venerdì 31 ottobre 2008

Bianca (4)

Bianca, di Nanni Moretti (1984) Sceneggiatura di Nanni Moretti, Sergio Petraglia Con Nanni Moretti, Laura Morante, Roberto Vezzosi, Remo Remotti, Claudio Bigagli, Enrica Maria Modugno, Vincenzo Salemme, Margherita Sestito, Dario Cantarelli, Virginie Alexandre, Matteo Fago, Giovanni Buttafava, Luigi Moretti, Giorgio Viterbo, Mario Monaci Toschi, Gianfelice Imparato Musica: Franco Piersanti, "Scalo a Grado" di Franco Battiato Fotografia: Luciano Tovoli (96 minuti) Rating IMDb: 7.2
Solimano
Il film coinvolge e disturba: Michele (Nanni Moretti) non è un moralista che fa discorsi strani in parte condivisibili in parte no, è proprio folle, psicotico. Un colpo sotto la cintura, perché il film è la storia di una follia e dei delitti che ne conseguono.
Ci piacerebbe che fosse diversamente, in modo da starcene un po' più leggeri, ma nei discorsi di Michele c'è la coerenza dei folli; questo fatichiamo ad accettarlo, perché certi discorsi di Michele ci piacciono. Quando i vicini chiudono la finestra e non può più spiarli, dice: "Adesso guardiamo la televisione". Guardare le persone attraverso le finestre per lui è come guardare la televisione, non c'è vero contatto personale. Ci prova, ma vorrebbe invadere gli altri senza esserne invaso, difatti gli seccherà molto l'essere pedinato dai poliziotti, un contrappasso per chi voleva indagare su tutti.


Sappiamo che il momento del barattolone di Nutella arriva dopo che Michele ha fatto l'amore con Bianca (Laura Morante) ed ha capito che lei lo ama. Scena divertente, ma anche scena necessaria, perché chiarisce che per Michele è impossibile far respirare il rapporto con Bianca. Ecco un dialogo chiarissimo fra i due:

– Non è giusto che noi continuiamo a vederci. Io magari sarò imperfetto, però voglio essere coerente: non ci dobbiamo vedere, mai più.
– Ma perché?
– La felicità è una cosa seria, no? Ecco, allora, se c'è, dev'essere assoluta.
– E che vuol dire?
– Vuol dire senza ombre, senza pena. È difficile per tutti, per me invece è impossibile: forse non ci sono abituato.
– Ma le cose cambiano, le persone si trasformano, le situazioni... Io non capisco questa specie di obbligo, senza che fra noi sia successo niente.
– Tanto tu, prima o poi, mi lasceresti. Io non ci posso pensare che un giorno... Magari siamo in terrazzo, tu ormai vivi a casa mia ... Ti avvicini e mi fai: "Sai Michele, ti devo parlare", e poi mi spieghi che è stato tutto molto bello, però ormai non si può più andare avanti, l'amore è finito...
– Ma come fai a saperlo?
– Lo so.
– Allora per non soffrire dopo lo fai adesso, così, senza che ci sia una ragione, senza motivo...

Annibale Carracci: Ercole al bivio ca. 1596 Capodimonte, Napoli

Annibale Carracci: Venere e Anchise 1597-1602
Galleria di Palazzo Farnese, Roma

Questo tipo di perfettismo (il cui vero scopo è non accettare l'esistenza per quella che è e le altre persone per come realmente sono) richiama un mito antico, di cui noi possiamo cogliere l'ambiguità perversa: il mito di Ercole al bivio, che deve scegliere fra la strada del vizio e quella della virtù. Nel quadro cha Annibale Carracci fece per il cardinale Odoardo Farnese e che è a Capodimonte, tutto è politicamente corretto: la donna vestita sulla sinistra indica la strada della virtù, con la rappresentazione di sapienti e poeti, la donna seminuda sulla destra indica la strada del vizio, che si snoda piacevolmente nel bosco ombroso e fiorito; giustamente si è detto che gli oggetti (tamburello, strumenti musicali, carte da gioco, maschere) sono un incitamento alla Voluptas, visivamente rappresentata dalla donna. La perversità consiste nel fatto che, se la mettiamo così, l'amore è un vizio, e tutto ciò che è piacevole è vizio. Che la rappresentazione fosse ambigua era evidente al cardinale ed al pittore, difatti in pochi dipinti si esalta la voluttà come nella Galleria Farnese che Annibale Carracci affrescò subito dopo.
Michele, che non è solo folle, che fa? Trova delle scuse per non accettare la felicità, che gli è a portata di mano, non vuole essere felice. La non accettazione del piacere e della felicità è diffusa nella vita reale, con mille travestimenti. E' un altro motivo per cui il film disturba: dice cose che sappiamo vere, ma che non vorremmo sentirci dire.



