lunedì 3 marzo 2008

Lontano da lei

Away From Her, di Sarah Polley (2007) Dal racconto di Alice Munro "L'orso attraversò la montagna", Sceneggiatura di Sarah Polley Con Julie Christie, Gordon Pinsent, Olympia Dukakis, Michael Murphy, Kristen Thomson, Wendy Crewson Musica: Jonathan Goldsmith Fotografia: Luc Montpellier; Montaggio: David Wharnsby; Scenografia: Kathleen Climie; Costumi: Debra Hanson (110 minuti) Rating IMDb: 7.8

Gabrilu sul suo blog NonSoloProust
Dopo cena, lui lava i piatti, lei ripone le stoviglie. Ha in mano una padella, la guarda perplessa, poi assurdamente invece che in un armadietto della cucina la mette in frigorifero.

Fiona (Julie Christie) e suo marito Grant (Gordon Pinsent), professore in pensione, sono una coppia canadese inseparabile, stanno assieme da quarantaquattro anni. Improvvisamente, Fiona si rende conto che, nonostante tutti i suoi sforzi, sta perdendo la memoria. Una visita specialistica le conferma di essere malata di Alzheimer. Fiona legge libri, si documenta sulla sua malattia e su quello che le succederà.

E' ancora abbastanza lucida da decidere di farsi ricoverare in una casa di cura. Prima che la situazione vada assolutamente fuori controllo, e nonostante sia ancora relativamente giovane, e nonostante il marito sia contrario.

Una regola ferrea impone ai pazienti appena arrivati di non avere, per i primi trenta giorni, alcun contatto con i loro familiari.

Lontano da lei (titolo originale Away from her) della giovane regista canadese Sarah Polley racconta questo distacco e gli effetti che provoca nella relazione nella coppia: è la prima volta infatti che Fiona e il marito si trovano separati per un tempo così lungo.

Mi fermo qui nel raccontare la trama, anche se questo non è certo un film basato sull'intreccio e sui colpi di scena.

I suoi punti di forza stanno nei caratteri, nelle sfumature dei sentimenti, nella rarefazione di certe atmosfere che trovano l'ambientazione ideale nell'inverno e nelle nevi del Canada, terra della regista Sarah Polley e dell'autrice del racconto da cui Away from her è tratto.

Away from her è basato infatti su un racconto breve della grande scrittrice canadese Alice Munro intitolato The Bear Came Over the mountain ("L'orso attraversò la montagna") che, secondo quanto leggo in una nota della traduttrice Susanna Basso nel volume Einaudi Nemico, amico, amante... di cui avevo scritto qui, è il verso iniziale di una famosa filastrocca infantile.

All'inizio del film, in cui la voce fuori campo di Grant (Pinsent) descrive una scena della giovinezza sua e di Fiona, il testo della Munro è ripetuto assai fedelmente. Quasi parola per parola.

Julie Christie interpreta qui, a sessantasei anni, un ruolo bellissimo ed intenso e lo fa in modo splendido: è tenera e ironica, dolente ed affettuosa; una recitazione in cui le emozioni sono espresse tutte con impercettibili movimenti del volto e con quei suoi ancora oggi bellissimi occhi azzurri.

Era candidata all'Oscar 2008 come migliore attrice protagonista, premio che poi è stato assegnato a Marion Cotillard per la sua interpretazione di Edith Piaf in La Môme.

Nella parte del marito Grant c'è, accanto alla Christie il poco noto ma bravissimo Gordon Pinsent.

Un tema terrificante come l'Alzheimer, difficilissimo da approcciare, viene trattato da Sarah Polley con grande sensibilità, grazia, forza espressiva e compostezza. Niente scene madri e nessuna concessione allo strappalacrime per parlare della malattia, della perdita della memoria e dei sacrifici che un amore solido e duraturo impone di affrontare.

Il film era candidato all'Oscar per la migliore sceneggiatura basata su materiale non originale, premio poi vinto da No country for old men (Non è un paese per vecchi) dei fratelli Cohen, tratto dal romanzo di Corman McCarthy.

Sarah Polley è una regista molto giovane. Nata a Toronto nel 1979, è canadese come Alice Munro, ha al suo attivo l'interpretazione di parecchi ruoli come attrice, molto apprezzati dalla critica. Con Away from her è alla sua prima regia di un lungometraggio dopo alcune esperienze di corti.
Nelle note biografiche che la riguardano si legge anche che la sua vita personale è stata profondamente segnata dalla morte della madre Diane per cancro quando Sarah aveva circa undici anni.

Sarah Polley

Alice Munro

4 commenti:

Giuliano ha detto...

