lunedì 5 novembre 2007

Apri gli occhi

Abre los ojos, di Alejandro Amenabar (1997) Sceneggiatura di Alejandro Amenabar, Mateo Gil Con Eduardo Noriega, Penélope Cruz, Chete Lera, Najwa Nimri, Gérard Barray, Jorge de Juan, Miguel Palenzuela Musica: Alejandro Amenabar, Mariano Marin Fotografia: Hans Burman (117 minuti) Rating IMDb: 7.8
Solimano
Per almeno mezz'ora, compresi i titoli di testa un po' curiosi, tutto filava bene: un film furbo, fin troppo, con belle musiche ed una storia che, sebbene vista in altri film, prometteva sviluppi intriganti. Un giovane bello e ricco - possiede una catena di ristoranti - di nome Cesar (Eduardo Noriega) si diverte a cambiare spesso la ragazza, ha un atteggiamento un po' da usa e getta. Ma gliene capita una, Nuria (Najmva Nimri) che è molto gelosa e non vuole essere lasciata.
Il miglior amico di Cesar è Pelayo (Fele Martinez) che commette l'imprudenza di andare a casa di Cesar per la festa di compleanno con una ragazza di cui è innamorato, Sofia (Penélope Cruz). Cesar in certe cose non guarda in faccia neppure al migliore amico, e si dà immediatamente da fare con Sofia, scatenando la gelosia di Pelayo ed anche quella - più pericolosa - di Nuria. Più pericolosa perché insistente, un po' fuori di testa - o forse del tutto.
Pelayo, del tutto ubriaco, se ne va dalla festa, Sofia è divisa, perché Cesar le piace, ma le sembra eccessiva una tale immediatezza sia verso di lei che nei confronti di Pelayo, finisce però che si fa accompagnare da Cesar a casa sua. Ma la cosa non è sfuggita a Nuria, che in macchina aspetta per strada Cesar e lo invita a salire in auto, lui cerca di esimersi, ma infine sale. Solo che dopo un po' di chiacchiere Nuria gli chiede: "Credi in Dio?", lui risponde: "No" e Nuria accelera, la macchina va molto forte, e Nuria volutamente le manda contro un muro e nella susseguente scarpata: il tentato suicidio di Nuria (col suicidio forzato di Cesar) sembra essere riuscito.

Fin qui un bel film: immagini fantastiche, scarno e veloce il dialogo, impastato del cinismo oggi usuale. Molto belli gli interpreti, sia Cesar che Sofia e Nuria, un'altra cosa che aiuta. Essendo passata solo mezz'ora, credevo di capire che almeno Cesar fosse rimasto in vita, perché non vedevo il film proseguire senza Cesar, difatti sembra che vada così: Nuria è morta e Cesar è rimasto sfigurato.
Facevo le mie previsioni: o amor omnia vicit, con Sofia che vuole bene a Cesar anche così mal ridotto, e/o il solito chirurgo di genio che ripristina i lineamenti di Cesar com'erano e dov'erano. Però senza cadute di sentimentalismo eccessivo, il regista è giovane e sa che vogliono tutti essere belli e spietati, ragazzi e ragazze, a cui evidentemente il film è diretto. Ma invece no, inserisce una storia di fantasia per cui non si sa se si tratti di sogni o di realtà. Riappare Nuria, evidentemente non morta, che, proprio mentre Cesar e Sofia sono a letto insieme, prende il posto di Sofia, non solo, si fa chiamare Sofia e vive nel suo appartamento. Intanto, Cesar è trattenuto in un manicomio criminale perché accusato di avere ucciso una donna. Sofia o Nuria? Ma esistono queste due donne? Oppure quale è reale e quale è sognata? Cesar è sotto custodia della polizia: ha forse ucciso una delle due donne? Non è che Nuria e Pelayo si siano associati perché ce l'hanno con Cesar? Oppure sono i suoi soci nei ristoranti che lo vogliono esautorare? La vita è piena di domande, figuriamoci un film...
Di mezzo si mette anche Antonio (Chete Lera), uno psichiatra saggio che vuole aiutare Cesar a capire ed a capirsi, poi Duvernois (Gérard Barray), dirigente di una società di crionizzazione: pagando - ed i soldi Cesar li ha - si può essere conservati da subito dopo la morte per decenni e decenni, in attesa che trovino il rimedio alla malattia mortale. E' un avanti/indietro fino alla fine, il regista palesemente si diverte a spiazzare gli spettatori proprio quando credono di aver capito.
Così ho seguito il film con attenzione lievemente inerte, perché non era un horror, si è visto di peggio della faccia del mal conciato Cesar, ma non era neanche un thriller, perché in questi film è necessaria una precisa coerenza nell'avanzamento della storia. Potrei lodare il finale, che si svolge sopra un altissimo edificio di Madrid, lodare Penélope Cruz, piuttosto magra, ma con due occhi streganti, in compagnia dei capelli molto lunghi. Nel film non c'è il rispetto della logica, che può benissimo partire da una premessa incredibile, ma non si può andare avanti con l'incredibilità dei passaggi.