Mentre Michele si pavoneggia, leggendo Proust sulla barca sotto l'ombrello e poi guarda indifferente l'annegamento del libro, nei giardini attorno al lago di Villa Borghese sorge un rapporto fra uomo e donna. E' bastata la piccola scusa di avere due cani della stessa razza.




Ben diverso da quello di Michele è il rapporto con la vita da parte di Siro Siri (Remo Remotti), della stessa Bianca, di Aurora (Enrica Maria Modugno) e di Massimiliano (Vincenzo Salemme): sana curiosità e naturale voglia di comunicare. Michele, nel suo terrazzo, sgrida le piante, col dito alzato. Però, a volte è una follia di tipo lucido:

A me invece piace vedere la gente, per esempio la gente che guarda le vetrine. Di sabato io faccio su e giù con le scale mobili dei grandi magazzini: quante persone che faticano per stare al passo coi tempi, per essere moderne. Segretarie, bancari, casalinghe: tutta gente normale, sempre presa in giro perché fa una vita non eccitante. I miei studenti poi mi dicono: "Io piuttosto che entrare in banca m'ammazzo". Ma cos'è quest'odio verso la gente che lavora, verso il cartellino?


Bianca cercherà di aiutare Michele, gli fornirà persino un alibi, ma verso la fine del film scoprirà che non c'è niente da fare. Michele ha l'aria imbarazzata: sa di averla delusa, ma dentro non è libero di fare altrimenti.

La confessione di Michele al commissario (Roberto Vezzosi) ha analogie con la confessione di Raskolnikov a Porfiri Petrovic in Delitto e Castigo di Dostoevsky. Il commissario è un uomo amareggiato nella vita personale e sul lavoro, sta compiendo un dovere in gran parte burocratico, ma come in Delitto e Castigo, quando viene alla luce quello che già sapeva, non assume un atteggiamento di ostilità, ma quasi di pietà. Ecco, come chiusura, parte del dialogo fra Michele e il commissario:

- E quando ho visto le sue scarpe io ho capito tutto di lei: è un uomo che ha sofferto, che ha solo un paio di scarpe alla volta, che piano piano si consumano, diventano lise, perdono il colore. Quando io ho guardato le sue scarpe ho pensato: ora glielo dico subito
- Che cosa?
- Che sono io quello che cerca, che sono stato io
- Ma perché, erano suoi amici, che cosa le avevano fatto?
- Mi avevano deluso. Gli amici ti deludono, la gente normale no. A me piacciono le coppie felici, io li aiuto, li indirizzo sulla strada giusta, gli dò consigli, però non li seguo più quando fanno quegli errori cosí stupidi. Cominciano a dirti le bugie, poi si separano, poi ritornano a stare insieme però è troppo tardi, perché ormai sono feriti e cattivi e allora non li voglio più vedere. Una volta era più facile giudicare, come con le scarpe: c'erano solo alcuni modelli, molto caratterizzati, erano quel tipo di scarpe e basta. Ora invece tutto è più confuso, uno stile si è intrecciato a un altro, le cose non sono più nette
- No, scusi, stavamo parlando dei suoi amici...
- Sì, gli amici non possono comportarsi così, perché io mica divento amico del primo che incontro. Io decido di voler bene, scelgo; e quando scelgo è per sempre.


