mercoledì 6 maggio 2009

Le musiche dei Blues Brothers

The Blue Brothers (1980) di John Landis Sceneggiastura di Dan Aykroyd, John Landis Con John Belushi, Dan Aykroyd, James Brown, Cab Calloway, Ray Charles, Aretha Franklin, Steve Cropper, Donald Dunn, Murphy Dunne, Willie Hall, Tom Malone, Lou Marini, Matt Murphy, Alan Rubin, Carrie Fisher Fotografia di Stephen Katz (133 minuti) Rating IMDb: 7.9

Barbara

Quando si parla di John Belushi si fa spesso riferimento al suo straripante talento comico, ma si tende a lasciare in secondo piano il talento musicale. E' un peccato, perchè anche da questo punto di vista egli ha avuto dei meriti indiscussi. Belushi è stato un grande interprete e un grandissimo appassionato di musica blues e quando la gloria gli sorrise dal palco del Saturday Night Live, usò quel successo per mettere insieme una band che riscoprisse e riportasse in auge un patrimonio musicale che si trovava in declino.
Sì, perchè la fine degli anni settanta e l'avvento della disco segnarono un momento nero per tante star, che finirono quasi nel dimenticatoio, oscurate dalla moda per i sintetizzatori e per le sonorità elettroniche. Tra questi gli stessi James Brown e Aretha Franklin.


Ma andiamo con ordine.
Grazie al successo dell'imitazione di Joe Cocker, John Belushi si può permettere di mettere insieme dei nuovi numeri, quindi con l'aiuto dell'amico Dan Aykroyd si adopera a raggruppare una band che suoni i brani classici del repertorio blues su degli arrangiamenti più veloci e moderni. Belushi sa quello che fa, in campo di musica non è uno sprovveduto e raduna un drappello di persone più che note nell'ambiente. Giusto per farsi un' idea, basterà dire che Donald "Duck" Dunne aveva suonato con Jerry Lee Lewis, Eric Clapton e Freddie King, oppure che Alan Rubin ("Mr Faboulus") aveva collaborato con Frank Zappa, B.B. King e Duke Ellington. Ma anche tutti gli altri erano dei fior fior di musicisti, con dei curriculum da togliere il fiato.

Il personaggio più interessante della band, secondo me, è Matt Guitar Murphy, quello per intenderci che nel film recita il ruolo del marito di Aretha Franklin. Matt Marphy era già una leggenda per i suoi virtuosismi alla chitarra fin dagli anni sessanta e anche se non aveva una band tutta sua molti rockers bianchi ne seguivano le esibizioni per imparare la sua tecnica ed emularlo (tra questi si dice lo stesso Eric Clapton). Qualcuno lo accostava addirittura a B.B.King. Ora, io non sono in grado di dire se fosse davvero all'altezza di B.B. King, ma la sua bravura è comunque fuor di discussione, e vi inviterei ad ascoltarlo in un boogie d'epoca, qui



Quando le esibizioni dei Blues Brothers e della loro band divennero famosissime in tutta America si decise di fare il film, e attraverso le demenziali avventure di Joliet Jack ed Elwood Blues è possibile ripercorrere anche un po' tutta la storia della musica nera americana.

Belushi invitò ad esibirsi nel film- in diversi cameo - tutti i pezzi da novanta e molti accettarono perchè la comicità e la bravura dei due comici era già nota, ma altri, come ho accennato, lo fecero perchè avevano bisogno di un trampolino per rilanciare la loro carriera. E' il caso di James Brown, che interpreta il reverendo Clayphus e dal pulpito intona un gospel intitolato The Old Landmark, quasi a ricordarci le radici spiritual che accomunano tutte le diverse forme di blues.


Un'altra presenza importante è quella di John Lee Hooker, che viene ritenuto comunemente il portavoce del cosiddetto blues della Louisiana. Questa variante del genere è quella in cui un solo accordo viene ripetuto in maniera ipnotica e il fraseggio sopra è portato avanti con toni melodrammatici. Le due canzoni più importanti di questo genere sono Boom Boom e Boogie Chillen, e nel film sono presenti tutte e due: Boom Boom la canta lo stesso Hooker, mentre l'altra è il sottofondo della scena in cui i Blues Brothers vanno a cercare un ingaggio.


Quasi tutte le canzoni del film sono delle pietre miliari della musica nera, ma forse quella che nasconde la storia più interessante è Sweet Home Chicago.
Sweet Home Chicago è stata scritta da Robert Johnson, una delle massime espressioni del delta blues (il blues suonato nel delta del Missisipi) la cui storia ormai è mitologia.
Si dice infatti che Johnson all'inizio non fosse questo gran musicista, ma dopo la morte della moglie scomparve per un anno e poi ricomparve incredibilmente abilissimo. La sua tecnica nel suonare la chitarra con le unghie al posto del plettro fece scuola, e a chi glielo chiedeva diceva che in quell'anno misterioso lontano dalle scene avesse venduto l'anima al diavolo.
Di lui non restano che una manciata di brani, registrati in un albergo poco prima della morte, negli anni trenta, ma tanto è bastato per renderlo una leggenda. Chi ha visto il film dei fratelli Cohen Fratello dove sei? ricorderà che se ne fa cenno anche lì.
Se ascoltiamo la sua versione di Sweet Home Chicago e pensiamo che è stata fatta nel 1936 qualche dubbio che possa davvero aver venduto l'anima al diavolo ci viene. E' ancora freschissima, e la trovate qui.


