domenica 3 febbraio 2008

Gli animali nel cinema: mosca, topo, maialino

Solimano
Nel 1977, a Parigi. In un bellissimo caffè, uno dei più reputati di Parigi (dirò un'altra volta dove si trova), un vedovo cinquantenne, di nome Mathieu (Fernando Rey) sta parlando con un suo amico che fa il giudice (Julien Bertheau). Mathieu è molto ricco e sessualmente vivace; sta confidando all'amico un problema che l'ambascia: una giovane spagnola non ancora ventenne che si chiama Conchita (Carole Bouquet o Angela Molina a seconda dei vari momenti del film) lo sta facendo soffrire, perché lui la corteggia con insistenza, lei promette ma non mantiene mai, con una scusa o con l'altra. Mathieu è sull'orlo della ossessione, ha ricevuto diverse umiliazioni e giunge al punto di chiedere al giudice di darsi da fare, attraverso suoi amici, in modo che Conchita e sua madre vengano espulse dalla Francia e rimandate in Spagna (le due sono di Siviglia). Quand'ecco, succede una cosa del tutto inaspettata in un caffé del genere: trovano una mosca affogata nella coppa che contiene il Martini bianco. Mathieu la indica con sdegno, arriva il cameriere e porta via coppa, Martini e mosca.

Siamo sempre a Parigi. Mathieu, nei suoi andirivieni riguardo Conchita, ne ha trovata una che spera funzioni: farsi amica la madre (Ellen Baal). Sa che è molto religiosa e l'ha mandata a prendere dal suo cameriere (André Weber). La donna, al mattino, va sempre a messa alla Chapelle de l'Annonciation (Salle Jeanne d'Arc) e il cameriere l'aspetta in macchina sull'Avenue des Champs Elysées che è a poche decine di metri di distanza dalla chiesa. Poi il cameriere la conduce fino allo studio di Mathieu, che ha preparato la mazzetta dei soldi in una busta. Mathieu entra subito in argomento: è bene che Conchita non viva in quella specie di topaia in cui vive attualmente con la madre, ma in una casa scelta e pagata da Mathieu. Il discorso si avvia sui giusti binari: abbastanza sorprendentemente la madre accetta, ed il denaro è già nella sua borsa. Stanno chiacchierando piacevolmente, quando si sente un rumore breve e secco. Mathieu capisce di cosa si tratta e col campanello chiama il cameriere. La trappola ha funzionato! Il topo è stato catturato e il cameriere ne dice di tutti i colori al topo morto che non lo può più sentire.

Adesso siamo a Siviglia, la città di Conchita e della madre. Mathieu, pur avendo ottenuto dall'amico giudice l'espulsione di Conchita, non ce l'ha fatta a starne lontano, ed ora sta passeggiando con il cameriere nei pressi della Cattedrale. Li fermano due zingare: quella più giovane ha in braccio il fagotto contenente il bambino, l'altra, più anziana, è quella che legge la mano, e Mathieu si presta volentieri. Soddisfatto dalle buone informazioni che ha avuto sul suo futuro, vuol vedere come è bello il bambino, e la zingara glielo mostra. Non si tratta di un bambino ma di un maialino da latte. Mathieu è sorpreso e festante, il cameriere è invece aggrondato, come sempre.

P.S. Nel film, che è "Quell'oscuro oggetto del desiderio" (1977) di Luis Bunuel, ci sono anche dei cani. Ma non li posso mostrare perché li si sente solo abbaiare: lo fanno, sia a Parigi che a Siviglia, ogni volta che Conchita manda in bianco Mathieu, cioè diverse volte.
Che significato poi si annidi dietro i singoli animali del film è ancora in discussione fra critici e psicologi. La corrente di pensiero che prevale sostiene che Luis Bunuel, essendo un surrealista, non volesse attribuire alcun significato, ma metterli in quei momenti del film semplicemente perché gli piaceva metterli. Difatti, ci stanno bene, salvo che il topo e la mosca ci hanno rimesso la pelle... ma forse erano finti... Quel diavolaccio di Bunuel era capace di questo e d'altro!

2 commenti:

Giuliano ha detto...

Il bambino che è un maialino penso proprio che sia una citazione da Lewis Carroll, il capitolo "Pig and pepper" da "Alice nel Paese delle Meraviglie". Non conosco bene Bunuel, ma mi sento di dire con sicurezza che Alice l'ha letto e lo conosceva bene...

Solimano ha detto...

Giuliano, questo è l'ultimo film di Bunuel, che concluse alla grande a 77 anni. E' un film su cui tornerò spesso perché è molto ricco di spunti di ogni tipo espressi in modo sbalorditivo.
I tre piccoli espisodi degli animali possono sembrare trascurabili, si può anche discutere su che cosa volesse dire (o non dire), ma resta un fatto: che quando li vedi senti che sono appropriatissimi a quello che sta succedendo (il dialogo col giudice, l'intesa con al madre di Conchita, religiosissima ma ruffiana, la lettura della mano riguardo il futuro da parte della zingara). Insomma, non capisci niente, ma senti dentro che hai capito tutto. Ogni tanto, specie nel cinema, succede.

saludos
Solimano