lunedì 20 aprile 2009

Gran Torino


Un film di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her, Christopher Carley, Austin Douglas Smith, John Carroll Lynch, William Hill, Chee Thao, Choua Kue, Brooke Chia Thao, Scott Eastwood, Xia Soua Chang, Cory Hardrict, Geraldine Hughes, Brian Howe, Brian Haley, Dreama Walker, Nana Gbewonyo, John Antony, Doua Moua, Sarah Neubauer, Lee Mong Vang. Genere Azione, colore 116 minuti. - Produzione USA 2008. Rating IMDb: 8.4/10

Giulia

Film dopo film, Clint Eastwood tocca tematiche sempre più scottanti e con leggerezza e semplicità scava in modo profondo nei sentimenti più umani e veri.
Il protagonista è un vecchio reduce della guerra di Corea, di carattere burbero e stizzoso.
E' un uomo che vuole solo una cosa: essere lasciato tranquillo. Vive in difesa: difende la sua vita, i suoi valori, si difende dalle intrusioni. Vive come arroccato in una casetta dei sobborghi multietnici di Detroit in cui si fronteggiano temibili gang. Un uomo impenetrabile che usa un eloquio essenziale, duro se necessario con un solo intento: tenere lontano la gente che non ama. Un uomo, però, che ha conservato dentro di sè un profondo senso della morale e della giustizia.
Gli è appena morta la moglie e lo vediamo ai suoi funerali. Ci sono i figli, i nipoti che guarda con antipatia con cui non ha nulla da condividere se non il legame di sangue.


Non gli piace la nipote con la pancia fuori come sono le ragazzine d'oggi che non sa rapportarsi a lui e il cui unico interesse sarebbe avere la sua tanto amata e curata macchina. Tutta la sua famiglia, figli compresi, vivono di quei valori fasulli tipici del consumismo che lui non capisce e neanche vuole capire. A loro non nasconde la propria disapprovazione e insofferenza.


Chiude letteralmente la porta in faccia anche al giovane prete che viene a trovarlo perchè sua moglie gli ha detto di vigilare su di lui. "Perchè non va a pascolare le altre sue pecore?" Così lo liquida e pretende di essere chiamato da lui Mister Kowalski e non con il suo semplice nome Walt.


Walt Kowalski è di origine polacca, come gli piace ripetere. Nel quartiere di Detroit dove vive ci sono gli italiani, gli irlandesi, i messicani, i neri. Ci sono anche "i musi gialli" o come li chiama senza mezzi termine "topi di fogna". Sono tutti cittadini americani, ma vivono chiusi nella loro comunità cercando di mantenere integre le loro abitudini ed usanze. Non ama neanche loro e il suo atteggiamento razzista è esplicito.

Walt Kowalski ha passato decenni alla catena di montaggio. È stato operaio ed è ancora orgoglioso del suo lavoro e di avere montato macchine che ancora ama: a quella che ha in garage, una Ford Gran Torino, ha montato il volante. "La Gran Torino rappresenta il suo orgoglio e la sua gioia," spiega Eastwood. "Walt in un certo senso è la Gran Torino. Non ci fa nulla con questa macchina se non lasciarla ferma in garage. Ma ogni tanto la scopre e la lucida. Walt con un bicchiere di birra e di fronte alla sua macchina: in questa fase della sua vita è la cosa migliore che gli rimane."
Ma si sente anche vecchio e sconfitto. Attorno a lui ha visto cambiare tutto, dai prati di fronte alle case, alle facce di chi le abita. Ogni giorno si sente costretto a difendere il proprio territorio e lo fa con accanimento e tenacia. Se ne sta seduto davanti alla casa con la sua lattina di birra e tenendo sempre a portata di mano il suo fucile, quello con cui ha combattuto nella guerra in Corea.


Ma uno dei problemi che sente maggiormente è il cattivo rapporto con i suoi figli con cui sembra non avere nulla in comune e che non vedono l'ora di rinchiuderlo in un bell'istituto per vecchi.
Glielo vanno a proporre poco giorni dopo la morte della moglie suo figlio e la nuora proprio il giorno del suo compleanno.

Proposta che accoglie con un ringhio e cacciandoli tutte due di casa.


