergine del Louvre sono state dipinte a dieci anni di distanza, non a pochi giorni l'una dall'altra come racconta il film. Ma anche questo si potrebbe accettare, solo che è stato fatto per confermare una tesi di Jarman, tesi legata al suo essere omosessuale -e anche qui non ci sono problemi. Ce ne sono invece sul come questa tesi viene presentata, come se un orientamento sessuale fosse migliore di un altro, e che Lena ne pagasse il fio, in quanto donna che si intromette nel rapporto fra due uomini: Caravaggio e Ranuccio.

Con una analogia forse azzardata, ma plausibile, è l'operazione che fa Luchino Visconti in Rocco ed i suoi fratelli, in cui Nadia viene scaricata da Rocco per privilegiare il rapporto con il fratello Simone. Ne ho già scritto, dicendo che in una scelta del genere vedo in azione l'ossessione personale dell'uomo Visconti, esattamente quello che succede nel film di Jarman. E' come privilegiare l'omosessualità rispetto alla eterosessualità, mentre non di privilegiare c'è bisogno, ma di vivere con schiettezza il proprio orientamento sessuale, ognuno il suo.
So benissimo che non è così semplice, perché gli omosessuali vengono da anni di emarginazione, di silenzio e nascondimento, ma mi sembra che l'unica strada perseguibile sia l'accettazione del proprio orientamento, la lotta contro la emarginazione e l'esclusione, non il sostenere, il propagandare che un orientamento è meglio dell'altro: è e basta. L'abbinamento della omosessualità con la decadenza, con l'eversione o con la genialità o con quel che si vuole mi sembra del tutto improprio. Eppure si è fatto, gli ultimi film di Visconti sviluppano ampiamente questo tema. Ma anche agli inizi, l'inserimento del personaggio dello Spagnolo in Ossessione si muove in questa logica, mentre il tema del film è del tutto diverso. Non è la verità effettuale l'aspetto più importante, è che con la propaganda, tale e quale come con l'ansia salvifica di certi film di Gibson, c'è una caduta dei valori artistici, difatti, nel film di Jarman, il personaggio di Ranuccio fatto da Sean Bean è quasi insopportabile, sempre sopra le righe rispetto alla Lena credibilissima di Tilda Swinton. Questo aspetto si trova anche in alcuni film di Pasolini e di Ozpetek. Considerazioni troppo facili, perché prescindono dalla dolorosa emarginazione nella vita degli artisti, ma, per chiudere, non vedo che vantaggio ci sia a dimostrare che Benvenuto Cellini o Giacomo Leopardi fossero omosessuali, o nel giudicare che un film sia pregevole o meno a seconda della connotazione omosessuale. Occorre ricordare l'esempio di Marcel Proust, che nella Recherche ha dedicato molte pagine all'argomento, mantenendo sempre un disattaccamento ed una capacità di investigazione anche fortemente ironica sia sull'etorosessualità che sulla omosessualità.

Poi c'è la religione, che nel film compare quasi solo in aspetti persecutori o di costrizione di vita. Si prescinde da un fatto acclarato dagli studi degli ultimi anni: il Caravaggio era un artista profondamente religioso, addirittura prediletto dalle frange del cattolicesimo più impegnate sul fronte di una Controriforma che non fosse quella dei roghi, ma quella della carità, della religione incarnata nella vita quotidiana, non nella religione da pulpito. Non è un caso che le opere più religiose del Caravaggio non compaiano nel film, ad esempio le Sette opere di misericordia di Napoli, uno dei suoi massimi capolavori. E così è per le opere nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo: la Crocifissione di Pietro e la Conversione di Paolo. C'è un aspetto a cui si bada poco, ma che è importante: a parte alcune opere giovanili di genere, il Caravaggio dipinse sempre opere religiose, non miti profani come facevano frequentemente Annibale Carracci e persino Guido Reni, di cui si diceva che morisse vergine!

Non considerare questo aspetto non significa ampliare la portata laica della sua rivoluzione, significa ridurre la profondità dei significati. Sarebbe come dire che il Caravaggio dipinge scene di genere sotto pretesti religiosi. Con tutta evidenza non è così, proviamo a pensare alla Vocazione di San Matteo in questo modo, e ci accorgiamo dell'assurdità: la Vocazione di San Matteo non è una scena di genere, per dire meglio, è una scena di genere con significati evidenti e profondi, separare i due termini è impossibile. A pensarci, anche per la canestra di frutta dell'Ambrosiana è così: non si può non accorgersi che la foglia rinsecchita e la mela segnata non sono solo manifestazioni della abilità rappresentativa del pittore, ma evidenze di transitorietà, segni del tempo che passa, che sarà uno dei grandi temi del Seicento. Ci si dimentica spesso di un fatto importante: ci credevano, alla religione. C'erano certamente altri elementi: lo sfoggio, la voglia di mostrare la potenza della famiglia o dell'ordine religioso, i contrasti molto forti all'interno della chiesa, i nepotismi di papi e cardinali, ma esisteva una fede diffusa, da non confondere con la credulità che ancor oggi milioni di persone riservano ad astrologi o cartomanti. Non è veramente laico un atteggiamento riduttivo che considera la religione come oscurantismo, in questo modo ci si toglie l'ampiezza di visione e la capacità di comprendere i grandi fenomeni artistici e di cultura.

