lunedì 25 maggio 2009

La scuola: Essere e avere (3)

Essere e avere (Être et avoir) di Nicolas Philibert, Georges Lopez (Il maestro); Alizè, Axel, Guillame, Jessie, Jojo, Johann, Jonathan, Julien, Laura, Létitia, Marie-Elisabeth, Nathalie, Olivier (Gli alunni della classe); Chanimbaud, Dujardin, Garrido, Jeune, Lacombe, Olléon, Ponte, Rochés, Thouvenin (Le famiglie). Francia, 2002 Durata: 104' IMDb: 7.9/10

Giulia

"Insegnare seriamente - dice Georg Steiner - è toccare ciò che vi è di più vitale in un essere umano. E' cercare un accesso all'integrità più viva e più intima di un bambino o di un adulto. (...) Un insegnamento scadente, una pedagogia di routine, uno stile di istruzione che è consapevolmente o meno, cinico nei suoi obiettivi meramente utilitari, sono rovinosi. Distruggono la speranza alla radice. (...) Insegnanti eccellenti, capaci di accendere un fuoco nelle anime nascenti dei loro allievi sono forse più rari degli artisti virtuosi o dei saggi. L'insegnamento autentico è una vocazione" ( da La lezione dei maestri - ed. Garzanti).
Guardando George Lopez, il maestro di "Essere e avere" si ha proprio l'impressione che il suo lavoro sia un'arte: "adoro insegnare ai bambini, - dice parlando col regista - anche perchè loro insegnano molte cose a me". Ed io so che è, almeno per me, assolutamente vero.

L'occhio della macchina da presa indaga su come riesce a far lavorare simultaneamente alunni di età e livelli diversi. I bambini, giorno dopo giorno, imparano a crescere e a vivere insieme. La classe è piccola, ognuno dei bambini, man mano che il film procede, diventa un personaggio riconoscibile con la sua storia, i suoi problemi, il suo modo di porsi con gli altri e con le cose che impara. A poco a poco anche lo spettatore impara a conoscere i piccoli Jo-Jo e Nathalie, Olivier e Laetitia e tutti gli altri, condivide i loro stupori e le loro ingenuità, i loro litigi e le loro angosce.

Ogni mattina il maestro prima che i suoi allievi entrino in classe, prepara sui loro banchi il lavoro che devono svolgere. Solo così è possibile individualizzare l'insegnamento e aiutare i bambini a procedere secondo i loro ritmi.

E' consapevole, però, che hanno anche bisogno di parlare con lui, di ridere, di sentirlo vicino. Si siede allora e chiacchiera, li fa parlare, li ascolta e risponde alle loro domande, ne fa lui a loro. E quello che appare molto chiaro è che non si può insegnare senza entrare in un rapporto di profonda empatia emotiva con gli studenti.
Ai più grandi confiderà che sta per andare in pensione e a loro, molto rammaricati, spiegherà il perchè.

I ragazzi lo ascoltano in silenzio, hanno un profondo rispetto per lui. Dialogare è un modo per stare "insieme", per fare "gruppo" nella certezza che anche in questi momenti i bambini imparano qualcosa di importante.
Quando poi i ragazzi litigano fra di loro interviene. Julien e Olivier si sono picchiati. Non li punisce, ma vuole capire cosa è successo. Imparare a dare risposte sul proprio comportamento, cercare di trovarne i motivi rende davvero responsabili i ragazzi.
"Che cosa ti dà fastidio di Julien? Davanti a me puoi dirglielo".
"Mi insulta".
"Julien, anche le parole possono ferire: può darsi che Olivier si senta ferito dalle parole che tu o qualcun altro gli dite e reagisca male. Siete in classe con bambini più piccoli, così date il cattivo esempio Prima che andiate via bisogna tornare alla serenità". E' proprio questo che è importante: il conflitto fa parte della vita, a volte aiuta a conoscersi meglio e a rispettarsi di più, ma se se ne esce cambiati, più ricchi e più disponibili. Questo rende la classe un posto dove i ragazzi si possono allenare al dialogo nella diversità I ragazzi si danno la mano e si riconciliano.

Aggiungi immagineI piccoli imparano a conoscere il sette e prima di tutto bisogna scriverlo.

E' un po' storto quello di Jojo, ma quello di Marie è perfetto.

Anche qualcun altro ha qualche difficoltà. Allora il maestro li aiuta mettendo dei puntini.

Ogni bambino segue con attenzione anche il lavoro degli altri e, se ci si sente in difficolt,à il maestro è pronto a sedersi vicino per aiutare.

I ragazzi, intanto, stanno facendo il lavoro che il maestro ha assegnato e sono tutti molto concentrati. Tanto è presente nelle difficoltà, tanto i ragazzi sono autonomi nel lavoro e imparano anche a lavorare senza avere qualcuno che li sorvegli continuamente.

I più grandi e i più piccoli hanno lavori diversi, ma non mancano i momenti in cui una più piccola guardi curiosa il più grande.

oppure il più grande aiuti il più piccolo.

Philibert non ha posizioni ideologiche, tesi precostituite sull’educazione. Al contrario, si limita a guardare quel che accade in classe, coglie l’essenza stessa del processo educativo, la capacità di George Lopez di “lasciare segni” nei suoi alunni, e di educarli a scoprire i valori di fondo della vita (l’essere) e gli strumenti necessari per relazionarsi al mondo (l’avere).
L'insegnamento delle varie conoscenze si mescola con l'educazione alla vita in modo naturale, senza forzature, così come dovrebbe sempre essere.
Jojo, per esempio, ha bisogno di fermezza, ma ha anche tanto bisogno di aiuto e di dolcezza, di sentire che l'adulto c'è. In una scena le sue mani sono sporchissime di pennarello e, dopo averle mostrate, va a lavarsele.