A Walt piace andare al bar a far quattro chiacchiere con i suoi amici e anche lì sarà raggiunto suo malgrado dal parroco che sembra non voler desistere dalla sua missione. Il sacerdote gli chiede di parlare con lui. Questa volta accetta e discorrerano della morte e della vita.
Walt gli chiede cosa ne sa lui, e con sarcasmo gli dice: "Lei sa soltanto quello ha imparato in seminario. La morte è amara e dolce, amara nella salvazione, dolce nella salvazione... è patetico...
Io ci ho vissuto per tre anni con la morte, uccidevamo, passavamo i nemici per la baionetta, massacravamo dei diciassetteni a colpi di badile, cose che non riuscirò mai a dimenticare, cose disumane, ma con cui riesco a vivere
".
Il padre lo ascolta, ma poi conclude: "Forse lei sa più cose sulla morte che sulla vita" e Walt risponde "può darsi...". Aggiungerà in seguito che la cosa che tormenta di più un uomo non è quello che gli hanno ordinato di fare, ma quello che non gli hanno ordinato.

I suoi vicini di casa sono una famiglia di vietnamiti Hmong che si allearono agli americani e alla loro resa vennero uccisi o scapparono. A cambiare la sua vita sarà il figlio più piccolo di sedici anni Thao, che vive, unico maschio, con la nonna, la mamma e una sorella più grande, Sue. E' goffo e insicuro in quanto è circondato da tutte quelle donne che sono dominanti nella famiglia. E' alla ricerca di un modello di riferimento e lo troverà in Walt
Sarà proprio la sorella, Sue, ad avvicinare il vecchio scorbutico alla sua gente.



Thao ama curare le piante del giardino ma la banda del cugino lo provoca continuamente inseguendolo anche per strada per costringerlo ad unirsi a loro. Sono bande di ragazzi nate perchè non sono riuscite ad integrarsi veramente. Fanno dell'appartenenza al gruppo e della violenza la loro identità.



La vita di Walt cambia il giorno in cui Thao cederà alle minacce del cugino Spider e si introdurrà nel suo garage per rubare la Gran Torino. Walt lo scopre, lo lascia andare ma affronterà con il suo fucile i membri della gang che avevano sconfinato nella sua proprietà. La banda, impaurita, se la dà a gambe.



Otterrà, così, la riconoscenza della sua famiglia e il giorno dopo vedrà tutti i vicini deporre sulla sua scala d'ingresso mazzi di fiori e portargli piatti prelibati. Seccato e un po' in imbarazzo chiede ai due fratelli che gli portano delle piantine perchè non lo lasciano in pace. Sue gli spiega che tutti gli portano dei doni perchè ha salvato Thao e che lo ritengono un eroe e che Thao è lì per chiedergli scusa per aver tentato di rubargli l'auto.


La vita di Walt continua, va dal suo amico barbiere italiano e tornando a casa questa volta incontrerà una banda di ragazzi neri che se la prendono con la sorella di Thao.

Scende dal furgone e chiede ai ragazzi: "Avete mai fatto caso che qualche volta si incontra qualcuno che non va fatto incazzare. - Sputa per terra e continua - Beh quel qualcuno sono io".
Tira fuori la mano all'interno della giacca come se avesse una pistola...



Poi ne tira fuori una vera e mette anche questi in fuga.



Sue, grata, lo invita ad uun barbecue nella sua casa e stranamente Walt accetta. La ragazza sa prenderlo, scherza con lui. Quando fa battute un po' razziste, non si offende, sorride e lo tratta con affetto. Walt, anche se non vorrebbe darlo a vedere, prova simpatia per lei, perchè è una ragazza autentica e sincera. La segue: per quel giorno si sente di andare "a mangiare con estranei". I primi momenti sono d'imbarazzo. Lo guardano, fanno commenti nella loro lingua che la ragazza gli traduce, spiegandogli cosa deve o non deve fare tra la sua gente. Trova stupide molte cose, ma accetta le spiegazioni: "siete un popolo di matti" dice, ma rimane a mangiare e non sembra trovarsi poi così male. Alla fine conclude che sta meglio con quei musi gialli che con quei "depravati" della sua famiglia.

