lunedì 17 marzo 2008

Il lavoro nel cinema: Romanzo popolare

Solimano
Il film Romanzo popolare di Mario Monicelli è del 1974 e ci dedicherò alcuni post. Questo è il primo, incentrato su come viene presentato il mondo del lavoro nel film, in particolare con riferimento al protagonista, il milanese Giulio (Ugo Tognazzi) che di mestiere è operaio saldatore (prima categoria super, quella che si chiamava aristocrazia operaia) in una fabbrica dell'hinterland di Milano.
Giulio ha cinquant'anni e si è sposato da poco con Vincenzina (Ornella Muti), una ragazza del sud molto giovane (meno di diciott'anni). La coppia vive in un condominio popolare edificato da una cooperativa. Proprio di fronte c'è un grande scalo ferroviario: i terreni edificabili che costavano di meno erano quelli vicini ai binari. Nella immagine sopra il post si vedono i due, Giulio e Vincenzina, che in un mattino freddo -infatti sono ben coperti- guardano il panorama che si vede dal terrazzo che sovrasta il condominio.
Il panorama è interessante come identificazione di location, che può essere solo Milano, ma è ancora più interessante per capire quale fosse la situazione del lavoro agli inizi degli anni Settanta: l'industrializzazione fatta di fabbriche piuttosto grandi era ancora prevalente. Ogni fabbrica aveva la sua ciminiera, e Giulio fa notare a Vincenzina che lui riesce ad identificare ogni fabbrica dal colore del fumo. Non vedendola molto interessata a questo discorso le dice: "Ma già! Voi, l'unico fumo che avete è quello del Vesuvio!"

Giulio è sindacalmente molto impegnato, iscritto al sindacato e con un ruolo piccolo ma non trascurabile. Lo si capisce bene da quello che accade nel corso di un grande corteo di protesta organizzato dai sindacati. Giulio fa parte del servizio d'ordine, lo si capisce dalla fascia rossa al braccio.


Fare parte del servizio d'ordine in quegli anni di lotte sindacali era tutt'altro che una sinecura. Occorreva mantenere la compattezza del corteo, il non accettare le provocazioni, così si diceva, fingendo che fossero di tipo poliziesco. Ma la cosa realmente più preoccupante per i sindacati erano i gruppi autonomi che cercavano di fare in modo che la manifestazione fosse più conflittuale e decisa, fino al degenerare in scontri e violenze. Il problema per i sindacati non era nel numero degli appartenenti ai gruppi o gruppuscoli, che generalmente sfilavano per conto loro, ma nel fatto che c'era una forte rabbia operaia, e quegli slogan erano ascoltati e facevano il loro effetto anche su molti iscritti ai sindacati. Quindi gli appartenenti al servizio d'ordine svolgevano un ruolo soprattuto preventivo, come fa Giulio, che le due immagini sopra mostrano in punti diversi del corteo e con persone diverse.


Mario Monicelli, in quelle scene del film, fonde con molta abilità scene di massa di una reale manifestazione con scene realizzate per il film (su questo tema tornerò in un altro post). Potrebbe essere che la prima delle due immagini qui sopra sia una scena reale, come farebbe pensare la perfetta identificazione con un preciso luogo di Milano non lontano dal Castello Sforzesco. Mentre la seconda scena, assai ben realizzata, è stata fatta per il film: i poliziotti, dotati di elmetti e di scudi, fronteggiano il lancio di oggetti, perché la manifestazione è degenerata. Ma c'è un poliziotto che non si è messo l'elmetto e viene colpito sulla testa da un oggetto metallico. Si tratta del poliziotto Giovanni (Michele Placido) e la cosa avrà un suo seguito nella trama del film.

Il giorno dopo la manifestazione, c'è la riunione dei quadri sindacali della fabbrica di Giulio, ed è una riunione pesante. Il responsabile sindacale la mette giù dura: quello che non doveva succedere è successo e la stampa di destra ne approfitta, come attesta il giornale che ha in mano. Lo ascoltano non dicendo quello che pensano, cioè che il responsabile ha ragione, ma hanno ragione anche gli slogan dei manifestanti gruppettari in genere molto più giovani di loro. Giulio è lucido e consapevole, lo è molto meno il suo amico (Pippo Starnazza) dai capelli grigi e ricci, una testa un po' matta, difatti si scoprirà che è stato lui a lanciare il manufatto metallico che ha colpito il poliziotto Giovanni.

L'interno della fabbrica di Giulio compare poco nel film, ma la si intravede nella immagine che metto alla fine del post. Giulio, travolto da difficoltà nel privato a cui fatica a fare fronte, si presenta a quello che autorizza i permessi per chiedere il terzo permesso della settimana. Al suo rifiuto, uscirà comunque dalla fabbrica.
Ugo Tognazzi è credibilissimo, vestito da operaio: come faccia soprattuto, ma anche come parole, gesti, linguaggio del corpo. abbigliamento in fabbrica e fuori. Poi, c'è la parte del privato, ed è tutto un altro discorso.

1 commento:

rohmerin ha detto...

Questo bellissimo capo lavoro puoi essere anche nelle categorie Milano nel cinema; il triangolo amoroso nel cinema.

Amo questo film, amo questo blog. Nel mio, Io intento continuare lo spirito di abbracci e pop corn.