Solimano
I tre episodi principali del film Totò a colori esistevano già, ben prima che si pensasse al film. Negli "Esistenzialisti a Capri" si lisciava il pelo alla tradizionale assenza di cultura e più generalmente di antimodernità del pubblico che frequentava il teatro leggero, la rivista o l'avanspettacolo. Venivano messi alla berlina i ricchi nullafacenti che si davano delle arie con i libri, la musica e i quadri, tutta roba proveniente dall'estero, specie dalla Francia. Mentre si girava alla larga dai neo ricchi del commercio e dell'industria (magari nati col mercato nero), che il difetto di leggere non ce l'avevano, badavano a far soldi senza farsi problemi, specialmente al teatro o al cinema. Quindi, nell'operazione c'era qualcosa di bieco, un residuo della Italietta fascista (esiste ancor oggi, fra l'altro...). Ma la ricchezza di talenti (anche a prescindere da Totò) era tale che fa ridere ancora persino lo sketch su Picasso (con sputo finale nell'occhio del critico-pittore).
Per l'episodio del vagone letto, l'atteggiamento fu ambiguo: prendersela con l'onorevole Cosimo Trombetta sì, ma purché non si pensasse che ce la si prendeva veramente con i politici. Certe cose a teatro si facevano, al cinema no. Difatti l' episodio inizialmente in teatro durava pochi minuti, ma in teatro Totò lo reggeva per quasi un'ora: le aggiunte successive erano nate quasi sempre in scena. In teatro, la conclusione era diversa: l'onorevole Cosimo Trombetta era costretto a scendere dal treno, così Totò restava solo a spassarsela con la signora bella e misteriosa (Isa Barzizza). Nel film non succede così: sia l'Onorevole Cosimo Trombetta (Mario Castellani) che il Maestro Antonio Scannagatti (Totò) rimangono scornati, e la signora se ne va dopo averli privati dei portafogli.
La segretaria di Tiscordi col matitone rosso lunghissimo, il foulard bicolore e in fondo il vaso di vetro con le rose.
Poi il crollo dell'editore, che si era arrampicato sulla scaletta in attesa che Totò (scambiato per un infermiere) gli facesse l'iniezione. Eccolo in mutande, accanto alla libreria, circondato dai suoi libri, che si riconoscono tutti uno per uno, compresa la copertina verde di un libro della Medusa Mondadori.
Pochi minuti dopo, i quattro in azione: il Maestro Scannagatti (Totò) con la valigia sagomata probabilmente sulla forma di uno strumento musicale (un bombardino?), il tenore balbuziente (Vittorio Caprioli) con la corona in testa, il regista sovietico (Alberto Bonucci), e il minaccioso cognato (Rocco D'Assunta).
Non solo. Così raccontò il giornalista Giorgio Berti:
«Per girare un film a colori bisogna che ci sia il sole, ma il cielo di Roma continuava impassibile a rimanere tutto coperto. Una notte Totò decise di far più tardi del solito, al night club. Ogni tanto mandava un cameriere a controllare il tempo e il cameriere ritornava annunciando invariabilmente "Pioviggina, principe". E Totò tranquillo: il giorno dopo non si sarebbe girato e avrebbe potuto farsi un bel sonnellino sino al tardo pomeriggio. Quando Totò arrivò alla sua nuova casa dei Parioli erano già le sette del mattino. Per scrupolo diede un'ultima occhiata al cielo: tutto coperto. Allora, per essere più sicuro di dormire sodo prese due pastiglie di sonnifero. Mezz'ora dopo il sole squarciava il velo di nubi, tre quarti d'ora dopo mezzo cielo era sgombro e il telefono in casa di Totò trillava: la macchina era pronta per venirlo a prendere e portarlo agli stabilimenti di posa. Fortunatarnente, quella mattina si giravano le scene della banda sulla piazza del paese, e la musica assordante degli ottoni riuscì a tener sveglio l'assonatissimo principe. Quando all'una, finalmente, ordinarono lo "stop", Totò dormiva già beato su una seggiola. Lo portarono a casa di peso, ancora vestito da capobanda, col pennacchio multicolore sul mento volitivo».
Alberto Anile: I film di Totò (1946-1967). La maschera tradita, Le Mani, Genova, 1998
E Steno ha ragione, non è autoassolutorio, quando dice che "Totò aveva una personalità talmente strana e talmente personale che qualsiasi regista doveva per forza subirne i limiti. Limiti nel senso che era un grande attore: allora se tu avevi in mente un'inquadratura particolare e se lui non capiva quel movimento, non se lo sentiva, quella inquadratura non la potevi fare".
Chiudo il post con una immagine che va vista ampliata. Probabilmente non fa parte del film, ma è una foto di scena: l'Onorevole Cosimo Trombetta crede di carezzare la Signora bella e misteriosa, ma sta carezzando la guancia del Maestro Antonio Scannagatti.

2 commenti:
Bellissimo questo Totò a colori. Basterebbero i nomi, Trombetta è un vero capolavoro, per un onorevole.
WE grazie, davvero un sentito grazie, Solimano, per averci ricordato il Totò-burattino; a suo tempo mi fece ridere fino alle lacrime, lui era davvero unico e bravissimo, di certo.
Elena, mi è spiaciuto non riuscire ad avere due immagini:
-quella di Franca Valeri (l'esistenzialista ricca) che beve lo champagne nella scarpa col tacco. Lo fa con stile snob, tenendo alto il mignolino.
-quella di Totò che, man mano che l'onorevole Trombetta gli passa le valigie, le butta una dopo l'altra dal finestrino.
Ma sono contento soprattutto per l'immagine dell'editore Tiscordi (Luigi Pavese), che (in mutande) è sommerso dai suoi libri.
Mi piacerebbe che qualche Biblioteca Pubblica ne facesse una gigantografia da mettere all'ingresso della sala di lettura più seriosa.
E sono anche contento di avere l'immagine dei bambini che ridono a vedere Totò burattino, proprio come facevamo noi.
grazie Elena e saludos
Solimano
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