domenica 5 aprile 2009

I modi di vedere: Totò a colori (1)

Totò a colori, di Steno (1952) Storia e Sceneggiatura di Michele Galdieri, Totò, Steno, Mario Monicelli, Agenore Incrocci, Furio Scarpelli Con Totò, Mario Castellani, Virgilio Riento, Luigi Pavese, Galeazzo Benti, Isa Barzizza, Rocco D'Assunta, Franca Valeri, Fulvia Franco, Anna Vita, Alberto Bonucci, Armando Migliari, Vittorio Caprioli, Bruno Corelli, Guglielmo Inglese, Michele Malaspina, Carlo Mazzarella, Lilli Cerasoli, Rosita Pisano, Primarosa Battistella Musica: Felice Montagnini Fotografia: Tonino Delli Colli Costumi: Giulio Coltellacci (104 minuti) Rating IMDb: 8.2

Solimano

Mi rendo conto che inserire nella vista logica I modi di vedere il film Totò a colori (1952) di Steno può far storcere il naso ai cinefili. Herzog e Bertolucci, Godard e Fellini, Polanski e Olmi, già presenti in questa vista logica, sembrano lì per smentirmi. Non mi sono mai dichiarato cinefilo, ma spettatore appassionato, e su questo film è in corso da tempo una giusta rivalutazione. I nomi di Tonino Delli Colli per la fotografia e di Giulio Coltellacci per i costumi attestano l'impegno che ci fu per il primo film a colori girato in Italia. Ci furono notevoli traversìe, anche se la Ferrania, per promuovere il suo sistema Ferraniacolor, mise a disposizione tecnici e studi e pagò il costo della pellicola. Il risultato visivo è singolare: furbo/ingenuo, fortunato/fortunoso, a suo modo geniale. Colori vivacissimi, continuamente a rischio di kitsch (chissà come si chiamava allora un rischio del genere), però una schietta gioia per gli occhi.


Così succede fin dall'inizio del film, con l'abbigliamento della serva di casa Scannagatti (Primarosa Battistella), la famiglia di cui fa parte Antonio Scannagatti (Totò). Quel verde del vestito e quel rosso del grembiule non si dimenticano, come non si dimentica il verde del foulard di Totò, intento a tradurre in note musicali sul pianoforte il canto degli uccelli del mattino.


La coppia Poldo (Galeazzo Benti) e Poppy (Fulvia Franco) compare per la prima volta su un tappeto con un gioco strano, come se fossero costruzioni per adulti. Poldo triplica il rosso: cravatta, fiore, calzini e Poppy gioca la carta della chioma ramata, a cui si aggiunge la camicetta di un verde sgargiante. Poldo ha l'arma segreta del gilet multicolore. Potrebbero andare in giro con la scritta ATTENZIONE, PITTURA FRESCA.


A Capri, la Signora degli Esistenzialisti è la ricca Giulia Sofia (Franca Valeri), ripresa dall'alto fra una oggettistica fatta di rotocalchi a colori e di pedanine che oggi chiameremmo cuscini, mentre l'amica Patrizia (Lilli Cerasoli) preferisce le varie tonalità del beige, compresa la pipa che sta fumando. Compare anche il rosso tenue sulle labbra (allora tutte le donne usavano il rossetto). I capelli castani, la pedanina (un po' rosso vinaccia, utilizzata come cuscino). Perfino il mobiletto col giradischi è di un marroncino laccato e brillante.



La giacca verde del fidanzato di Giulia Sofia (Carlo Mazzarella), i guanti, la collanina e gli occhiali di Poppy, l'argenteo vestito della serva di Maria Giulia (la serva serve, soprattutto se è bona, serve, eccome! ) confermano che i colori sono stati appena inventati, come se in natura non esistessero, ed è esagerato ma gradevole l'entusiasmo con cui vengono usati.




Nell'episodio del vagone letto, sembra che tutto ritorni normale come in un mondo di colori timidi. Non è così: i due contendenti, cioè Antonio Scannagatti e l'onorevole Cosimo Trombetta (Mario Castellani) sono vestiti -con molta proprietà- con grigi di sfumature diverse. Inoltre si nota, (fra un tentato starnuto e l'altro) che lo Scannagatti, sotto la giacca, indossa un gilet audacissimo, a palle rosse su fondo rosa. L'azione si svolge nello scompartimento del vagone letto che in origine aveva legno scuro, tendente all'ebano, che fu sostituito col legno chiaro che appare e che non è mai esistito nei vagoni letto. Tutto l'animato dialogo fra Antonio Scannagatti e Cosimo Trombetta andrebbe riportato, mi contento di due piccole frasi:

Sono uomo di mondo: ho fatto tre anni di militare a Cuneo…

Io tocco, ma lei perché mi fa il ritocco?

e di un breve dialogo:

E basta perbacco, ha capito, stia a posto con le mani! Ogni limite ha una pazienza, lo sa lei o non lo sa?
Cosa?
Si informi se non lo sa.
Oh ma sentite, ma ha una faccia tosta terribile!
Io ho?… Io ho? Parli come badi sa! Non offenda, oh...

Finché arriva il momento in cui nello scompartimento del vagone letto entra (con i colori -rosso e nero- della notte che si avvicina) la signora bella e misteriosa (Isa Barzizza) ma questo delicato argomento sarà affrontato nel prossimo post...
(continua)

1 commento:

Giuliano ha detto...

Devo dire che ogni volta mi sorprende ritrovare questo ferrovecchio della polemica fra i film di Totò e i film “impegnati”. E’ una storia che era già vecchia quando io ho iniziato ad andare al cinema, negli anni ’70, e che da allora vale solo come alibi per i figli di Steno e per i comici che non fanno ridere. Ho sempre guardato con molto piacere i film di Totò, di Walter Chiari, di Macario, di Carlo Campanini; ho rischiato seriamente di morire dal ridere con Stan Laurel e Oliver Hardy, con i Fratelli Marx, con Charlot e Buster Keaton, eccetera. Su questo blog ci sono le mie dediche personali a Bud Spencer, ad Aldo Giovanni & Giacomo, a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, altri omaggi li avrei qui pronti.
Il punto è questo: cosa dire, di Totò, oltre al fatto che è grandissimo e che si consiglia a tutti di vederlo? Cosa dire, in un post, di Aldo Giovanni e Giacomo? Che gli vogliamo bene, e di continuare così che vanno benone. A capire Totò ci si arriva da soli.
Invece i film di Herzog, di Antonioni, di Tarkovskij, di Zavattini e di De Sica (De Sica Vittorio), di Kiarostami, di Fellini, meritano di fermarsi e di pensarci sopra un po’. La scommessa di questo blog, almeno nelle mie intenzioni, era appunto questa: riuscire a farsi leggere parlando di cose non banali. Ma io di questo blog sono stato solo un ospite, e ha fatto bene Solimano a ricordarmelo in questi giorni.
Concludo ricordando che di Steno, di Mario Mattoli, di Camillo Mastrocinque, e di altri ancora, io ho sempre parlato benissimo. Per i curiosi, usando il motore interno di ricerca (in alto a sinistra su questo blog) si potranno facilmente ritrovare i miei commenti su questi magnifici professionisti, che non sono stati rimpiazzati dalle generazioni seguenti, e dei quali si sente molto la mancanza.