P.S. Come si è già visto qui, e anche nei post precedenti, nel film è ben presente Villa Borghese, in particolare il lago ed il tempio di Esculapio, ma anche i giardini intorno. Inserisco un'altra immagine del film in cui si vede tutto il tempio e due fotografie di Villa Borghese: il lago e Piazza di Siena.



mercoledì 29 ottobre 2008

Bianca (3)

Bianca, di Nanni Moretti (1984) Sceneggiatura di Nanni Moretti, Sergio Petraglia Con Nanni Moretti, Laura Morante, Roberto Vezzosi, Remo Remotti, Claudio Bigagli, Enrica Maria Modugno, Vincenzo Salemme, Margherita Sestito, Dario Cantarelli, Virginie Alexandre, Matteo Fago, Giovanni Buttafava, Luigi Moretti, Giorgio Viterbo, Mario Monaci Toschi, Gianfelice Imparato Musica: Franco Piersanti, "Scalo a Grado" di Franco Battiato Fotografia: Luciano Tovoli (96 minuti) Rating IMDb: 7.2
Solimano
Inserisco come apertura di questa terza puntata una immagine di Bianca (Laura Morante), sola, nell'ampio spazio di un cortile con la ghiaietta. Non la guardiamo solo noi, la guarda soprattutto Michele (Nanni Moretti), che la vede per la prima volta dal pullman, che sta partendo con tutti i professori per l'assurdo convegno "La canzone italiana e la scuola".
Bianca, la professoressa di francese appena arrivata nella scuola "Marilyn Monroe", è una donna giovane che attualmente convive con un uomo che di cognome fa Pioggia (Gianfelice Imparato), ma Bianca per Michele diviene una possibile Salvezza in senso dantesco.


Esagero? Può darsi. Forse che sì forse che no, ma guardate queste due immagini.
La prima è all'inizio del film, quando Michele si trasferisce nell'appartamento nuovo. Un po' maniaco, la prima cosa che fa è la disinfezione dei sanitari, versando alcool e dando fuoco. Attività strana e sciocca, ma la ripresa è dall'alto e sembra una immagine infernale.
Nella seconda c'è Michele che sta seguendo di nascosto la coppia Bianca-Paglia e si rende conto per la prima volta che i due si stanno lasciando, quindi comincia a sperare, perché di Bianca è già innamorato. La location è precisa, si riescono addirittura a leggere i nomi delle strade del quartiere Monteverde di Roma, ma la strada è in salita, una ascesa purgatoriale.
Mentre la scuola "Marilyn Monroe" è in uno spazio piatto, tutto in orizzontali e il commissariato di polizia è in un seminterrato.


Ancora Bianca, in due immagini: davanti ad una libreria scolastica e in un primo piano. Non ci vedo solo il gusto di riprendere una bel personaggio, una bella attrice, una bella donna, ci vedo una valenza di tipo amore salvifico. Il simbolo non si nasconde dietro l'episodio, il simbolo è l'episodio, questa è la differenza con i simbolisti senza radici che di fronte alla realtà scappano, oppure vorrebbero togliere il velo di Maya. La realtà è Maya.
Bianca, quando capisce quello che sta succedendo a Michele, cerca di salvarlo, fornendogli l'alibi per la notte dell'assassinio. Ma Michele la delude.



E' un film breve, poco più di un'ora e mezzo: si racccontano degli omicidi, c'è la storia di una psicosi invincibile, la banalità ridicola e modernissima della scuola "Marilyn Monroe", ma anche la fantasia umorale, quotidiana e colta di Nanni Moretti.
Qui sopra, due immagini di Siro Siri (Remo Remotti) l'anziano goliardo grossolano e vitale. Nella seconda immagine, Siro Siri sveglia Michele che deve andare a scuola, altrimenti Michele continuerebbe a dormire.
Nella terza immagine, l'intrusione di Michele nella casa di Pioggia, il convivente di Bianca. Scena spassosissima, con Michele che si spaccia per un venditore di enciclopedie.
Ecco un esempio del linguaggio che Michele usa quando prevale questo aspetto:

-Lei non faccia il tunnel!
-Cosa?
-Lei mi sta scavando sotto, mi toglie la panna, la castagna da sola sopra non ha senso. Il Mont Blanc non è come un cannolo alla siciliana che c'è tutto dentro, è come uno zaino: lei se lo porta appresso per un mese e sta sicuro. Il Mont Blanc si regge su un equilibrio delicato, non è come la Sachertorte...
-Cosa?
-La Sachertorte...
-Cos'è?
-Cioè lei praticamente non ha mai assaggiato la Sachertorte?!...
-No.
-Va be' continuiamo così, facciamoci del male!!!

