lunedì 14 gennaio 2008

Parigi nel cinema: Un americano a Parigi (2)

Solimano
Ho già detto che "Un americano a Parigi" fu quasi del tutto girato negli studios della Metro a Culver City, California, quindi si potrebbe dire che la Parigi del film è una Parigi falsa -ma non è vero- oppure una Parigi inventata -neppure- una Parigi sognata -ecco! La Parigi che abbiamo sognato tutti andandoci per la prima volta, e tutti ci siamo tornati, perché il sogno poi riviveva nel ricordo di quella città grandiosa eppure quotidiana.
Le mansarde, anzitutto, che non erano posti sfiziosi per gente ricca e magari sbandata, erano il normale decoro di completamento degli edifici di tutti i quartieri di Parigi, ancor più dei quartieri in cui normalmente i turisti non andavano. Gene Kelly, pittore strapelato, si affaccia dalla finestra di una mansarda all'inizio della sua giornata.

Poi i mercati, che spesso più che mercati erano negozi che proseguivano per strada e che lì avevano l'esposizione migliore, sia i fioristi che i venditori di frutta e verdura. Davanti ad un fiorista, Gene Kelly sta concionando una torma di ragazzini che lo seguiranno poi, quando comincierà a ballare fra la frutta e la verdura, da dove saranno sparite le suore cappellone (dove saranno andate a finire? Io non le vedo più da anni).

I bistrot, con quei tavolini piccoli a cui non eravamo abituati, non sapevamo dove appoggiare i vari arredi turistici con cui andavamo in giro, come non conoscevamo il service non compris, che ci costò qualche reprimenda nei primi giorni, perché i camerieri -spesso non simpatici, va detto- alla loro percentuale ci tenevano. Gene Kelly coinvolge in un bistrot due signore un po' in età in un ballo scatenato, mentre alle sue spalle il suo rivale in amore -ma entrambi ignorano ancora la faccenda- sta parlando con il pianista. Più tardi, molto più contegnoso e acchittato -si capisce, è già innamorato- si siede ad un tavolino all'aperto di un altro bistrot, ha dovuto attendere un po' che arrivasse Leslie Caron, che era impegnata sull'altro fronte.


Poi le strade, che bastava andare fuori dagli itinerari più consueti per trovare delle strade tranquille: è probabile che la prima strada sia vera, girata dalla seconda troupe che fece delle riprese a Parigi in scene in cui non figuravano gli attori, che stavano tutti in California. Mentre la seconda immagine è una Parigi sognata: Gene Kelly ha appena saputo che domani Leslie Caron si sposerà con l'altro ed è solo e triste in una strada che sale forse verso Montmartre, ma fra un minuto irromperà dalla via laterale il gruppetto di militari un po' ciucchi, a dare inizio al grande balletto che dura circa venti minuti, e ci volle un mese per farlo tutto.


Andando su verso Montmartre, Gene Kelly ha il suo piccolo studio da pittore. A Montmartre andavamo tutti e giravamo in Place du Tertre e dintorni. Io -mi vergogno un po' a dirlo- mi feci fare il ritratto da un artista che sarà intanto diventato famosissimo. Dovetti posare per quasi un'ora, ero un soggetto che ispirava, evidentemente. Quei due mascalzoni dei miei amici si aggiravano appunto nella piazza, e ogni tanto si fermavano alle spalle dell'artista facendomi smorfie strane per dirmi o che non somigliavo o che il ritratto era brutto. Non è vero, ce l'ho ancora, arrotolato e nascosto nell'armadio, non ho avuto cuore di metterlo in cornice malgrado le insistenze dei familiari. Gene Kelly stamattina ha avuto una sorpresa: si è fermata una bella macchina verdona, e l'autista ha fatto scendere Nina Foch, una simpaticissima miliardaria americana con due divorzi alle spalle che si entusiasma dei quadri ma ancor più del pittore. I quadri che ha in mano Gene Kelly, Nina Foch vorrebbe comprarseli tutti.

Mancano due cose importanti di Parigi, mi spiace: le baguettes e i bouquinistes, perché non ho le immagini. Ma assicuro che le baguettes nel film compaiono più volte ed almeno una volta compare un bouquiniste - non avevano molto tempo per leggere, in quei giorni.
In apertura e chiusura metto due immagini in bianco e nero, sia perché le trovo ad ottima definizione sia perchè a volte è bello anche sognare in bianco e nero.

2 commenti:

Roby ha detto...

Sognare è bello in tutti i colori, compreso il bianco e il nero!!!! Ed in effetti, questa è proprio una Parigi "sognata". Finta no, non esattamente: idealizzata, onirica, "perfetta"... questo sì!

Ah, le mansarde, le mansarde di Parigi!!!

Ma tu ci sei mai stato, Solimano, in una mansarda parigina? E -se sì- com'è il panorama dei boulevards e dei lungosenna, visto da lì?

Roby

[:->>>]

Solimano ha detto...

Roby, sì che ci sono stato, e fin dalla prima volta. Ma non erano le mansarde di lusso che vennero di moda poi, erano posti spartani in cui spendere di meno.
Sono molto affezionato al quartiere di Passy, perché ci ho vissuti per un mese, ma i posti in cui vado subito sono Place de Vosges e dintorni e il Parco Monceau. Come musei, il Marmottan e quello di Cluny. Mi sta venendo voglia di partire...
Con Parigi al cinema siamo solo agli inizi, di film ce ne sono tanti, e non turistici, che son buoni tutti, il problema sono le immagini.

saludos y besos
Solimano