venerdì 9 novembre 2007

Il bacio della pantera

Cat People, di Jacques Tourneur (1942) Sceneggiatura di DeWitt Bodeen Con Simone Simon, Kent Smith, Tom Conway, Jane Randolph, Jack Holt, George Ford, Bud Geary, Leda Nicova Musica: Roy Webb Fotografia: Nicholas Musuraca (73 minuti) Rating IMDb: 7.5
Giuliano
Questo è un dialogo tra la protagonista e lo psichiatra che l’ha in cura, allo zoo davanti alla gabbia della pantera. La chiave della gabbia è bene in vista, e allo psichiatra non è sfuggita la reazione della ragazza davanti a quella chiave così facile da prendere.


- Lei resiste benissimo alla tentazione.
- Tentazione?
- Sì, la chiave.
(della gabbia della pantera)
- Perchè dovrei volerlo ? (liberare la pantera)
- Per molte ragioni. Esiste in certi casi un bisogno psichico di scatenare il male sul mondo; e ciascuno di noi porta in sè un desiderio di morte. Lei teme la pantera, e tuttavia essa la attira irresistibilmente. La pantera sembra quasi la forma a cui lei tende. (pausa) Lei venerdì non è venuta da me, per questo sono venuto io qui da lei.
- Ma come ha fatto a trovarmi?
- So un mucchio di cose su di lei. Perché non è venuta?
- Non credo che lei possa aiutarmi. Lei è uno studioso, è un uomo intelligente, però quando lei parla dell’anima si riferisce alla mente, e non è la mia mente ad essere malata.
- Lei è proprio in gamba: tutti gli psicologi hanno cercato per anni la sottile differenza esistente tra la mente e l’anima, e ora lei l’ha trovata.
- Mi crede presuntuosa, vero? Addio, dottore.


E’ un film famoso, famosissimo. Prende spunto da antiche leggende serbe (o così parrebbe vedendo il film), ed è la storia della ragazza che si trasforma in una pantera nera nel momento dell’amplesso: una storia torbida e appassionante, girata da un autentico maestro (del cinema, non dell’horror o del thriller) come Jacques Tourneur.
Rivisto per puro caso, è un film che regge bene ancora oggi. Regge molto meglio del suo recente remake, che pure contava su Nastassja Kinski come protagonista: ma questo non è un film da attori, è un film di atmosfere e di impressioni, un film d’autore vero e proprio. Tanto meno è un film da effetti speciali: non ci importa nulla di vedere la trasformazione, come se fosse un uomo lupo qualsiasi, perché qui si parla di qualcosa di interiore, che con gli effetti speciali non ha nulla a che vedere. Viene da qui il fascino enorme del soggetto: non a caso girato pensando a guerre recenti e future, alle atrocità naziste e a quello che doveva ancora venire.
Per il resto, è un classico film degli anni ’40: le atmosfere sono quelle, e a me piacciono molto, così come mi piacciono gli interni e i cappotti che portano i protagonisti, sempre molto eleganti, di un’eleganza ormai datata ma sempre meravigliosa. Rimane sempre un capolavoro la sequenza della piscina, imitatissima; e anche il “sogno delle pantere” non è male: inizia come un’animazione, ma prosegue come le immagini che vediamo ad occhi chiusi prima di addormentarci, e l’apparizione finale del “cavaliere con la spada” mi ha ricordato il Don Sebastiano di Manoel de Oliveira.

Tra le cose memorabili del film, un film da vedere più che da descrivere, mi segno:
1) il custode dello zoo, quello che dimentica sempre la chiave “perché tanto chi sarebbe così pazzo da aprire la gabbia?” 2) oltre al custode, altri clown shakespeariani molto belli, come la donna delle pulizie e la cameriera nera. 3) sempre il custode dello zoo, che dice la pantera è la “bestia peggiore” citata nell’Apocalisse, perché “somiglia a un pardo” ma non è un pardo. 4) Con la scusa della visita al Museo, si mostra una statua che potrebbe essere sia Bashtet (dea egizia in forma di gatto) che Anubis: la pellicola è molto scura, forse volutamente ambigua. 5) “Meja sestra”, saluta la misteriosa serba, all’inizio, rivolgendosi alla protagonista: ha riconosciuto in lei una sorella... 6) Alla fine si contano tre vittime: il canarino, lo psicoanalista, e la povera pantera dello zoo che fa una fine meschina poco dopo essere stata liberata. La protagonista viene invece ferita a morte dal dottore. 7) i rimandi alla Serbia e al re Giovanni “che sconfisse i mammalucchi liberando il mio popolo”: nella statuetta che lo ritrae, è a cavallo e tiene un gatto infilzato sulla spada. (letto alla luce di quello che è successo negli anni ’90, è un richiamo che dà i brividi). 8) è un film girato nel 1942, e nel dialogo qui riportato i richiami al nazifascismo sono evidenti.