E' il versante gogoliano e cecoviano di Moretti: piccoli episodi un po' ridicoli, raccontati nella loro piccolezza, ma non spregiati come se fossero solo minuzie divertenti. Visti non solo dal di fuori, che sarebbe un chiamarsi fuori, ma dal di dentro. In tal modo si manifesta moralicamente (non moralisticamente) una visione di vita: la Sachertorte si regge su un equilibrio delicato... quindi va assaggiata! Non facciamoci del male.


Il guaio, è nella intrusività di Michele. Vuol sapere tutto, delle persone che in qualche modo conosce. Ha in casa un archivio con fotografie, date, accadimenti. Vorrebbe che tutto andasse per il meglio. Così, l'innamoramento dei due allievi della "Marilyn Monroe", Matteo (Matteo Fago) e Martina (Virginie Alexandre), scatena le sue capacità inquisitorie. Michele riesce addirittua ad introdursi facendosi invitare ad una cena dove sottopone i commensali ad un terzo grado personalizzato; tutto deve saltar fuori e tutto deve andar bene.
Michele è contento quando vede una famiglia felice: marito, moglie bambini. Vorrebbe che tutte fossero così, tutte debbono andare così, ma basta poco, a Michele, per rimanere deluso.

Aurora (Enrica Maria Modugno) vive con Massimiliano (Vincenzo Salemme). Una sera Michele vede che Aurora abbraccia di nascosto un altro uomo (immagine di chiusura del post). Michele questo non può accettarlo, perché un rapporto deve essere perfetto, deve durare per sempre. Il lieve abbraccio di Aurora le costerà la vita.
(continua)

martedì 28 ottobre 2008

Stanze all'aria

G. van Wittel (1652-1736) , Il Colosseo

Roby
Da bambina, quando uscivo da una stanza della casa senza chiuderne la porta, mia madre mi riprendeva: "Dove pensi di essere, al Colosseo???", obbligandomi a tornare precipitosamente sui miei passi.
Mammina cara, non ho mai ben capito cosa tu avessi contro le porte spalancate e le stanze esposte all'aria: io, personalmente, non ho nulla, anzi! Il Colosseo mi ha sempre affascinato, così largo ed arioso, oltre che -nello stato attuale- allegramente disordinato, irregolare, sbocconcellato e quindi vivo.


Quo vadis? (Enrico Guazzoni) 1913

Con stanze all'aria si possono intendere sia luoghi in cui l'aria circola liberamente, sia locali un po' sottosopra, con pile di libri accatastate qui, cassetti aperti là, scaffali pieni di ninnoli a destra, vetrinette con piccoli tesori in bella mostra a sinistra. Insomma, le wunderkammer di antica memoria (a me particolarmente care, come sanno i frequentatori del Nonblog), dove -nell'apparente confusione e sovrapposizione iniziale- tutto s'incastra perfettamente e tutto si riesce poi a trovare senza troppa difficoltà.


Il gladiatore (Ridley Scott) 2000

Insomma, queste poche righe prive di senso logico (e quindi, credo, più accattivanti di tanti altri sudati miei scritti) servono solo a render coram web nota la mia soddisfazione per esser stata invitata da Tito Flavio Solimano ad erigere -insieme a Caio Giuliano Cesare e altri- quel piccolo grande colosseo virtuale che sono Stanze all'aria

Se volete, ci vediamo anche lì, tutti insieme.

E per favore, quando uscite, NON chiudete la porta!


