Oci ciornie, di Nikita Michalkov (1987) Liberamente ispirato ad alcuni racconti di Anton Cechov: "La signora col cagnolino", "Una moglie", "L'anniversario", "Anna al collo" Sceneggiatura di Aleksandr Adabashyan, Nikita Michalkov, Suso Cecchi D'Amico Con Marcello Mastroianni, Yelena Sofonova, Silvana Mangano, Marthe Keller, Pina Cei, Vsevolod Larionov, Innokenti Smoktunovsky, Roberto Herlitzka, Dmitri Zolotukhin, Oleg Tabakov, Carola Stagnaro, Isabella Rossellini Musica: Francis Lai, Wolfgang Amadeus Mozart: Sonata KV570 n.17, Gioacchino Rossini: "Una voce poco fa" dal "Barbiere di Siviglia", Johann Strauss, Franz Lear, Canzoni gitane Fotografia: Franco Di Giacomo (118 minuti) Rating IMDb: 7.6
Solimano
Il film Oci ciornie è quasi del tutto costruito con diversi flash back che si innescano sulla conversazione di Romano (Marcello Mastroianni) e Pavel (Vsevolod Larionov). La conversazione si svolge in una piccola sala da pranzo della nave; ogni tanto i due si scambiano opinioni sulle rispettive esperienze amorose. Hanno simpatizzato da subito ed il rapporto sembra essere del tutto sincero.
Romano racconta cosa gli successe dopo la repentina partenza per la Russia di Anna (Yelena Sofonova) dall'albergo di Montecatini. Romano era soddisfatto anche se lievemente dispiaciuto: sperava che un rapporto così piacevole durasse per almeno una settimana o due.
Tornato a casa, riprende la solita vita da fannullone creativo, magari amato, ma poco rispettato, perché in fondo è mantenuto dalla moglie Elisa (Silvana Mangano). Gli succede una cosa strana: il ricordo di Anna, invece di impallidire come gli era successo in casi analoghi, si fa più forte, finché gli viene la curiosità di sapere che cosa gli avesse scritto Anna in quella lettera in russo. Trova una giovane insegnante di russo che all'Università gliela traduce parola per parola, e Romano è in difficoltà con lo sguardo indagatorio e giudicante della traduttrice. Probabilmente la giovane si chiede come può essere che uno come Romano abbia ispirato una passione così definitiva in una donna palesemente superiore, perché la lettera di Anna è bellissima, divisa ugualmente fra amore e dovere, entrambi al massimo grado.
Per la prima volta nella sua vita Romano scopre un mondo che non conosceva e ne è affascinato, pensa continuamente ad Anna. Finché prende una decisione a suo modo creativa: andare in Russia e riuscire ad arrivare nella città di Anna (cosa non facile, allora c'erano i passaporti interni). Mette su un palco degno di lui: si spaccia per un industriale che vuole aprire uno stabilimento in Russia per la produzione di vetro infrangibile.
Deve superare ostacoli burocratici, ma è tale la sua motivazione (e la sua capacità di raccontare storie) che addirittura lo festeggiano in piazza e per le strade, gli offrono pane e sale, e sarà ricevuto dal governatore della città, che é il marito di Anna (Innokenti Smoktunovsky).
In tutta questa parte del film è evidente la derivazione, più che da Anton Cechov, da Nikolaj Gogol: L'ispettore generale e Le anime morte. Attraverso una serie di traversie in cui Romano dà il meglio di sé, finalmente riesce ad incontrare Anna da solo a sola. L'incontro avviene in un pollaio... ma è tale l'altezza appassionata di Anna che neanche ci badano, pur con penne e piume che svolazzano attorno. La decisione è presa: Anna lascierà il marito e lui lascierà la moglie, e vivranno insieme da qualche parte del mondo.
Romano riparte per l'Italia, torna a casa e si trova in mezzo al trambusto, perché la famiglia ha gravi problemi economici, stanno addirittura pensando di vendere la casa in cui abitano. Fra un problema e l'altro, Elisa dice a Romano che ha rintracciato la lettera della russa (ma non se la è fatta tradurre) e chiede a Romano se ha una storia in piedi con quella russa. "No, nessuna storia" risponde inattesamente Romano, ed è facile capire quello che gli succede poi: un inarrestabile rotolamento verso il basso. Ora si trova a fare il cameriere su quella nave, redarguito da un capo che avrà vent'anni meno di lui.
Pavel lo compiange, ma non più di tanto, dice che la storia di Romano è stata bella, malgrado tutto, e racconta la sua storia: ha amato per vent'anni una donna che gli ha detto sempre di no sposando un altro, ma lui ha continuato ad amarla, fino a quando lei, disperata perché il matrimonio è andato male e un altro uomo non si è mostrato degno di lei, accetta di sposarsi con Pavel dicendogli che non lo ama ma lo stima, lo rispetta e che gli sarà fedele. Praticamente Pavel dice: "Sì, lei non mi ama, ma io l'amerò sempre". E quindi, da poco più di un mese Pavel è un uomo assolutamente felice.
Ma si è fatto tardi, i due si salutano, perché Pavel deve raggiungere la moglie sul ponte della nave e Romano deve preparare i tavoli per il pranzo, sempre sgridato dal capo cameriere. Ma lo lasciamo lì, che sta pensando con ammirazione invida, forse anche incredula alla storia di Pavel, che si incammina per salire sul ponte della nave. Lo vediamo che si avvicina ad una signora di cui si scorge la mano con la fede al dito che carezza il viso di Pavel. Poi la signora si volta e la vediamo in viso: è Anna, sorridente.
Sono quattro i numi tutelari di questo magnifico film. Il primo è il regista, Nikita Michalkov, il secondo è Cechov, il terzo è Gogol, il quarto è il Federico Fellini di Otto e mezzo. Degli interpreti, Marcello Mastroianni è bravo in un modo imbarazzante (ha certamente messo qualcosa del suo privato nel personaggio di Romano) mentre Yelena Sofonova è con pienezza Anna dall'inizio alla fine, al massimo della disperazione quando piange, al massimo della gioia quando ride, con quel viso che esprime non so se più passione, dedizione o intelligenza. D'aspetto non sarà bella come altre attrici, è solo bellissima. Insomma, in amore vince chi ama di più, ridete pure, ma dentro sapete che è vero.
1 commento:
Splendido post per un film struggente, mi hai fatto venire voglia di rivederlo! Buona Pasqua :-)
Annarita
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