Il film si chiude con un cartello che porta questa citazione, da uno dei massimi poeti inglesi:
... but black sin hath betrayed to endless night
my world, both parts, and both parts must die.
(ma il nero peccato ha tradito ad una notte perpetua entrambe le parti del mio mondo, ed entrambe dovranno morire)
Holy Sonnets, n.2, da “Divine poems” di John Donne (1572-1631)

6 commenti:

Roby ha detto...

Adoro anch'io (lo si era capito, vero?) i film anni '40. Di questo, ricordo bene la scena della piscina, ma pochissimo di tutto il resto: confido però in Tele37 per rinfrescarmi la memoria!

Good bye!

Roby

Anonimo ha detto...

Acc... pure di questo hanno fatto il remake?!? Stavo meglio quando non lo sapevo :-(

Giuliano ha detto...

Cara Gabriella, sì, purtroppo sì: l'ho guardato anni fa, ma solo perché c'era Nastassja Kinski... (che però è più bella nei film di Wenders)

Cara Roby, questi film degli anni ’30 e ’40, soprattutto quelli inglesi, hanno un’eleganza magnifica, soprattutto nel vestire. Io di solito non faccio caso a queste cose, ma basta guardare le foto che ha portato qui Solimano per capire che non è certo un dettaglio da poco.
La scena della piscina, con la “rivale” della protagonista nella piscina sotterranea, al buio, da sola, mentre cerca di sfuggire a qualcosa che potrebbe anche essere solo una sua impressione, è stata copiata in mille maniere dai mille thriller che sono venuti dopo... E’ un capolavoro ancora oggi, così come certe scene dei film di Hitchcock (inglese) dello stesso periodo. E’ una cosa sulla quale torno, ma i film migliori di Hitchcock sono quelli inglesi, l’unico difetto è che non c’è Cary Grant...
Del “Bacio della Pantera” mi hanno molto incuriosito queste antiche leggende serbe, ma non è facile trovare i riferimenti giusti (di solito i siti che parlano di queste cose pullulano di idioti un po’ maniaci). Ho invece trovato un antico riferimento a chissà quali leggende in un frammento da un’antica carta scovata da un rigattiere, riparando la rilegatura di un libro; sai mica se c’è qualche papirologa in giro che me ne può spiegare il significato? Il frammento è questo:
Nel lontano e piacevole Egitto
eran molti i devoti del gatto;
l'animale socievole
sorrideva benevolo
sotto i baffi della Gran Dea Bashtet.

Roby ha detto...

Incomparabile Giuliano, non vorrai farmi credere che non conosci più che bene la vecchia cara (?) Bashtet e l'animale a lei sacro, il gatto ? Che poi la dea suddetta avesse i baffi, non significa che fosse un fenomeno da baraccone, bensì che del gatto aveva la testa. Ma che quello stesso gatto fosse pure benevolo... mhmmm... ho qualche dubbio! Gli dei egizi -secondo una mia personalissima visione- sono un po' tutti degli schizofrenici a personalità multipla: non mi fiderei MAI di loro!!!!

[;->>]

Firmato:
Una ex-papirologa di passaggio

Anonimo ha detto...

Sto vedendo proprio in queste settimane film degli anni 40 e riscopro delle vere chicche... Giulia

Giuliano ha detto...

Poi studieremo una traduzione e una scelta più attenta, magari con Habanera: per ora copio e incollo di fretta.

John DONNE

Here take my picture, though I bid farewell;
thine, in my heart, where my soule dwels, shall dwell.
'Tis like me now, but I dead, 'twill be no more
when we are shadowes both, then 'twas before.
( Elegie V - His Picture )

Goe, and catche a falling starre,
get with child a mandrake roote,
tell me, where all past yeares are,
or who cleft the Divels foot,
teach me to heare Mermaides singing,
or to keep off envies stinging,
and finde
what winde
serves to advance an honest minde.
(Song)