G. B. Piranesi, Il Colosseo, 1761

Stanze all'aria

Solimano
E' inutile girarci attorno, in questo post non racconto un film (anche se non sarebbe un brutto titolo). Cerco di far sapere in giro che c'è un nuovo blog che si chiama Stanze all'aria. I guest che al momento possono autonomamente pubblicare sono sedici: Annarita, Arfasatto, Barbara, Dario, Giulia, Giuliano, Habanera, Massimo, Mauro, Mazapegul, Ottavio, Roby, Sgnapis, Solimano, Stefania, Zena. Qualcun altro sta arrivando, per ragioni di email, invito informatico etc ma ci fermeremo sotto i venti guest, salvo ripensarci in seguito. Oltre al senso del limite esiste anche un limite oggettivo. Nella home page c'è una lista intitolata "I nostri blog" in cui trovate i nomi dei blog, che comunque avete in buona parte individuato dalla lista dei nomi.
Cosa stiamo cercando di fare? Un diario comune in rete, con poche e chiare regole di funzionamento, che elenco commentandole brevemente:

Gli autori dei post sono guest quindi pubblicano direttamente, non passano attraverso l'admin. Questa è la regola più importante, che è integrata dalle due regole successive.

Data reale, quella del momento del caricamento da parte del guest. Quindi non sono possibili giochi sulla sequenza: quando il guest decide di pubblicare, pubblica.

Libertà di tema per ogni partecipante e ogni post. Tutti hanno ben presente che si tratta di un diario, ma un diario vuol dire tante cose: è l'incontro con una persona, è una passeggiata, è la lettura di un libro, è la preoccupazione per la scuola dei figli, è la recente manifestazione di Roma etc etc

Non si polemizza con i post altrui (magari si discute nei commenti) . Non ci sarà il post e il contro-post, ma neppure il che bello che bello sistematico.

Al massimo un post al giorno, non di più. Sembra una regola pleonastica, ma non si sa mai, meglio metterla. La regola vera (che non metterò) sarebbe: almeno un post alla settimana... E' chiaro che non scriviamo tutti i giorni, se però non siamo troppo saltuari (si può dire, troppo saltuari?) è meglio.

Post corti. Volevo mettere un limite di cinque o dieci righe, ma ho capito due cose, una che sotto le dieci righe facciamo fatica a starci, due che comunque l'orientamento verso una ragionevole brevità è condiviso da tutti.

Una sola immagine per post, altrimenti nessuna. Anche qui, ogni regola può avere la sua eccezione, il buon senso esiste ancora.

In questo modo ci sarà un diario comune, "Il diario in rete", e i diari dei singoli guest.

Una cosa che è implicita ma non va dimenticata: il guest può modificare direttamente un post già scritto sia come testo che come immagini.
Abbiamo fatto una prova sul campo man mano che i vari guest arrivavano: il primo post è stato caricato il 12 ottobre e nel momento in cui scrivo è il 28 ottobre e i post nel blog sono 48.

In Stanze all'aria non c'è solo il diario, c'è anche la biblioteca: libricini, libretti e libroni. Ad esempio, Roby ha già inserito un libricino di cinque post, eccolo: I cinque sensi, Giuliano ha inserito un librone diviso in due parti, di cui ecco la prima, di 30 post: Musica del Novecento, io sto inserendo un libretto di 17 post, e ne ho caricati finora 7: La Grande Bua.

Ci sono e ci saranno altri libretti e libroni, ma fermiamoci qui. Non vi tedio sulle piccole tecnicalità che abbiamo adottato per rendere gradevole e naturale la lettura, dico solo che il formato largo e la riduzione al minimo della linketterìa fanno sì che ci si stanchi di meno a leggere sul video. Il diario ha l'ordine a cui siamo abituati nei blog, l'ultimo post è in cima. I libricini, libretti, libroni hanno l'ordine a cui siamo abituati nei libri: l'ultima pagina è in fondo.
La possibilità di crearsi una biblioteca è aperta a tutti i guest, che autonomamente provvedono -se vogliono- a caricarsi loro testi con immagini scelte da loro, nel rispetto di alcune regole che nel caso della biblioteca sono esclusivamente tecniche. E' mia convinzione personale -posso benissimo sbagliare- che pian piano finiranno per farlo tutti o quasi. Sono convinto che la scrittura in rete abbia davanti a sé un ottimo futuro. Mi è bastato riflettere sulla esperienza ormai non brevissima qui e nel Nonblog di Habanera in cui sono guest: leggo regolarmente, ma soprattutto naturalmente (non è un dettaglio), tutto quello che è pubblicato dagli altri. Il multiblog è un teorema che ha in sé un corollario: tutti i giorni si è scrittori-lettori. Non in ottica di do ut des, ma perché è bello e naturale che sia così.