Sue lo chiama a socializzare e scendono dove trovano i più giovani. Vede Thao e comincia a chiamarlo schernendolo "Tardo". Thao è solo e non sembra divertirsi mentre gli altri chiacchierano e sentono musica. Lo rimprovera per essere troppo imbranato, di non darsi da fare con la ragazza che gli piacee a cui, è sicuro, piace anche lui. Poi se ne va: "Ti saluto panna smontata" e il suo tono è sprezzante.



Il giorno dopo la mamma e la sorella gli portano Thao: deve lavorare per lui per aver tentato di rubargli la macchina. Con il ragazzo inizierà un rapporto che con l'andare del tempo diventerà sempre più profondo: riuscirà con lui ad essere quel padre che non è riuscito ad essere con i suoi figli, anche perchè Thao ha ancora dei sentimenti, è un ragazzo puro e buono pronto ad accettare quello che l'uomo sa insegnargli.


Lo porterà nel suo grande magazzino. Il ragazzo è molto incuriosito, si interessa ad ogni attrezzo che vede e gli fa molte domande. Dietro la guida di Walt impara a lavorare a darsi da fare.


Walt gli vuole anche insegnare a parlare come i veri uomini. Lo porta dal suo amico barbiere e gli fa sentire come si trattano l'uno con l'altro, poi dice al ragazzo di imitarli con risultati davvero divertenti. L'ironia sarà una costante di tutto il film che sa farci sorridere.


Lo porterà poi da un suo amico e Thao comincerà a lavorare nel campo edile.


Walt ormai si è avvicinato a Sue e Thao e li ha presi sotto la sua protezione. Si vede che impara a voler bene a quei ragazzi e che loro vogliono bene a lui. Semplicemente si prendono cura gli uni degli altri.
Quando però la banda aggredirà Thao e violenterà Sue, la tentazione di usare il suo fucile è forte.


Il riscatto per due ragazzi puri ed onesti in quel quartiere sembra impossibile e la rabbia di Walt è tanta. Thao gli chiede di aiutarlo a vendicarsi, ma lui chiede tempo per pensare. Riluttante il ragazzo lo lascerà solo.


Quando tornerà da lui, Walt gli regalerà la medaglia che si era guadagnato in Corea. Il ragazzo gli chiede: “Quanti uomini hai ucciso?” “Tredici, forse di più”. “Cosa si prova ad uccidere?” “E’ meglio che non lo provi” e lo chiude a chiave in cantina perchè capisce che il ragazzo è intenzionato a fare giustizia alla sorella.


E' a questa esperienza che vuole sottrarlo. Ha visto troppe vite spezzate nella guerra in Corea, ha visto troppo sangue correre e sa che violenza genera violenza, genera solo la morte. Non vuole che i suoi giovani amici debbano vivere in quella logica, vuole lasciargli qualcosa che li aiuti a vivere davvero. Desidera che possano vivere una vita normale e che si sottraggano a quel destino di perdenti.
Sa di essere malato e di non avere molto da vivere e vuole fare qualcosa della sua morte, per dare anche significato alla sua vita, vuole fare qualcosa per quei ragazzi che sia qualcosa di buono.

Andrà dai ragazzi della banda, non userà violenza, il fucile lo lascerà a casa questa volta e, alla fine, qualcun altro tornerà a guidare la Gran Torino del ’72.

Clint Eastwood sa dire nella più grande semplicità cose importanti. Sa toccare i problemi che la gente che vive ai margini si trova ad affrontare tutti i giorni con una grande sensibilità senza ideologie, senza schemi fissi. Parla della vita e della morte e soprattutto del senso di responsabilità che ogni individuo dovrebbe avere nei confronti di chi incontra nella vita. Rifugge dalla retorica, cerca ciò che è essenziale e autentico.
In questo film parla del rapporto padre-figli, di cosa si porta dietro uno che ha fatto la guerra, della religione, ma soprattutto parla dei problemi che si vivono in certi quartieri lasciati a se stessi dove vige la legge del più forte, della prepotenza e della sopraffazione. Parla di un uomo che anche da vecchio impara a cambiare e lo fa proprio nell'incontro con dei giovani così diversi da lui. Tante piccole cose che fanno di questo film un gran film.

