mercoledì 28 novembre 2007

Le coppie nel cinema: L'amante

L'amant, di Jean-Jacques Annaud (1992) Dal romanzo di Marguerite Duras, Sceneggiatura di Jean-Jacques Annaud, Gérard Brach Con Jane March, Tony Leung Ka Fai, Frédérique Meininger, Arnaud Giovaninetti, Melvin Poupaud, Lisa Faulkner, Xuem Mang, Philippe Le Dem, Ann Schufuss, Quach Van An Musica: Gabriel Yared, Valzer op.69 n.2 di Chopin Fotografia: Robert Fraisse Narratrice (in francese): Jeanne Moreau (115 minuti) Rating IMDb: 6.7
Solimano
Nel 1929 la ragazza (Jane March) ha quindici anni. Vive in Indocina con la madre (Frédérique Meininger) e con i due fratelli (Arnaud Giovaninetti e Melvin Poupaud). Appartiene ad un famiglia francese che era ricca, ma ha perso quasi tutto perché, dopo la morte del padre, la madre si è avventurata in speculazioni sbagliate e si è fatta menare per il naso dai funzionari coloniali. Malgrado la povertà, che è quasi miseria, la famiglia conserva il senso di superiorità verso i vietnamiti ed anche verso la minoranza cinese, che si occupa di affari immobiliari e di commerci. Dei due fratelli, il maggiore è un oppiomane, giocatore e violento, il minore è un debole, a cui la ragazza è affezionata. La madre prende sempre le parti del fratello maggiore pur sapendo che la deruba per pagarsi i debiti di gioco.

La ragazza va a Saigon e dorme nel pensionato scolastico; a scuola va bene senza fatica, perché sa scrivere naturalmente bene. Ogni tanto viaggia per tornare a casa e deve prendere il traghetto sul fiume Mekong. Un giorno conosce sul traghetto un cinese (Tony Leung Ka Fai), che ha trentadue anni ed è di famiglia molto ricca, viaggia in una bella macchina con autista e non ha niente da fare tutto il giorno; inoltre è appena tornato da Parigi dove la famiglia lo ha mandato a studiare, ed ha imparato molto sul modo di vivere dei bianchi. La ragazza è piuttosto magra, ma desiderabile, anche per il modo trascurato di vestire che paradossalmente la fa notare da tutti: ha ancora le trecce, porta un cappello da uomo, ai piedi scarpe con gli strass da cabaret, un vestituccio da niente, che però fa vedere che non è magra dappertutto. E' bianca, quindi i vietnamiti girano alla larga, ma con i cinesi il rapporto è diverso, perché sono disprezzati come inferiori dai bianchi, però capita che ci siano dei cinesi molto ricchi. Il cinese, quando il traghetto arriva, offre alla ragazza un passaggio sull'auto, la ragazza accetta senza nessuna difficoltà. Durante il viaggio parlano, si vede che lui è molto preso da lei, che tranquilla segue gli eventi. Non ha ancora avuto esperienze sessuali, salvo abbracci intimi con una sua compagna di scuola sotto la zanzariera del dormitorio, però di esperienze vorrebbe averne, anche se sa che le regole del gioco sono di non avere nessun rapporto con vietnamiti e cinesi e comunque di sposarsi vergini.

Il cinese si dà timidamente da fare, ma è lei che lo incoraggia, baciando il vetro dell'auto ad occhi chiusi, quando lui viene a prenderla a scuola. Finché il cinese la porta nella sua garçonniere del quartire malfamato di Cholon: tutti i giovani cinesi ricchi ne hanno una, perché, prima di sposare con matrimoni combinati ragazze che non hanno mai visto, debbono avere un posto dove portare le amanti, generalmente donne a pagamento. Ma il cinese non farebbe niente, frenato dal suo essere innamorato e dall'età acerba di lei, è la ragazza a spingerlo, dicendogli di fare con lei come fa con le altre donne che porta nella garçonniere, un posto piuttosto squallido, in cui la porta dà direttamente sulla strada. Lì si troveranno spesso, facendo l'amore con godimento reciproco, lui sempre più innamorato, lei che lo fa perché le piace farlo e che dice a sé stessa ed al cinese che lo fa perché avere un amante ricco è conveniente. Ma le piace gridare per il piacere che lui sa darle, anche se lo deride un po' per il suo innamoramento. In famiglia, pian piano lo apprendono, ed hanno due tipi di reazioni: si vergognano, perché la ragazza non deve andare con uomini, tanto meno con un cinese, ma ne approfittano, perché di soldi c'è sempre bisogno, quindi fanno finta che non sia successo niente. Superbi e ruffiani. Finché il cinese porta tutta la famiglia a pranzo nel posto più caro di Saigon: paga tutto lui, ma lo trattano come se fosse un loro servo, addirittura la ragazza -per sfregio- si mette a ballare stretta con il suo fratello minore. Quando si ritroveranno nella garçonniere, il cinese la schiaffeggerà e la prenderà peggio che se fosse una prostituta, e la ragazza gli chiederà cinquecento piastre.