Basta per oggi, ci sarà tempo e modo. Un piccolo sfogo personale: d'accordo che "non c'è due senza tre", ma è anche vero che "tre è il numero perfetto". Adesso basta blog! Però è una esperienza che mi sta piacendo molto ed ho fiducia. Fiducia in chi? Nelle persone, so che la meritano.
Mi pongo una domanda: che cosa deve fare, qual è il mansionario dell'admin in un blog del genere? Naturalmente dopo il periodo iniziale in cui c'è da correre da tutte le parti. La mia risposta è che l'admin deve essere un guest come gli altri, per il 90% del tempo. Per il restante 10% deve svolgere un mestiere rispettabilissimo: il bidello acculturato. Ce n'è sempre una: lo spazio qui, l'etichetta là, il posizionamento delle immagini etc. E tout se tien, in questo mondo sublunare: ne "La grande magnata" che chiude il libro sui blog di Sabelli Fioretti, ho scritto, a proposito della fotografia stile gruppo scolastico: ...a lato, il bidellaccio di lungo corso, Casalini, camicia bianca di tela grossa, cravatta col nodone a scapino stile Breznev, grembiale rigatino, allegro per un suo business tollerato di libri usati e pennarelli nuovi... Parole evidentemente profetiche, sto benissimo, col grembiale rigatino.
Ho chiesto a Giuliano di scrivere anche lui un post sull'argomento, sicuramente scriverà delle cose diverse da quelle che ho detto io, e se scriverà anche Roby (e mi piacerebbe che scrivesse anche lei) ci metterà tutti e due in riga, lo sapete, come è fatta Roby.
Le due immagini di questo post sono le due immagini in alto e in basso nella home page di Stanze all'aria.

domenica 26 ottobre 2008

I triangoli nel cinema: Amici miei (2)

Amici miei di Mario Monicelli (1975) Sceneggiatura di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Pietro Germi Con Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Bernard Blier, Olga Karlatos, Silvia Dionisio, Milena Vukotic, Franca Tamantini, Angela Goodwin Musica di Carlo Rustichelli - però c'è anche il Verdi di bella figlia dell'amore (140 minuti) Rating IMDb: 8.3
Solimano
Alla fine della prima puntata abbiamo lasciato Rambaldo Melandri (Gastone Moschin) e Donatella Sassaroli (Olga Karlatos) innamorati e felici. Il loro è un Grande Amore e quindi non può nascondersi, ma uscire alla luce del sole. Quindi Rambaldo affronta a viso aperto il marito di Donatella, il Professor Sassaroli (Adolfo Celi) nel suo studio. Parrebbe una parte facile, l'amante amato e più giovane contro il marito tradito e più anziano, ma le cose non sono così semplici.
Anzitutto, perché andare nella tana del lupo? Proprio nel magnifico studio del Sassaroli, ricco di libri e di fiori e con una grande foto di Donatella che il Sassaroli ha davanti agli occhi. Certe partite sarebbe meglio giocarle in campo neutro.
Inoltre gli esperti di body language asseriscono che è il Sassaroli in posizione dominante: ha la schiena appoggiata allo schienale e il ditone imperativo, mentre Rambaldo ha un'aria afflitta, sembra che faccia un gesto di sconforto e che quasi si prosterni di fronte al Sassaroli. La schiena di Rambaldo è lontana dallo schienale.


Il Sassaroli ha fotografie dei familiari da tutte le parti, qui lo vediamo con una foto con le due figlie bambine. E' un uomo che soffre, mantenendo intatta l'autorevolezza maturata in decenni di ottima carriera come chirurgo. A lui somiglia un altro personaggio importante: il cane Birillo, animale forse generoso, ma sicuramente pieno di vigore e di appetito.
Il Sassaroli asserisce che chi si prende Donatella deve prendersi tutto il pacco: le due bambine, il pagamento delle scuole private e dei corsi di nuoto e di equitazione che figlie di ottima famiglia debbono seguire. La serva affezionata seguirà la sua padrona, anche il pappagallo in gabbia, tutto.


