venerdì 16 maggio 2008

Venezia nel cinema: Morte a Venezia (2)

Morte a Venezia, di Luchino Visconti (1971) Dal romanzo di Thomas Mann, Sceneggiatura di Luchino Visconti e Nicola Badalucco Con Dirk Bogarde, Romolo Valli, Mark Burns, Nora Ricci, Marisa Berenson, Carole André, Björn Andrésen, Silvana Mangano, Leslie French, Franco Fabrizi, Antonio Appicella, Sergio Garfagnoli, Dominique Darel, Masha Predit Musica: Adagietto dalla Sinfonia No.5 e Sehr Langsam Misterioso dalla Sinfonia No.3 di Gustav Mahler, inoltre musiche di Franz Lehár, Modest Mussorgsky (Ninna Nanna) e Ludwig van Beethoven Fotografia: Pasqualino De Santis Scenografia: Ferdinando Scarfiotti Costumi: Piero Tosi (130 minuti) Rating IMDb: 7.6
Solimano
La vacanza a Venezia del musicista Gustav von Aschenbach (Dirk Bogarde) sembrerebbe svolgersi sotto i migliori auspici: una città che ama e che conosce benissimo, l'albergo migliore, in cui è rispettato, uno stabilimento balneare a due passi, ben tenuto e frequentato.
Ma non è così, anzitutto perché Aschenbach ha un passato che lo sta facendo soffrire. Per il recente insuccesso in teatro della sua ultima sinfonia, per il lutto immedicabile della morte della figlia bambina, immedicabile per lui e per sua moglie (Marisa Berenson), per le discussioni col suo migliore amico, Alfred (Mark Burns), che lo accusa di essere su una strada artistica sbagliata perché purista e moralista, mentre nell'arte veramente grande è sempre presente il male. Infine, un malore serio, che è stata la causa diretta del suo viaggio a Venezia: il medico ha consigliato un periodo di riposo fuori dalla mischia. Andare a Venezia gli è sembrata la cosa più naturale.
Ci sono stati i piccoli ma sgradevoli episodi dell'arrivo: l'eccentrico vecchio sulla nave Esmeralda, che ha preso di mira coi suoi sberleffi proprio Aschenbach, e il gondoliere che non l'ha portato dove voleva lui. Ora ci si mette anche lo scirocco: il caldo umido in quei giorni è soffocante, quasi impedisce di respirare.



Al Grand Hotel des Bains c'è una famiglia polacca: madre (Silvana Mangano), governante (Nora Ricci) e alcuni figli piccoli salvo un adolescente, Tadzio (Björn Andrésen) da cui Aschenbach rimane colpito, pur non avendo mai l'opportunità di parlargli. Guarda Tadzio e basta, in albergo e sulla spiaggia. Poi si mette a seguire la famiglia polacca, in realtà segue Tadzio da cui è affascinato. Camminano infatti in gruppo per le calli ed i campielli di Venezia. All'inizio però, come fanno quasi tutti, vanno in Piazza San Marco, molto meno affollata di oggi.


Proprio seguendo Tadzio, a volte troppo da vicino, sicuramente il ragazzo l'ha notato e forse anche la governante, Aschenbach si accorge del manifesto attaccato su un muro. Nel manifesto il Comune raccomanda ai cittadini l'igiene e la pulizia della città, fornisce alcune disposizioni riguardanti l'acqua, il cibo e la spazzatura e minaccia pene severe per chi non ci si attiene. Cosa sta succedendo a Venezia? C'è forse il rischio di una epidemia? Aschenbach ne parla col direttore dell'albergo (Romolo Valli) che gli risponde che non c'è nessun rischio, il manifesto è solo un atto burocratico che hanno già fatto. Ma Aschenbach trova il manifesto anche da altre parti...



Il pedinamento di Aschenbach, che sta diventando una quotidiana ossessione, è certamente stato notato dalla famiglia polacca, che ha un atteggiamento tranquillo: sanno che c'è quest'uomo che li segue e decidono che il modo migliore è ignorare il fatto. Salvo Tadzio, che ha capito che Aschenbach segue lui e che fa in modo di accertarsi che continui a seguirlo senza però fare nessun cenno di riscontro. I polacchi evidentemente amano molto la Venezia meno conosciuta e forse più bella: piccoli ponti, canali secondari, campielli.


Aschenbach è in una situazione di forte disagio. Una cosa del genere, un ostinato pedinamento come questo, una ossessione amorosa di tipo omofilo, non credeva facessero parte della sua personalità. Allora prende a pretesto alcuni inconvenienti alberghieri per anticipare il suo ritorno a Monaco, ma un disguido nella consegna dei bagagli gli impedisce di prendere il treno su cui aveva prenotato il viaggio. Quindi rimane a Venezia, e si capisce che è contento di non essere partito, malgrado tutto.
Continua a notare delle stranezze grottesche e tragiche: ha visto un uomo cadere svenuto in un ufficio pubblico, ma quando si è avvicinato ha capito che l'uomo non era svenuto ma morente. Ora ce n'è un'altra: uomini che girano per Venezia versando un liquido bianco, che presumibilmente è calce viva. Certamente è una pratica radicale di disinfezione. Cosa succede a Venezia?
In un campiello dove hanno appena proceduto alla disinfezione (la calce si vede vicino alla vera da pozzo), Aschenbach chiede che cosa stiano facendo all'ambulante nella piazza, che certamente ha visto tutto. Il venditore ambulante non gli risponde neppure, fa finta di continuare a leggere il giornale.

Aschenbach si allontana dal campiello, per fare l'unica cosa che ormai gli interessa: continuare a seguire Tadzio.
(continua)