martedì 15 aprile 2008

Walter Veltroni al cinema (2)

Solimano
Walter Veltroni è un appassionato di cinema, lo sappiamo tutti. Ho già inserito tre sue brevi recensioni alcuni mesi fa e oggi ne inserisco altre tre. Le trovo, come le prime tre, un po' troppo politicamente corrette, forse non molto profonde, però schiette ed oneste testimonianze di un politico che ama il cinema e che per una conoscenza maggiore ha fatto molto: personalmente ho diverse decine delle videocassette che uscirono abbinate all'Unità.
Il perché le inserisco oggi è evidente: Walter Veltroni ha fatto il possibile in una situazione che lui sapeva per primo essere compromessa. Non ce la poteva fare, ma non ha lasciato nulla di intentato per farcela, e si è speso con generosità ed intelligenza.
Le immagini non riguardano i film di cui scrive Veltroni, ma il film Palombella rossa (1989) di Nanni Moretti, un'altra persona che stimo ed ammiro ed a cui devo una delle più belle giornate della mia vita: La Festa di Protesta a Piazza San Giovanni, il 14 settembre 2002. Io c'ero, e scrissi sull'emozione di quel giorno un brano che di giri nella rete ne fece tanti (persino su Dagospia!): "Una Woodstook della democrazia". Da qualche parte c'è ancora. Poi, si misero tutti a fare l'esatto contrario di quello che sarebbe stato necessario. Vabbè, i fatti hanno la testa dura.
Le racensioni di Walter Veltroni sono pubblicate nel libro "Certi piccoli amori". Dizionario sentimentale di film, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1994. Le ho trovate nel sito Mymovies che è fra i nostri consigliati.

Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci
Questo film è una temperatura delle tinte, delle atmosfere. È un magnifico affresco su quel tempo particolare di una società che è la crisi di un regime. Gramsci scriveva nei Quaderni del carcere: dell’emergere, nel crepuscolo delle dittature, di «fenomeni morbosi» che attraversano non solo il corpo sociale collettivo, ma anche la coscienza degli individui. Il conformista è uno dei rari casi di film più affascinanti del romanzo che li ha generati. Qui, attraverso il personaggio di Jean-Louis Trintignant, un assassino che non lo è ma lo diventa, un viscido opportunista, disposto a vendere gli affetti più cari, si entra in quella temperatura della storia in cui i sentimenti, i valori, l’etica non contano più nulla. Il film, come i migliori di Bertolucci, è segnato da un colore delle immagini, voluto da Storaro, che assomiglia all’autunno. Autunno delle ragioni dell’esistenza travolte nel grande disordine in cui le gerarchie vengono rifatte e al primo posto, improvvisamente, c’è la salvaguardia della propria vita. L’atmosfera è quella rarefatta e letteraria del grande romanzo italiano. Bertolucci girerà lo splendido Strategia del ragno, e quel capolavoro che, per me, è Novecento. Il fascismo gli appariva fine e inizio. Fine di un incubo, inizio di una speranza. Un grande film. Da non dimenticare, specie oggi.

Sette spose per sette fratelli (1954) di Stanley Donen
Un filmone, di quelli che danno, alla fine, la piacevole sensazione di un’abbuffata È un musical, un western, una storia d’amore. Ci sono sette fratelli montanari che vivono in piena solitudine. Poi arriva una ragazza, in quella casa di maschi tra i monti dell’Oregon. E comincia così l’educazione dei sette riottosi misogini. Ricorda nulla, tutto questo? Proviamo a trasformare i sette montanari in sette piccoli uomini da miniera e proviamo a dare un nome alla ragazza, che so, Biancaneve. In più c’è anche un rapimento concordato di sei fanciulle di paese, forse dette «le sabine ». Serve altro? Se sì, c’è. Per esempio una trasformazione del westem in un genere privo di violenza, né indiani, né pistoleros, né banditi. O, ancora, l’uso del ballo nella versione fisico-acrobatica. La danza cinematografica si allontana dalla leggerezza leggiadra di Fred Astaire e si avvicina a una disciplina olimpica, tutta forza atletica. Quei salti in montagna danno così una sensazione di freschezza e di libertà. Come un tempo perduto, forse mai esistito.

Cabaret (1972) di Bob Fosse
Guardare Cabaret, oggi, può essere utile, molto utile. Può far intendere il male oscuro che corrode una società che porta se stessa verso la guerra. Cabaret è un musical scuro come una notte che viene. Forse il più bel musical degli ultimi anni, ma anche il più cupo, il più carico del senso di una tragedia collettiva imminente. Bob Fosse si ripeterà, qualche anno dopo, in All that jazz, un apologo musicale sulla vita e la morte. Altrettanto inquietante nel raccontare una tragedia individuale. Si potranno trovare, rivedendo Cabaret, molti piccoli frammenti di analogie storiche con il presente. Quella canzone, Money money, è stata più volte citata per raccontare la disperata ingordigia di questo decennio dissennato. E il film di Fosse racconta della Germania grande e potente convinta di sé, sicura di sé. Si può guardare Cabaret pensando che sia un incubo. Sperando che sia un incubo.