Mi è venuto in mente Jorge Luis Borges, e quello che scriveva nella breve prefazione a "L'invenzione di Morel" del suo amico Adolfo Bioy Casarés. Borges sostiene che da un romanzo cosiddetto psicologico ci si può aspettare di tutto, difatti in genere gli amanti si uccidono per troppo amore, e le madri amano il figlio senza dirglielo né farglielo capire. La psicologia umana è talmente contorta che ci può stare tutto senza perdere di credibilità.
Diverso il discorso per un libro basato sulla fantasia. La premessa iniziale può essere incredibile, ma una volta accettata, tutto il resto deve accadere con logica ferrea, sempre coerentemente al dato di partenza. Difatti Borges loda "L'invenzione di Morel" perché si attiene a questo metodo. Altrimenti, tutto sarebbe al tempo stesso possibile e impossibile: quello che succede ad "Apri gli occhi", solo che ho capito che al pubblico giovanile di "Apri gli occhi" una logica purchessìa non interessa molto: basta che abbia una continuità di bellezza (degli interpreti, della regia, naturalmente delle musiche) e tutti sono contenti, gli sta bene così.
Che le cose si svolgano in questo modo, chiamiamolo onirico per eufemismo, mi ha dato fastidio, togliendo il coinvolgimento funzionale alle fantasie che cerchino di essere plausibili. "L'invenzione di Morel" è del 1941, in fondo l'idea geniale di Bioy Casares viene ripresa nel film di Amenabar (una realtà fittizia che prende il posto di quella reale) solo che la premessa del romanzo era fantastica ma credibilmente sviluppata. Oggi sembra che si debba fare così, tutto bello, certo, sorprese continue di immagini, di colori, di trovate, ma la trama e l'ordito mancano. Mi si potrebbe dire: "Ma Mulholland Drive?" Eh no, a parte l'eccellenza stilistica di Lynch, in quel film la coerenza c'è pur con tutti i salti di tempo e gli scambi di persone. Poi, è ben altra la presenza dei due personaggi interpretati da Naomi Watts e Laura Herring. In "Apri gli occhi" sembra che il vero intento sia di incuriosire chi dalla logica prescinde, pensando che tutto possa succedere, ma un film non consiste in una partita a dadi in cui può uscire qualsiasi numero e va bene lo stesso: i bambini avrebbero preso a male parole una nonna che raccontasse una fiaba priva di senso. C'è però da dire che di suo Amenabar ci mette un talento visivo notevole e molto personale, da vero pittore, che si può solo ammirare e su cui è il caso di riflettere: ci tornerò, prima o poi. Un fermo-immagine può essere come un quadro, e dire da solo più dell'intero film, un singolare e gradevole paradosso di cui mi sto accorgendo in questi giorni. Il cinema non ha finito di sorprendermi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E la cosa bella è che di fermi immagine ce n'è uno solo, quello che fai e vedi tu. Una cosa irripetibile che la pura casualità ti regala.

Solimano ha detto...

Oh yes Brian, credo proprio che ci capiamo, come col discorso nel tuo blog della fortuna nella petanque dei francesi e con quello del blog di Clelia. Dietro c'è quello che disse un ragazzo sveglio: "A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto". La creatività ha un nesso molto stretto colla casualità.

saludos, è il caso che ci rivediamo, uno di questi giorni
Solimano