Jules et Jim, di François Truffaut (1962) Dal romanzo di Henri-Pierre Roché Sceneggiatura di François Truffaut, Jean Gruault Con Jeanne Moreau, Oskar Werner, Henri Serre, Vanna Urbino, Boris Bassiak, Anny Nelsen, Sabine Haudepin, Marie Dubois, Michel Subor (il narratore) Musica: Georges Delerue, " Le Tourbillon" di Boris Bassiak cantata da Jeanne Moreau Fotografia: Raoul Coutard (105 minuti) Rating IMDb: 7.8
Solimano
Già è difficile parlar male di Garibaldi, Pavese e Pasolini, figuriamoci di Truffaut e in particolare di Jules et Jim. Quando uscì, l'intellighentsia francese, da Cocteau a Jean Renoir, parlò di capolavoro, ma a parte questo, piacque generalmente ai giovani e sembrò innovatore come uso della macchina da presa, come risposte alle domande che ci ponevamo e soprattutto come modo di trattare gli argomenti: una commedia tragica a causa del finale, ma soprattutto un film che ci faceva sentire più liberi ed allegri e che piaceva ambosessi.
Che si vuole di più? Mi sarei dovuto insospettire non molto tempo dopo, quando lessi il romanzo di Henri-Pierre Roché: mi sembrò scritto con leggerezza del tutto apparente da uno che ogni dieci righe cercava il botto greve, cioè la frasetta o la parola pour épater les bourgeois. "Grazie, non ho bisogno", pensai, e nemmeno lo lessi tutto, eppure è un libro corto. Però continuai a pensare bene del film, prendendolo come esempio di come da un libro modesto può derivare un grande film (non sarebbe il solo caso, prima o poi ne parliamo). Evidentemente non era colpa dell' intelligentsia, eravamo fatti in modo tale che ci serviva proprio un film così.
E' per questo che oggi mi è parso un film datato, che mostra tutti gli anni che ha. E sì che Louis Malle aveva fatto quattro anni prima, nel 1958, Les Amants con Jeanne Moreau (ed ha fatto molto dopo, nel 1992, Domage con Binoche, Irons e Miranda Richardson) ma Malle non ci andava bene, per un motivo che capimmo molto dopo: Les Amants è un film sensuale ed erotico, Jules et Jim no. Magari molti non ci hanno fatto caso, ma Jules et Jim è tutto di testa, poco di sensi. A suo modo è un film onesto, perché quello che succede realmente è diverso da quello che dicono quei due chiacchieroni di Jules (Oskar Werner) e Jim (Henri Serre), a cui si aggiunge il narratore (Michel Subor), chiacchierone pure lui. Credo che la spiegazione stia nel fatto che il libro di Roché, più che un romanzo, è una specie di diario del passato in cui l'autore racconta quello che è successo a lui, ad un suo amico ed alla donna che era fra di loro.
Quando si raccontano fatti, la realtà è difficile nasconderla, e Jules et Jim non è un film di liberazione sentimentale e sessuale, è il racconto di come si stabilisce una lotta fra tre persone (con qualche scorreria altrui) per giocarsi il dominio fra di loro, quasi una partita di domino o di boxe francese che non a caso Jules e Jim giocano spesso nel film. E nella famosa corsa sulla passerella che dà sul fiume, che fa Catherine (Jeanne Moreau)? Parte prima del pronti via, violando la regola, come farà per tutto il film. E' una -non certo la sola- che si dà da fare per conquistare, ma quando la persona è asservita si stufa e passa ad altro.
Nel film, molte cose verissime succedono, ma i personaggi con le parole ragionano come se non fossero successe. Al primo appuntamento di Jim e Catherine, per le sette di sera in un caffé, Jim arriva con dieci minuti di ritardo, perché sa che è bene fare così, Catherine arriverà alle otto, quando Jim se n'è andato da un quarto d'ora. Catherine è il personaggio più lineare: non le piace che quei due siano amici ed opera per metterli uno contro l'altro. Il che è naturalissimo, l'amicizia virile, per ragioni probabilmente etologiche, a molte donne dà fastidio. E quando, alla fine, Catherine capirà che per lei c'è ormai solo la pietà amorosa di Jules ed il disincanto di Jim, non solo, quei due continuano ad essere amici, farà l'ultima mossa: portare la macchina nel fiume, con Jim sopra: non le rimane altro da fare.
Non è un tema nuovo: il Settecento, specie francese, aveva fatto chiarezza sulla lotta per il dominio in amore, e Goethe aveva scritto "Le affinità elettive", libro che compare nel film. Da una parte, c'era la regolamentazione matrimoniale, con l'amore comandato, paradosso tanto evidente quanto comodamente ignorato, dall'altra si truccava da liberazione il solito vecchio gioco, senza calare in tavolo il carico da undici: l'erotismo, il sesso, l'attrazione, la voglia, per questo Malle fece scandalo. Quelli così criticati dall'intellighentsia, quelli del cinema de papa, avevano visto meglio, ad esempio con Les Grandes Manoeuvres del vecchio René Clair in cui si vede uno che parte per gioco, scommettendo che entro un mese quella donna sarà sua, ma viene preso anche lui, e l'eleganza diviene sofferenza vera, di quelle che durano. Ma l'idea di due che si contendono una donna pur restando amici pareva bellissima a noi, cresciuti -come tanti anche adesso- a base di "con la donna di un amico mai", frase che a pensarci un po' non appare molto lusinghevole verso la donna. Perché no?
Il film ha tanti meriti di calligrafia, di stile, di movimenti, si sorprese, di recitazione (più Oscar Werner degli altri due), ma mi sono trovato a simpatizzare per altre due donne con piccole parti: Thérèse (Marie Dubois) che fa la ragazza libera che cambia per allegria e senso dell'opportunità, e Gilberte (Vanna Urbino) che continua ad amare Jim malgrado il traffico di lettere e di viaggi per la Germania, e che se lo sposerebbe contenta, se non ci fosse la malaugurata (e per lei del tutto inevitabile) idea di Catherine di buttarsi a fiume in macchina con Jim a bordo. La donna più incantevole del film ha solo sette anni, è Sabine (Sabine Haudepin) la figlia di Catherine e di Jules. Resta un fatto: che fare, se si incontra una come Catherine, che non ha pace finché ti ha fatto innamorare, così ha raggiunto il suo obiettivo e può cominciare a scarugarti l'anima ed il corpo? Una cosa semplicissima: capirla al volo e cambiare marciapiede subito, a meno che non si sia fatti come Jules, che gli va bene tutto pur di soffrire, e allora pace, restate sullo stesso marciapiede, ma io vi ho avvertiti.
P.S. Ho scelto di mettere immagini diverse da quelle a tutti note, perché mi è sembrato più coerente con la mia attuale esperienza del film.
mercoledì 12 marzo 2008
I triangoli nel cinema: Jules e Jim
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