Finché il cinese si sposa con la cinese che ha scelto suo padre, anche i cinesi hanno le loro regole, e la ragazza segue a distanza dal pontile la cerimonia del lussuoso matrimonio. Prima però il cinese ha pagato tutti i debiti del fratello maggiore nelle case da gioco, ed ha sovvenzionato la famiglia, così possono mandare la ragazza a studiare a Parigi. Da tempo la ragazza non vede più il cinese, ormai sposato, il giorno che parte il piroscafo si sporge per guardare quello che succede sulla banchina del porto, e vede che c'è la macchina, davanti l'autista, dietro lui, che è venuto senza dirle niente per esserci quando lei parte. La sera, nel piroscafo, la ragazza pensa a tutta la sua storia. Un pianista sta suonando un valzer di Chopin (op.69 n.2) e la ragazza si mette a piangere. Adesso può dire a sé stessa la verità: lo ha amato anche lei, per tutto quel tempo, quando stavano insieme e quando non ci stavano, l'ha amato, quel cinese così gentile e continuamente innamorato, solo che non c'è niente da fare: lui sposato come da regola, lei a Parigi come da regola, pagata con i soldi di lui. Trent'anni dopo, divenuta scrittrice molto nota, sposata e divorziata, riceverà una telefonata. E' il cinese, che è a Parigi con moglie e figli, le dice soltanto che ha continuato ad amarla sempre allo stesso modo per tutto il tempo che è passato, dalla volta che la vide su quel traghetto sul fiume Mekong, nel 1929.

P.S. Marguerite Duras polemizzò in modo deciso ma generico prima e dopo l'uscita del film. Non ne ho capito il motivo, sia perchè in generale credo che se uno cede i diritti del libro deve incassare i soldi e disinteressarsi del film, ma anche per un altro motivo: perché ho letto il libro della Duras ed ho visto il film, che trovo molto vicino al romanzo. Senza fare confronti - comunque preferirei rivedere il film che rileggere il libro - credo che i motivi della polemica fossero due, entrambi non detti. Il primo è che il romanzo della Duras è assolutamente autobiografico, quasi a livello cronachistico, quindi la scrittrice, che si era esposta molto col libro, non gradisce che sia qualcun'altro ad esporla. Il secondo è che Marguerite Duras è stata molto presente nel mondo del cinema, e probabilmente avrebbe preferito che, visto che il film si faceva, fosse lei a tirarne le fila. Jean-Jacques Annaud ha fatto benissimo a tenere il controllo, e tutto nel film è coerente: l'esotismo, i rapporti razziali, i modi in cui si trucca da bordello un amore grande. Il film è molto diretto, ci sono cinque scene di sesso esplicite, ma mai come in questo caso la materia lo richiedeva: il sesso è l'alibi per mantenere in vita un rapporto altrimenti impossibile. Così è anche nel romanzo, ma le parole scritte su una pagina sono altra cosa rispetto alle immagini sullo schermo. Toni Leung Ka Fai, cinese di Hong Kong, è bravissimo nell'esprimere una passione forte e silenziosa. Jane March ha dimostrato negli anni successivi di non essere un'attrice di rilievo, ma qui, grazie ad Annaud, è una immagine indimenticabile. Le musiche del libanese Gabriel Yared sono splendide, il valzer di Chopin sembra scritto apposta per il momento che la ragazza vive quella sera sul piroscafo. L'amore, o comunque vogliamo chiamarlo, è qualcosa di molto strano, può essere grande persino nelle situazioni più degradate: le utilizza per continuare ad avere spazio di esistenza.

2 commenti:

Laura ha detto...

" L'amore, o comunque vogliamo chiamarlo, è qualcosa di molto strano, può essere grande persino nelle situazioni più degradate: le utilizza per continuare ad avere spazio di esistenza."

Sarà per questo motivo che il punto esatto in cui ci scaraventa lo focalizziamo sempre ...dopo?

un caro saluto
Laura

Solimano ha detto...

Laura, trovo la tua osservazione acuta: in amore le cose prima succedono poi se ne si accorge (e certamente non solo nel sesso). E' come se in noi agisse un altro sé che non ha tempo né voglia di tenerci informati, se non quando il più è fatto. Non credo di stare facendo della mitologia: la stessa cosa succede nelle arti, in cui un certo grado di ingenuità, di inconsapevolezza è indispensabile. Poi, si lavora a sistemare, guai se no, in modo che il fiore non sia senza gambo, ma c'è un prima e un poi.

saludos y besos
Solimano