Sarah Polley l'ho vista da bambina nel Munchhausen di Terry Gilliam, in un ruolo da protagonista; poi a vent'anni in due bei film di Atom Egoyan , Exotica e Il dolce domani, due ruoli drammatici e molto profondi.
Non la conosco di persona, ma a giudicare dalle sue scelte penso proprio che Sarah Polley sia più intelligente della media delle attrici...

Solimano ha detto...

Il problema dell'Alzheimer l'ho dovuto affrontare, e meno male che nei due casi ci sono state due bravissime badanti, una ucraina ed una moldava, fra l'altro colte, perché una cosa che non tutti sanno è che la situazione che si era creata in quei paesi ha portato ad una emigrazione alla ricerca di lavoro di donne sui quaranta/cinquanta che facevano le maestre o attività del genere e che vedevano come unica possibilità decorosa quella di fare le badanti. La moldava così manteneva il figlio ventenne che studiava a Parigi.
E' importante che si parli di queste cose e che ci si facciano dei film, perché il punto è questo: non è detto che si sia vivi ancora un quarto d'ora prima di morire come La Palisse, ci sono delle volte che da un certo punto di vista non si è più vivi tre anni prima di morire. Il problema è della persona malata, ma è anche di chi ama la persona malata, l'ama come era e com'è, e si patisce, a vedere com'è, anche quando si è definito il problema della quotidianità, che non è comunque uno scherzo. La soluzione, possibile ma difficile, è mantenere viva in sé la persona com'era (cosa possibile, perché il ricordo è un fatto, non il pensiero su un fatto) e accettare pienamente la persona com'è.
Personalmente, mi auguro di fare come La Palisse, ma andrà come andrà.

grazie, Gabrilu
Solimano

gabrilu ha detto...

Tre cose:
La prima: L'anno scorso a maggio mentre ero in Francia sono stata invitata assieme ad un ventina di altre persone in casa di una signora molto nota nell'ambiente dei proustofili ma di cui non faccio il nome per ovvi motivi. Ad un certo punto è arrivata una signora dell'età più o meno della Fiona del film. Molto bella per la sua età, vestita in maniera molto elegante ma sobria. Si capiva che era molto amica della padrona di casa. Tra le due si svolge questo dialogo, ascoltato da tutti:
-- Allora, ci sei andata?
-- Si
-- E che cosa ti ha detto?
-- Che è così. Ho l'Alzheimer. Ancora al primissimo stadio, ma è sicuro.
..... La conversazione tra loro è continuata. Ma potete immaginare il clima che si è creato in quel salotto.
E potete immaginare che quando ho letto prima il racconto della Munro ed ora ho visto il film della Polley ho pensato immediatamente a quella signora. La situazione era identica a quella di Fiona.

Seconda cosa: da poco ho scoperto che Annie Girardot (giusto per rimanere nell'ambito cinematografico) è ormai da qualche anno malata di Alzheimer. Ho letto una lunga e molto toccante intervista rilasciata dalla figlia in cui veniva descritto come Annie Girardot abbia scoperto piano piano (come Fiona) di essere malata etc.
E ancora più recentemente ho scoperto che Monica Vitti non si vede più in giro da anni perchè anche lei malata di A.

Terza cosa: il film Polley-Christie-Munro è davvero molto, molto bello.
Certo, tratta un tema molto doloroso e non è stato facile, per me, vederlo.
Ma non ci può sempre divertire, nemmeno al cinema.
Io questo film lo farei proprio vedere a tutti.

Mi scuso per la lunghezza.
(Quasi dimenticavo: grazie come sempre per l'ospitalità)

Roby ha detto...

Gabrilu e Solimano, prima di dirvi quanto mi sia piaciuto il post, vorrei raccontarvi -in una conversazione fra amici, proprio come quella di cui parla Gabrilu- che fra nonne, babbo e zia io ho, in famiglia, ben 4 casi accertati di Alzheimer o altra simile demenza senile. Inutile aggiungere che la possibilità di incorrere nella stessa malattia -benchè i geriatri consultati in materia siano dubbiosi sulla sua ereditarietà- mi pare per me notevole: nel caso, vorrei tanto avere lo stesso atteggiamento di Fiona e di quella signora francese. Anche perchè, avendo seguito per tre anni l'evolversi della demenza paterna, ed avendo rischiato a causa di essa sia la salute psico-fisica, sia l'armonia del matrimonio, preferirei anch'io la soluzione lapalissiana. Ma si sa, non possiamo scegliere in anticipo... Comunque, fra una decina d'anni, farò qualche esamino medico ad hoc. Fino ad allora, cercherò il più possibile di comunicare con il mondo esterno e col mio prossimo, sapendo per esperienza indiretta quanto sia tremendo non poterlo più fare.

Baciotti

Roby