Un esempio. Quando andiamo a Roma ed arriviamo nel colonnato di San Pietro, dobbiamo renderci conto che siamo stati noi, nel Novecento, a non capire la grandezza dell'idea del Bernini, costruendo Via della Conciliazione, strada larga e rettilinea che arriva all'ellisse del Bernini. Proviamo ad entrare di lato, ed avvertiremo un po' di quell'effetto sorpresa che era fondamentale nell'idea del Bernini: percorrendo le vie strette dei Borghi trovarsi di botto nella meraviglia del colonnato. Queste cose gli uomini di cultura le sapevano, c'erano fior di trattati di iconologia e di iconografia. Siamo noi a non sapere, confortati dalla conoscenza delle quattro furberiole della comunicazione per TV.
Vengo ai motivi dell'ammirazione di fronte a questo film. I sei anni in cui Jarman ci ha pensato gli sono serviti, forse senza che se ne rendesse del tutto conto. Mentre era alle prese con tesi ed antitesi, modifiche ai dati storici, omissioni ed invenzioni, si doveva anche fare l'occhio alle opere del Caravaggio, e pian piano se ne è lasciato permeare nel profondo, perché Derek Jarman è artista di grande sensibilità e ricettività. Già i cosiddetti tableaux vivants sono impressionanti, proprio perché non sono solo tableaux vivants o acribiche ricostruzioni, ma sono rappresentazioni teatrali o esecuzioni musicali, l'effetto è analogo.

Caravaggio: La morte della Madonna (part)

Ma quello che è folgorante, e che non mi è possibile comunicare qui, occorre vedere il film, è la rappresentazione della vita quotidiana al di fuori delle opere. La Vocazione di San Matteo non è fra le opere inserite nel film, ma è come se lo fosse, in quella taverna in cui giocatori si contendono le monete sul tavolo. Jarman in questo è finissimo: costruisce senza parere, e quando noi ce ne accorgiamo è troppo tardi (felicemente), siamo già dentro al modo rappresentativo di Caravaggio-Jarman. A parte l'esperire la bellezza, si affina e si approfondisce il nostro rapporto con il Caravaggio e con le sue opere, che possono dirci cose che prima i nostri occhi e la nostra mente non erano in grado di vedere e di capire. Ce ne fossero, di artisti come Jarman, per Goya o per Manet! Sono solo due esempi, ma ce ne sarebbero tanti altri. Chissà, prima o poi artisti/registi del genere ci saranno.

Caravaggio: La deposizione dalla croce (part)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Illuminante, come sempre. Buon fine settimana :)

Giuliano ha detto...

Bene. Ma adesso c'è un altro Michelangelo famoso, scommetto che non l'hai mai sentito nominare: scultore e pittore.
Mi metto qui e aspetto altre tre puntate, fino ad esaurimento dei michelangioli.

Anonimo ha detto...

Grazie per la vostra presenza e attenzione, torno a leggervi con piacere anche se ancora a piccole dosi perchè non posso stare molto al computer. Giulia

Solimano ha detto...

Giulia, siamo lietissimi di rivederti, non avevamo dubbi sulla tua rapida ripresa.
Ma adesso, che tutto sta andando a posto, te lo posso chiedere: il camion, si è fatto male anche lui?
Annarita, grazie, sei sempre molto gentile. Ho visto che hai scritto un post nuovo, domani mi ci fiondo.
Giuliano, una cosa per volta, si sarà posto anche per l'altro Michelangelo... se trovo il film che lo merita!

Laura ha detto...

Sono assolutamente d'accordo con ciò che scrivi riguardo l'omosessualità. Aggiungo che tra le donne è diffusissima l'idea che gli omosessuali abbiano una sensibilità superiore solo in virtù della loro natura. Tra queste, c'era anche la sottoscritta, fino a quando si è dovuta ricredere. Nessuna genialità, sensibilità nella norma. Persone. E' un orientamento sessuale che non prevede i valori aggiunti che gli si attribuiscono. Uno, quelle qualità le possiede a prescindere.
Per il resto, gran bel post, Solimano. Come al solito!

Un caro saluto
Laura

Solimano ha detto...

Laura, ho imparato molto nel vedere come si comportava la multinazionale. Le cose si sapevano e si capivano, ma le carriere non erano in nulla influenzate, nel bene o nel male, dall'orientamento sessuale. Un atteggiamento assolutamente laico, scarno, proprio non era una cosa che veniva considerata, ma non per nasconderla, perché non c'entrava niente con il lavoro e la carriera: fatti propri, e che ognuno si regolasse come credeva e sentiva.
Noi invece oscilliamo fra un estremo e l'altro, secondo me tutto nasce dall'eccesso di familismo, oltre che dall'ipocrisia di chi se la prende con certi cosiddetti vizi, quando ce li ha proprio in casa.
E' un argomento su cui, chissà perché, invece di ragionare tranquilli ci si agita.

good night
Solimano