6 commenti:

Giuliano ha detto...

Comunque vadano le cose, viva Veltroni: adesso il compito è difficile, bisogna tenere in piedi la cultura - enon solo quella di sinistra. Vedo male Radiotre, per esempio: già era stata conciata male nel 2001, chissà cosa le faranno oggi Mr.Spot e i suoi seguaci.
L'operazione del PD andava fatta due anni fa, peccato. Peccato anche per quel che rimaneva del vecchio PCI, spazzato via per colpi di dirigenti incapaci...

mazapegul ha detto...

Bertolucci ha parlato di un'Italia (un'Europa?) "anestetizzata" e mi pare che abbia ragione. Le ragioni della sconfitta di Veltroni stanno anche (non solo) lì.
In corriera incontro sempre più spesso dei ragazzi che, per tutta l'ora del percorso, si sparano nelle orecchie musica ad altissimo volume dai loro ipod: una fuga dal rumore, dalla chiacchera, dal proprio pensiero (da tutto ciò che, nel bene e nel male, non è prodotto preconfezionato ed esperienza sensoriale commercialmente certificata).

Solimano ha detto...

Giuliano, la cultura può essere tenuta in piedi in tanti modi, non solo per TV. Parliamo di quello che si può fare in rete, dove si potrebbe fare molto di più se si uscisse dallo sterile individualismo blogghiere essenzialmente basato sulla commentaggine e non sulla conversazione empatica, anche quando è dialettica. Ma sono parole al vento: prima devono sgrugnarsi e stancarsi, poi si vede. Noi proseguiamo tranquilli, tanto il ritorno vero lo vediamo ogni giorno, e poi ci piace.
Nicola, per una volta, non
sono d'accordo con te. I giovani hanno votato abbastanza il PD, ed a parte questo, la prima cosa da sistemare siamo noi. Ti racconto un piccolo episodio. Un mese dopo la nostra partenza una persona stimabile di Monza fece un blog politico. Io, che ero entusiasta dell'approccio multiblog, gli dissi che la cosa migliore era che convincesse quattro amici di Monza a fare il blog con lui. Siccome è uno cortese, fece finta di ascoltarmi ma sentivo il suo pensiero segreto: "Questo è matto!" Adesso, dopo un anno, fa festa il giorno che ha venti visite, ed ogni tanto manda una circolare email per ricordare ad un po' di gente che ha il blog. Personalmente è una persona valida, colta, stimata etc etc ma ti rendi conto? Specie se si fa politica un gruppo è essenziale.
Ma gli esempi sarebbero tanti...
Sai qual è il punto, Nicola? E' l'incapacità di guardare il problema da un altro punto di vista, ad esempio: con quante persone che votano dall'altra parte ho parlato nell'ultimo mese? Se glielo dici dicono che sono cose da agit prop, ma di agit ne vedo assai poco, salvo all'interno, che è solo perdita di tempo.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Solimano dice molte cose giuste.
Il problema è che gli altri non vogliono ascoltare, il povero Prodi è stato martellato scientificamente per due anni, gli si contestano perfino le decisioni che non ha preso lui (quelle della UE relative al calibro dei limoni, per esempio: "La Padania" e "Libero" gli hanno dedicato un'enciclopedia, e la gente si bea a leggere queste cose).
A voler essere positivi, oggi le cose sono un po' cambiate rispetto a dieci anni fa: c'è Sky, c'è Internet con i blog, qualcosa si muove.
Ma Sky è di Murdoch, il digitale terrestre è figlio della legge Gasparri (qualcuno ha mai contato quanti canali tv ha adesso Mediaset? Io sì, sono arrivato a dieci senza contare i prestanome).
Quanto a internet, se prende davvero piede prima o poi una leggina arriverà anche qui, sull'esempio cinese.

Solimano ha detto...

Giuliano, per me occorre distinguere quello che le persone dicono da quello che le persone sono nella vita quotidiana. Ne conosco tanti che dicono (e magari pensano) cacchiate e che si comportano bene nella vita di ogni giorno, anche nei rapporti con le altre persone. Come ne conosco che fanno discorsi sublimisti magari anche bene aggettivati, ma che non valgono un soldo di cacio sul piano dei rapporti personali. La politica non è onnicomprensiva, per fortuna, anche se tanti politici vorrebbero che la fosse. La politica è un corollario, non è il teorema.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

E comunque sia, un vivo complimento a Mariella Valentini, ovunque ella sia: spero che prima o poi mi legga...
(complimento come attrice e anche per tutto il resto)