“Del film – dice il regista - mi piaceva l'idea che non è mai troppo tardi per imparare, crescere, capire. E ricevere una sorta di illuminazione".
“Quello che mi ha affascinato del copione, il modo in cui progredisce dall'intolleranza alla solidarietà. Walt è uno che all'inizio insulta tutti, come spesso fanno quelli della sua generazione, apostrofa i vicini immigrati, che non conosce nemmeno, con pesanti affermazioni razziste, non riesce a trattenersi, fino a quando diventa il loro più strenuo difensore. Non è un uomo politicamente corretto, ma ha una sua sensibilità, e lo diventa. Allo stesso tempo penso che il "politicamente corretto" stia andando troppo oltre, la gente perde il senso dell'umorismo. Mia moglie è un misto di tutto - messicana, giapponese, nera, irlandese - e io la prendo sempre in giro su tutte le sue particolarità etniche e ci divertiamo. Ma forse non ci piacerebbe se lo facesse qualcun altro".

Gran Torino è il primo film importante che descrive personaggi della comunità degli Hmong - una tribù etnica di 18 clan sparpagliati tra le colline del Laos, del Vietnam, della Tailandia e di altre parti dell'Asia - emigrati negli gli Stati Uniti a seguito del loro coinvolgimento nella Guerra del Vietnam.

Gli attori sono scelti proprio nella comunità e nessuno di loro aveva mai fatto l'attore. Per trovarli e sceglierli "siamo andati nei luoghi frequentati dagli Hmong" ricorda il consulente culturale: "Siamo andati alla celebrazioni per la Festa del Papà. Siamo andati ai loro eventi religiosi" e hanno fatto centinaia di provini.
Quando Eastwood ha scelto il sedicenne Bee Vang di St. Paul per il ruolo centrale di Thao, il ragazzo è caduto in ginocchio e si è messo a piangere.
"Sono cresciuto con i suoi film, sia quelli western che quelli di altro genere, come 'Ispettore Callaghan' - racconta - ma non avrei mai immaginato che un giorno avrei incontrato quest'uomo, e poi è successo. Mr. Eastwood è una persona molto piacevole, un uomo umile. Ho adorato ogni minuto di lavoro con lui e con il resto della troupe"
Ahney Her è stata scelta tra centinaia di ragazze e anche lei dice del regista: "Ti fa sentire a tuo agio e non è il tipo che ti dice parola per parola quello che devi fare. Vuole che ognuno si esprima nel modo che ritiene più giusto, ma se pensa che per qualche motivo non vada bene, lo dice. E' un uomo fantastico ed è stato stupendo lavorare con lui".


Chee Thao, la donna di 61 anni che interpreta la nonna di famiglia, è nata nel Laos ed ora vive a St. Paul. La Thao ha tarscorso molto tempo a parlare con l'attore/regista mentre sua nipote le faceva da traduttrice. Avendo vissuto un passato tragico, ha messo anima e cuore nella sua performance. Ha detto che non avrebbe avuto problemi a calarsi in questa parte in quante era proprio lei stessa.

7 commenti:

Solimano ha detto...

Ho conosciuto bene un reduce di guerra, che era stato in Russia con l'ARMIR, durante la seconda guerra mondiale. Lavorava come capo tecnico alle Officine Ferroviarie di Verona. Non parlava mai della sua esperienza, e tante cose me le raccontarono altri, perché era conosciuto: gli avevano dato la Medaglia d'Argento perché da Capitano (era ufficiale di complemento), aveva salvato il suo reparto accerchiato a Nikolaevska.
Era tutt'altro che barbogio, aveva carisma anche sul lavoro. Cominciammo a frequentarci, sempre per lavoro, e un giorno gli chiesi quando sarebbe andato alla prossima riunione di reduci. Mi disse: "Non ci sono mai andato, né mai ci andrò. Io la guerra l'ho fatta, so com'è, questi sono quelli delle retrovie che fanno le rimpatriate. La guerra non si festeggia, si ricorda dentro, se ci si riesce". Anni dopo, ricordando quello che mi aveva detto, compresi perché gli uomini politici israeliani più coraggiosi sul fronte della pacificazione con gli arabi, erano ex militari che avevano combattuto davvero (Rabin, Barak).

