Ottavio
Si può scrivere di un film senza conoscerlo? Impresa piuttosto dura, direi (ma qualche volta i critici sono accusati di aver scritto una recensione senza aver visto il film, specie se la recensione è una stroncatura!). Ancora, può un film suscitare emozioni e stimolare l’immaginazione senza averlo visto? Altrettanto dura, penso, però…
In un paese minerario della Sardegna, a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, c’era un cinema. Era uno dei pochi passatempi per i minatori, i quali peraltro, essendo allora la settimana lavorativa di 48 ore, non avevano molto tempo per svagarsi. E allora la domenica, che fosse in programma I fioretti di San Francesco o Totò sceicco o uno dei film di Alberto Sordi, allora all’inizio della sua luminosa carriera, o, udite udite, Femmine folli di von Stroheim, il locale si riempiva di adulti e ragazzini fino all’ultimo sedile. Una specie di Cinema Paradiso in sedicesimo.
Le pareti della sala erano tappezzate di grandi locandine-manifesti su cui, durante le pause della proiezione, lo sguardo si posava per distrarsi. Ebbene, una di queste era particolarmente intrigante, e rappresentava in primo piano una languida Veronica Lake, con i lunghi capelli lisci e biondi; più indietro nella prospettiva c’era poi la tenebrosa figura di Alan Ladd, con classici cappello e trench alla Marlowe. Era la locandina de Il fuorilegge, banale traduzione di This gun for hire, titolo originale del film, quasi uguale al titolo del romanzo di Graham Greene da cui era stato tratto.
Quel manifesto, che ho osservato per anni, faceva intuire (nella mente di un bambino di 8 – 10 anni) un mondo misterioso fatto di spie, banditi, poliziotti e bellissime donne avventurose: non so dire quanto ci ho ricamato sopra: naturalmente in trame sempre inventate.
(Ahimé non sono riuscito a trovare “quel” manifesto in Internet: l’immagine all’inizio del post è solo la copertina del DVD oggi disponibile con il film e non rende quanto l’originale).
La trama vera l’ho scoperta più tardi.
Una grande industria americana fabbrica gas tossici e ne vende i segreti al Giappone. Il suo proprietario Brewster incarica, attraverso un losco intermediario, Gates, un ex dipendente, Raven (A. Ladd), killer solitario e nevrotico, di eliminare un uomo e la sua segretaria, in possesso di carte molto compromettenti. A missione compiuta , i mandanti decidono di disfarsi di lui e, dopo averlo pagato con banconote che risultano rubate lo denunciano alla polizia per furto.
Raven si rende presto conto di avere denaro che scotta e, benché costretto a fuggire, decide di vendicarsi. Nella sua fuga incontra casualmente Ellen (V. Lake), ufficialmente cantante in un night, in verità agente del controspionaggio e fidanzata di un poliziotto. Ellen, che lavora in un locale di Gates, è stata incaricata di indagare su di lui, sospettato di spionaggio a favore del Giappone. Durante l’incontro con Raven, in treno, la ragazza si commuove dinanzi a questa figura di uomo sfortunato e gli fa sentire per la prima volta un po’ di umanità. Ritenuta sua complice perché in sua compagnia, lo segue nella fuga. Ben presto scoprono di avere nemici in comune.
Inseguiti in una fabbrica deserta e in uno scalo ferroviario, i due giungono a un patto: lei lo aiuterà a mettersi in salvo se lui costringerà Gates e l'industriale Brewster a confessare la fornitura di armi chimiche al nemico. Introducendosi nella sede della compagnia durante una prova con le maschere antigas, Raven arriva fino all'ufficio del presidente e riesce a strappargli una confessione, prima di uccidere lui e Gates e restare ferito mortalmente in un successivo scontro a fuoco con la polizia.
Qualche decennio dopo le mie fantasticherie sul manifesto, infatti, la nostra TV ha offerto un buon remake del film con il giusto titolo Una pistola in vendita e interpretato da Ilaria Occhini e Corrado Pani. Ho potuto così rivisitare Il fuorilegge così come impostato da Graham Greene, con gli interpreti “originali” e senza varianti fantasiose.
Per la verità il film, rispetto al romanzo, ha subito alcune modifiche, imposte dal momento: nel 1942 la guerra col Giappone era già in corso (nel romanzo è solo una minaccia) e quindi era necessario mobilitare il senso patriottico degli spettatori. Così una cantante di night diventa agente segreta e un criminale si sacrifica per salvare il suo paese.
Malgrado questi aspetti di propaganda il film è un buon noir, o meglio, intuisco che lo sia. Ha tutti gli ingredienti per esserlo, una trama avvincente, un eroe dal passato tempestoso ma che si redime, dei cinici profittatori senza scrupoli, una donna fatale e, dulcis in fundo, girato in bianco e nero.
Il successo di questo film permise alla coppia Lake – Ladd di interpretare altri film di successo negli anni ’40, sempre sul filone noir. Evidentemente il clima dell’epoca era particolarmente adatto al tema, e Hollywood produceva in sintonia con l’umore del pubblico. Inevitabilmente col tempo il genere si è diradato.
L’ultimo noir con tutti i crismi che ho visto (escludo naturalmente quelli con pellicola a colori) è stato L’uomo che non c’era dei fratelli Coen, 2001. Peccato che fosse una parodia!
3 commenti:
Graham Greene è uno scrittore straordinario, da non confondersi con i soliti scrittori d'avvenura o di spionaggio.
Io farei leggere i suoi libri a scuola, perché si imparano più cose sulla storia recente leggendo Greene che facendo passare giornali e ascoltando commenti.
(in questo mi ricorda Ivo Andric, tutt'altro scrittore ma anche lui bello da leggere e con molte cose da insegnare).
Caro Ottavio, beato te che in Sardegna vedevi questi film... Qui da me, quando io avevo 13 anni, arrivava solo Lando Buzzanca!
saludos
Giuliano
Ottavio e Giuliano, ho fatto una piccola indagine sui film che sono stati tratti dai romanzi di Grahan Greene: sono 58 e anche escludendo quelli fatti per la TV (fra cui qualcosa di buono c'è sicuramente), sono oltre cinquanta. Sei o sette li ho visti e non sono mai rimasto deluso. Film fatti da registi spesso validi: Cukor, Reed, Mankiewicz, Ford, Dmytrick, Preminger, Glenville, Jordan. Anche come romanziere è tutt'altro che da sottovalutare: "Il nocciolo della questione" è uno dei più coinvolgenti romanzi che ho letto.
Questo film non l'ho visto, ma è alto il gradimento IMDb ed in proporzione altissimo il numero dei votanti. Ci sono degli alti e bassi molto strani, ma sono convinto che Graham Greene torneranno a leggerlo. Peccato non riuscire a trovare il poster originale, ci ho provato anch'io ma niente da fare, veramente uno bello l'avevo trovato, ma era in tedesco...
saludos
Solimano
Sono profondamente d'accordo sul fatto che la lettura dei romanzi di Graham Greene può essere più istruttiva di un libro di storia. "Un americano tranquillo" ad esempio spiega perfettamente il dramma degli americani in Vietnam!
Ottavio
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