Un altro cenno merita Cab Calloway. Quando Calloway si esibisce sul palco, durante il film, indossa uno smoking bianco, e con lui anche tutta la band per magia diventa elegantissima e glamour. E' un omaggio di Landis al Cotton Club, un locale di New York dell'epoca del proibizionismo dove Calloway era stato prima la stella e poi il direttore d'orchestra. Al Cotton Club si sono esibiti tutti i maggiori esponenti del jazz, tra cui anche Duke Ellington. Ma al momento del film, nel 1979, ormai erano anni che Calloway aveva perso le luci della ribalta. La partecipazione alla pellicola si rivelò provvidenziale e negli anni successivi la sua stella tornò a brillare, collaborò con tutti i grandi e incise duetti prestigiosi fino alla morte. E devo dire che secondo me l'arrangiamento del film della sua "Minnie the Moocher" è molto meglio rispetto all'originale.


Per parlare di Ray Charles, della sua carriera e della sua personalità non basterebbe un blog. Mi limiterò a dire che la canzone che canta (Shake a Tail Feather) non è sua, è di un gruppo poco noto (the five du notes) che la incise nel 1963 ma fu poi reinterpretata un po' da tutti. La versione di Ray Charles è la migliore, ma interessante è anche quella di Ike e Tina Turner.


Concluderei con un accenno ai titoli di coda, dove i Blues Brothers cantano una canzone di Elvis, che in un film del genere non poteva mancare. La canzone è Jailhouse Rock e proviene da un omonimo film del 1957. Anche la regia in questo punto gli rende omaggio in più di un passaggio, e forse i patiti di musical potranno avvertire qualche somiglianza anche con le scenografie del Cell Block Tango di Chicago. Io non so se riesco a comunicare con parole adeguate quanto stesse avanti coi tempi Elvis Presley, vi dico solo che nel 1957 in Italia si cantava Una casetta in Canadà e contemporaneamente guardate cosa faceva in America questo ragazzo. Lo trovate qui.

7 commenti:

Solimano ha detto...

Very good, Barbara, e non lo dico per compiacenza. Questo post ci voleva proprio, e aggiunge lieta consapevolezza prima di rivedere il film per l'ennesima volta. Perfino un 'gnorantissimo come me ha capito e gustato (attraverso i link, che sono stati molto utili, e che vanno bene messi così). Che poi ... 'gnorantissimo... è una storia lunga. Io sono cresciuto col jazz, fino a Miles Davis compreso. Mi allontanai pian piano per il disgusto dell'esposizione di quasi tutti i grandi alla droga pesante, per parlar chiaro. Il dramma era che non lo facevano per effrazione, per libertinismo, ma per poter suonare sempre al massimo (cosa impossibile...). Il jazz era roba da trapezisti senza rete. Una sera a Parigi, in una cave, andai a sentire il mio amato Chet Baker. Era una cave piccola, lui era ormai sulla china discendente. La prima mezz'ora suonò da cani (la tromba non concede scappatoie), poi si assentò per dieci minuti, quando tornò suonava come sapeva lui quando era al massimo. Cosa successe in quei dieci minuti lo intuisco.
Eppoi, a Milano, cominciai coi concerti al Conservatorio, e scopersi una ltro mondo, antico e contemporaneo: Bach, Mozart, Beethoven etc etc. 500 concerti in dieci anni, non dico storie. E gli artisti che ho sentito e visto, mo' me li ritrovo ogni tanto in YouTube.

saludos y besos
Solimano

Barbara Cerquetti ha detto...

Il jazz è un massacro, e il pubblico del jazz è esigentissimo, così come il pubblico della lirica.

A me piace il rock,ma anche lì non è che a droga ci vadano lisci, anche se il pubblico è più indulgente (mi sorge un dubbio sul perchè).
Però, quando ascolto i Doors, o i Pink Floyd, o Jimi Hendrix o Janis Joplin non riesco a non provare piacere, anche se lo so che erano drogatissimi.
Che ci posso fare?

Anche Belushi, da questo punto di vista, si è buttato via. Quando lo rivedo mi fa arrabbiare perchè ha gettato oltre che la sua vita un talento straordinario, e quando uno c'ha la fortuna di nascere con un talento ha il dovere di tutelarlo. Però poi il godimento per la sua bravura passa in primo piano.

Anonimo ha detto...

Ha ragione Solimano, questo post sulla musica ci voleva a completare l'altro sul film. Musica straordinaria che non ha tempo e non ha età.
Solimano so che molti si drogavano nel Jazz come nel rock, ma io non riesco a non ascoltare la musica per questo. Forse non bisognerebbe saper nulla della vita degli artisti se non si rischia di non vedere o leggere o ascoltare troppe cose.

Bellissimo post e anche a me piace molto il rock Barbara anche se non sono un'esperta ma un'ascoltatrice sì.

Grazie

Mat ha detto...

Complimenti per questo post, Barbara, ci voleva proprio. Condivido anche le tue impressioni su Elvis. C'è solo una cosa che non mi convince (ma non dipende da te): non credo che il vero motore dei Blues Brothers - intesi come gruppo - fosse Belushi, bensì proprio Aykroyd. In diverse interviste, Dan afferma che John era più un patito del rock e dell'heavy metal che del blues, e la cosa sorprendeva Dan perché John era nativo di Chicago.

Mat ha detto...

... dimenticavo: la copertina di quella campilation di Aretha è fantastica! :)

Barbara Cerquetti ha detto...

Giulia: eddai, allora una volta andiamo ad un concerto insieme!

Mat: Guarda, io ho trovato notizie discordanti sulla cosa. Però sai che il dubbio me lo fai venire? In fondo, se la band è restata insieme per oltre vent'anni, deve esserci stato anche qualche altro collante.

Anonimo ha detto...

Se Vi piacciono le musiche dei Blues Brothers, 22 e 23 maggio a Roma ci sara l'arrangiatore/attore nonche musicista del film Tom Malone in concerto con Il tributo italiano un seratone:
www.bluespreachers.it
www.locandablues.com