Sul razzismo negli Stati Uniti abbiamo spesso opinioni sbaglate. Io ho toccato con mano una cosa: che nella multinazionale c'erano degli assegnement internazionali che duravano alcuni anni e in cui i dipendenti erano seguiti dalle famiglie. L'unico paese in cui c'era un serio problema erano proporio gli Stati Uniti. E il problema era che i figli adolescenti non volevano tornare in Italia, ma restare lì. Cosa che non succedeva a quelli che andavano in Francia, in Germania, in Inghilterra. Negli Stati Uniti tutto viene fuori, nel bene e nel male, e lo si affronta, in Europa no. Svantaggi e vantaggi, anche a livello film.

grazie Giulia e saludos
Solimano

annarita ha detto...

Un'ottima recensione per un ottimo film. Non ho mai amato particolarmente Clint Eastwood quando era solo davanti alla macchina da presa, probabilmente perché i western e i polizieschi non sono proprio i generi di film che amo, ma da quando è passato alla regia, ci ha regalato film veramente toccanti. Sono ancora emozionata, se penso a Million dollar baby e questo Gran Torino ha l'essenzialità e la forza della realtà che assurge a emblema. Bellissimo e molto partecipato (è brutto, ma rende l'idea) dal pubblico in sala. Complimenti per la presentazione appassionata e un bacione, Annarita.

giulia ha detto...

Solimano davvero interessante la testimonianza di quel reduce. Quello che mi piace di Clint Eastwood è che racconta cose vere senza ideologismi fasulli di cui ci riempiamo solo la bocca. Concordo con quanto dici degli USA.
Annarita, anch'io non amavo Clint Eastwood attore, ma come regista ci ha dato davvero dei bei film, semplici, ma intensi e molto umani.
Un bacione anche a te

Barbara Cerquetti ha detto...

Non riesco ancora a capire se mi piace Clint Eastwood, oppure no.
Cioè: ho apprezzato parecchio "Gli spietati" e mi sono commossa con "Million dollar baby", e mi sono divertita parecchio con "Space Cow boys" ma devo confessare che con "Mezzanotte nel giardino del bene e del male" quasi mi addormentavo, e il tanto osannato "Mistic River" l'ho trovato sciocco.
Adesso questo Gran Torino, da come ne parli, cara Giulia, sembra proprio bello. Temo un po' per il finale (che giustamente non sveli)ma forse ne vale la pena...

giulia ha detto...

Non so se dire che questo film è bello. Esito molto quando devo dare un giudizio che vada al di là di "mi è piaciuto". Forse a te potrebbe non piacere perchè in un film come in un libro io cerco qualcosa che magari a te non dice nulla. Lo sguardo cambia a seconda di cosa cerchiamo.
A volte riconosco che un film o un libro sono dei capolavori, ma ugualmente non riescono a piacermi, le mie corde insomma non vibrano.
Questo film di Clint Eastwood mi è piaciuto per le cose che ho detto.
Prova a vederlo anche tu e magari sarà interessante capire cosa ti piace e cosa no. E' anche questo un modo per conoscersi.

Silvia ha detto...

Clint è sempre piaciuto ai maschi della mia vita. Tutti ad identificarsi nel duro dagli occhi di ghiaccio che non dice una parola perchè per lui parla la bocca di fuoco. Sempre uguale, espressione una, di tralice e possibilmente col sigaro in bocca. La trilogia di Leone però mi piace da matti, ma più per le musiche uniche al mondo.
Insomma ha sempre fatto generi a me poco congeniali.
Poi con I Ponti di Madison County con una splendida Meryl, il mio sguardo sul ragazzo ha cambiato angolazione, anche perchè se non altro in quel film ha smesso di sibilare su morti ammazzati e tenta di NON parlare d'amore:) Commovente e asciutto in Million dollar baby, dove la sua straordinaria fisicità continua ad essere gessata malgrado faccia l'allenatore di box. E' un tocco di legno per me quest'uomo.
Ma ne riconosco le grandi doti, forse non interpretative, preferisco di gran lunga il mio grande amore Al Pacino, ma come regista, autore, produttore e musicista. Perchè suona, anche.
Per cui guarderò volentieri Gran Torino, perchè ora Clint mi piace, anche se fuma il sigaro e porta il cappello.

Paolo Ferrario ha detto...

lho visto e"sentito" così:
http://amalteo.splinder.com/post/20366461/Gran+Torino+di+Clint+Eastwood%2C

grazie per questa ben pià strutturata analisi stilistica