Rambaldo trascura gli amici Mascetti (Ugo Tognazzi), Necchi (Duilio Del Prete) e Perozzi (Philippe Noiret), che però riescono a vedere la partenza di Donatella, armi, bagagli e bambine, verso la nuova casa. Poi, nebbia fitta, con loro Rambaldo non si fa più sentire, salvo che una mattina presto il Perozzi, rientrando a casa dal suo lavoro al giornale, scorge Rambaldo che porta a spasso Birillo, anzi, Birillo che porta a spasso Rambaldo.



Finché in una sera invernale, mentre il Mascetti, il Perozzi e il Necchi sono intenti ad una partita a biliardo nel bar del Necchi, riappare Rambaldo. Il suo aspetto sgomenta, peggio perfino del Dottor Zivago nei momenti peggiori. Gli amici fingono di non aver capito che è ridotto come uno straccio e lo invitano a giocare a biliardo. Poveretto! Quasi non riesce a tenere in mano la stecca, scoppia in un pianto dirotto e racconta le sue traversìe: il Sassaroli è sempre per casa, si è fatto anche la serva, i soldi mancano perché Donatella non vuole che rinuncino ad uno stile di vita confacente: una situazione in cui, se non ti aiutano gli amici, chi ti aiuta? E Rambaldo li invita a cena per la sera dopo a casa sua. Vedremo l'aiuto che gli daranno gli amici.



Mentre Rambaldo si affatica in cucina, Mascetti, Necchi e Perozzi socializzano col Sassaroli e cantano insieme il bella figlia dell'amore dal Rigoletto di Giuseppe Verdi. Un fatto gravissimo, la cantavano sempre con Rambaldo, che ora si sente tagliato fuori.
A tavola, è ancora peggio: Rambaldo porta in tavola lo sformato che si sgonfia rapidamente, da cui critiche di Donatella e del Sassaroli, mentre quella serpe del Mascetti, facendo finta di prendere le parti di Rambaldo, dice: "Beh, per sformato è sformato!" Le bambine ci mettono del loro: non ascoltano i rimbrotti di Rambaldo mentre si azzittiscono appena il Sassaroli dice loro di tacere. Poi c'è la vexata quaestio delle sottocoppe di peltro che per Donatella sono indispensabili su ogni tavola che si rispetti. Infine è Donatella stessa che si sfoga e chiede a tutti dove è andato a finire l'uomo affascinante di cui si era innamorata. Il Sassaroli suborna la moglie, Rambaldo perde la testa e gli corre dietro armato con un coltello (però quello da pesce, che non taglia). Nemmeno il "Cippa Lippa" proferito dal Mascetti rasserena Rambaldo, ed è il Sassaroli a prendere in pugno la situazione, dicendo a Rambaldo che non è in grado di reggere una donna come Donatella, e che è meglio fuggire nella notte. "Ma io l'amo!" dice Rambaldo, al che il Sassaroli: " Anch'io ho sofferto, ho sofferto come un cane: per quasi tre quarti d'ora" e di Donatella dice di non preoccuparsi perché "bella com'è un altro bischero lo trova subito".

Gli amici, da quattro divenuti cinque, corrono nella notte alla stazione per prendere a schiaffi i viaggiatori di un treno che parte. E non finisce lì: l'altoparlante annuncia che un altro treno è in partenza e gli amici scendono felici nel sottopassaggio. Rambaldo, che ha certamente sofferto per più di tre quarti d'ora dice: " Ragazzi, come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi? ". Tableau, così finisce un Grande Amore.

Gli oggetti nel cinema: le scale

Roby
Abitando al primo piano senza ascensore di una palazzina datata 1926, le scale sono un elemento abituale della mia vita quotidiana. Scale pregevoli, tutto sommato, in pietra serena con ringhiera in ferro battuto e corrimano in legno (un po' tarlato, a dire il vero, ma lavorato finemente) : particolari artistici che contribuiscono a farmele odiare un po' meno, quando le salgo -con visibile fatica- carica dei sacchetti del supermercato, o quando, scendendole in fretta e furia -perennemente in ritardo quale sono- rischio talvolta di inciampare, arrivando giù di testa anziché di piede.
Componente scenografica importante anche nel cinema, la scala, sia esterna che interna. Chi non ricorda quella su cui si svolge la scena più drammatica e più famosa della Corazzata Potemkin, la Gradinata Richelieu a Odessa?




