Vier Minuten, di Chris Kraus (2006) Sceneggiatura di Chris Kraus Con Monica Bleibtreu, Hannah Herzsprung, Sven Pippig, Richy Müller, Jasmin Tabatabai, Stefan Kurt, Vadim Glowna, Nadja Uhl, Peter Davor, Edita Malovcic, Kathrin Kestler, Christian Koerner, Amber Bongard, Dieter Moor Musica: Annette Focks Fotografia: Judith Kaufmann (112 minuti) Rating IMDb: 7.4
Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce
“Un carcere. Due donne. Tre esami. Quattro minuti, per suonare finalmente la musica della propria anima”. Questo in sintesi il contenuto del film.
Quattro minuti si apre con la scena di uno stormo di rondini che vola libero nel cielo sorvolando le mura del carcere femminile di Luckau. In mezzo alle alte mura di cemento e ai cancelli di questo austero luogo fa ingresso un pianoforte insieme all’ottantenne signorina Traude Kruger.
La signorina Kruger dalla fine della guerra, da circa cinquanta anni, ogni mattina arriva puntuale nel carcere femminile di questa piccola città tedesca per insegnare pianoforte alle poche detenute interessate. Il corso rischia di essere chiuso per mancanza di adesioni, ma la determinazione della donna con l'appoggio solidale dell'agente Mutze (Sven Pippig) convincono il direttore del carcere ad una revoca.
Il film si muove intorno alla storia di due personaggi: Una è Traude Krüger (Monica Bleibtreu), insegnante di piano con gli occhi e il cuore al periodo della Germania nazista dove ha seppellito ricordi traumatici che hanno segnato tuta la sua vita; l’altra è Jenny von Loeben (Hannah Herzsprung), giovane condannata per omicidio e ritenuta estremamente pericolosa, una bambina prodigio che si esibiva in grandi sale da concerto.
Traude è una donna all'antica, autoritaria, severa, taciturna, chiusa in un rigore ottocentesco. Jenny è una ragazza di vent'anni ribelle, insofferente verso ogni regola, spesso aggressiva e violenta.
Nonostante il temperamento aggressivo di Jenny, l'insegnante ottiene il permesso di istruirla per farla partecipare al concorso per giovani talenti "Gioventù musicale", con la scusa di rafforzare la reputazione pubblica del carcere e, soprattutto, di migliorare l'immagine del direttore Meyerbeer.
Le due donne sono due personaggi apparentemente incapaci di sentimenti e di rapporti veri con gli altri. “Non mi interessa lei come persona, ma come musicista" ripete più volte Traude all’allieva Jenny, quasi a sottolineare qualsiasi mancanza di interesse umano nei confronti della ragazza.
Chris Kraus, aiutato in questo dalla straordinaria prova delle due attrici (la misurata e intensissima Bleibtreu e la brava Hertzsprung), smonta pian piano la distanza tra le due, che si svelano e si incontrano fino a trovare un’intesa profonda e commovente: poche le azioni e tanti gli sguardi, profondamente carichi di significato... una relazione sempre precaria, tesa su un filo sottile sempre in pericolo di spezzarsi.
La costruzione di questo sottilissimo gioco psicologico dapprima alimenta la complicità tra le due, fino alla riuscitissima scena delle fuga (Hannah che scompare improvvisamente dietro il pianoforte), si trasforma poi nel finale ad effetto in una pura reciproca immedesimazione.
Unite da un comune tormento interiore per il dolore di ferite profonde inferte da un passato violento, entrambe si esprimono con la musica: la signorina Traude attraverso l'inflessibile classicismo di Schumann, Jenny attraverso l'irrequietezza sonora dell'hip hop che ha assimilato dalla cultura "urbana".
I poetici quattro minuti dell'esibizione di Jenny sono l'incontro di questi mondi. La ragazza rielabora la musica dei classici con la musica hip hop, usando il pianoforte a modo suo, battendo i tasti a mani aperte, usando con rabbia e sentimento le corde e il legno, muovendosi con una furia creativa e trascinante che provoca nel pubblico una entusiastica ovazione.
Un'esibizione siglata da un commovente inchino in perfetto stile ottocentesco in omaggio alla donna che le ha offerto l'occasione di un riscatto.
Intensa e straordinaria la colonna sonora (Annette Focks) che contribuisce a dare spessore drammatico sia nei momenti di cruda violenza che nei momenti più struggenti e lirici.
Dopo il bellissimo “Le vite degli altri”, che ha vinto davvero meritatamente l’Oscar per il miglior film straniero, “Quattro minuti”, di Chris Kraus è un altro film tedesco intenso ed emozionante.
Il regista è un ex giornalista e per questo film si è ispirato alla storia vera di un'anziana signora che aveva insegnato per 60 anni in una prigione di Berlino. Kraus ha lavorato per più di otto anni, tra alti e bassi, per sviluppare la sceneggiatura prima di vedere proiettato il film all'anteprima mondiale allo Shanghai International Film Festival nel 2006. Il film ha ricevuto numerosi premi in Germania e si è imposto anche all'attenzione di vari festival internazionali.
giovedì 29 maggio 2008
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3 commenti:
L'unica cosa che so di Chris Kraus è che è stato scelto da Claudio Abbado per la regia del Fidelio (di Beethoven), quest'anno.
Come biglietto da visita mi basta e avanza, ma adesso aggiungo anche questo di Giulia.
Ho avuto per molti anni l'esperienza dell'ascolto diretto della musica nel suo farsi, quindi non la registrazione, ma l'interprete ed il pubblico. Non di rado, in funzione dellla qualità della musica eseguita, dell'interprete e del pubblico (che è molto importante) si crea una situazione unica, che definirei di spossessamento, non più io, ma Sé, per dirla con Jung.
Eppure è una esperienza che specie per l'interprete è a rischio: in genere pagano questa possibilità che gli si apre, con traversìe personali difficili. Ne intuivo il motivo quando sentivo la lunghezza dei pochissimi secondi che passavano fra l'ultima nota e il partire degli applausi del pubblico. E' difficile, tornare a terra. Poi, può darsi benissimo che la vita artistica vada da una parte e la vita morale da un'altra. Ci sono in noi delle facoltà non misteriose (occhio a chi tira in ballo i misteri!) ma non ancora ben conosciute e quindi difficili da maneggiare e da controllare.
grazie Giulia e saludos
Solimano
Grazie a voi... Giulia
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