Completamente diverse le scale usate come coreografia da Ziegfeld nelle sue mitiche commedie a Brodway -riprese da tanti film anni '40- dove decine di boys in frac e di fanciulle piumate salgono e scendono con eterea leggerezza, seguendo il ritmo delle note (la scala musicale, appunto!). Ho sentito dire che il leggendario impresario esigeva per le sue ballerine biancheria intima di seta, fatta arrivare appositamente da Parigi e perciò costosissima: a chi gli chiedeva il perchè di tanto spreco, dato che la lingerie non si vedeva, rispondeva che comunque le ragazze sapevano di averla, e qindi si muovevano con più charme...



Sicuramente non era da meno l'abbigliamento di Wanda Osiris, la più famosa frequentatrice di scale e scaloni nel varietà teatrale di casa nostra. Insuperabile è rimasta la sua abilità nello scendere con grazia regale i gradini senza guardare a terra, ma fissando il pubblico negli occhi, e distribuendo contemporaneamente le sue celebri rose a gambo lungo. Intere generazioni di vallette e co-presentatrici sanremesi hanno tentato d'imitarla, con risultati in genere scarsi, collezionando capitomboli, slogature e solenni figuracce: tanto che ci si stupisce di come ancora gli scenografi del festival canoro s'incaponiscano a corredare di vertiginose scalinate il palcoscenico dell'Ariston.


Scale assai più inquietanti si ritrovano, oltre che nel finale di Viale del tramonto (del quale ho già parlato di recente qui) , anche in quello dell''Ereditiera, in cui Olivia De Havilland, implacabile, ascende ai piani superiori della sua tetra abitazione in Washington Square, lasciando il fedifrago Monty Clift a bussare e a gridare il suo nome, giù in strada. Bell' esempio di vendetta servita fredda, e per questo ancor più raggelante.



Mentre si presenta decisamente terrificante la Scala a chiocciola dell'omonimo film, complici il buio, la candela e la graziosa nonché incauta ragazza: tutti elementi che saranno poi ripresi in decine di pellicole successive, fino ai giorni nostri, dove giovani scriteriati passano il weekend in ville abbandonate, e sentendo strani rumori provenire dalla cantina cosa fanno? Chiamano forse la polizia? Certo che no: si avventurano là sotto, nel migliore dei casi con pila elettrica e pistola scacciacani, trovandosi d'improvviso a tu per tu con il sanguinario serial killer appena evaso, se non addirittura con una famiglia di zombies freschi di dissotterratura.





Meglio lasciar perdere e passare alla nostra cara indimenticabile Audrey, anche lei spesso appollaiata su scalini più o meno monumentali: dalla maestosa Trinità dei Monti in Vacanze romane alla romantica scala antincendio di Colazione da Tiffany, dall'alto della quale intona la dolcissima Moon river, sotto lo sguardo innamorato del bel George Peppard. Avevano forse in mente questa scena gli sceneggiatori di Pretty woman, quando hanno immaginato il funambolico finale di Gere che s'inerpica sulla scala di sicurezza per raggiungere la Roberts? Mah. Pare tuttavia che la location della scena, in quel di Hollywood, sia meta di pellegrinaggio da parte di fans sfegatati armati di macchina fotografica, tanto che in rete è possibile reperire diverse immagini dell'edificio (in verità assai bruttino).


Ed eccoci qua, al termine di questo excursus tra gradini e corrimano. Adesso, per tornare a casa e farci magari un thè o un panino imbottito, ci tocca risalire daccapo tutta la scala. Mannaggia, che seccatura: io, poi, con la mia lombaggine, ci metterò per lo meno un quarto d'ora! Uffa. Ma chi vedo mai laggiù, seria e impettita come sempre? Mary Poppins! Evviva, problema risolto: basta un poco di zucchero e il gioco è fatto, in trenta secondi, senza un filo di sudore e neppure un capello fuoriposto! Supercalifragilistichespiralidoso...