Ma quando torna il maestro gliele fa mostrare e gli fa notare che sono ancora sporche. Jojo tranquillo ribatte: "Però sono più pulite di prima". "Gira le mani davanti..." Gli dice il maestro: "Guarda!"

"Adesso fammi vedere di dietro. Hai visto? Allora, torna a lavartele".

"Come le lavi?" lui risponde "Col sapone"

"Vai in bagno e non sbattere la porta"

Quando torna, il maestro prende la spugna e finisce lui di pulirgliele ben bene. Intanto ne approfitta per insegnargli i nomi delle dita.
"Questo è il mi...?" "Il militare" risponde Jojo "Ma no qui non ci sono militari!" "E' il mignolo" "Bravo, così va bene".

Jojo è un bambino che si distrae facilmente, ma che non si tira mai indietro quando c'è da fare qualche lavoro anche se al di sopra delle sue possibilità. Qui lo vediamo alle prese con la fotocopiatrice ed un libro che sembra più grande di lui. Dopo ripetuti tentativi verrà soppiantato dalla sua compagna Marie più sicura ed intraprendente.


I ragazzi sono seguiti dal regista a scuola, ma anche fuori. Li si vede correre in bicicletta o aiutare i genitori nel loro lavoro come Julien che fa da mangiare e lava i piatti per sè e per la sorellina più piccola.
Il maestro ha rapporti anche con i genitori, è cordiale. E' preoccupata questa mamma perchè sua figlia si isola, non comunica con loro e non sa cosa fare. Il maestro la rassicura, la consiglia. Il tono è pacato, molto dolce e rispettoso. E' serio e attento, ma ride anche con lei aiutandola a sdrammatizzare.

La famiglia compare altre volte nel film. Una delle sequenze più divertenti mostra quella di Olivier alle prese con un compito di matematica: il bambino deve usare le tabelline e eseguire dei conti a catena. E' la mamma ad aiutarlo, ma, uno dopo l'altro, si uniscono anche gli altri componenti della famiglia: ognuno vuole partecipare e dire la propria opinione, i conti non tornano, si rifà l'esercizio diverse volte, per cui l'attività si trasforma in una disputa tra grandi. Alla fine il bambino, travolto e confuso dai diversi pareri dei famigliari, sembra voler abbandonare il campo, lasciando gli altri a litigare.

Con il trascorrere dei mesi il sole torna a risplendere, la neve si scioglie, gli alberi ritornano verdi, spuntano i fiori, i banchi e le sedie vengono trasportate all'esterno per far lezione all'aperto e col passare del tempo i bambini imparano non solo a leggere, scrivere e far di conto, ma anche a rispettarsi, a conoscersi meglio, a sentirsi comunità e ad affezionarsi sempre più al loro maestro.

George Lopez trascorre il suo tempo libero a curare i fiori.

Ed è anche il momento di fare un picnic accanto a un campo di grano.

Quel giorno ci sarà anche un momento di suspense: Alizé scompare in un campo di grano e solo dopo una lunga ricerca viene ritrovata da Axel.

La fine dell'anno è alle porte. Il maestro deve preparare i più grandi a lasciare la scuola elementare per responsabilizzarli rispetto alle difficoltà che potrebbero incontrare nella scuola media: "Non sarete più seguiti personalmente come ho fatto io, non potrò più aiutarvi da vicino".
E l'ora del distacco e il momento è molto sentito da ragazzi e insegnante. George Lopez parlerà a Nathalie, chiusa nel suo mondo personale e inaccessibile, e le dirà che, se anche dovrà andarsene nella scuola media, lui sarà sempre lì ad aspettarla e lei potrà andare a raccontargli come è andata a scuola anche tutti i giorni . Si occuperà di Olivier preoccupato per la malattia del padre a cui dovrà essere asportata la laringe: piccoli e grandi drammi quotidiani con cui un insegnante deve fare i conti se vuole davvero aiutare i suoi allievi: capita spesso che i bambini o i ragazzi si blocchino nello studio proprio perchè assillati da un problema personale o famigliare.

La classe riceve la visita dei futuri alunni, ora all’asilo. Il maestro li mette a loro agio facendoli giocare con i compagni più grandicelli, ma un piccolino piange disperatamente invocando la mamma, il maestro lo prende in braccio, un ragazzo cerca di distrarlo, ma senza risultati. Una bambina preoccupata non distoglie lo sguardo da lui.

Ed arriva l'ultimo giorno. Il maestro chiama tutti i suoi allievi a raccolta e li saluta con affetto, poi si china e riceve un bacio da ognuno di loro.

"Essere e avere" è un film che, come ha scritto giustamente Liberation, è “un elogio del lavoro di insegnante. Un mestiere che, l’avevamo dimenticato, è il più bello del mondo”.
E ' un film bello e poetico che sa lasciare il segno grazie alla forza delle immagini e delle idee, grazie al fatto che dimostra quanto nel nostro piccolo ci può essere qualcosa di grande.
Il film è una grande opportunità per riflettere sulla scuola, cercando di ripartire da quanto l’autore sembra ricordarci in ogni frammento di film: educazione è lentezza, è farsi carico, è ascolto.
Nicholas Philibert è un documentarista francese, nato a Nancy nel 1951 ed era poco conosciuto in Italia prima che uscisse "Essere e avere" che è il
settimo film di una carriera iniziata nel 1978. Nei suoi film-documentari il regista ha sempre lasciata aperta la porta alla narrazione che nasce dalla vita.
Quanto ai suoi temi preferiti egli afferma: “ giro sempre intorno alla questione della condivisione, del vivere insieme: come accettare l’altro nella sua differenza, nella sua singolarità?"
C’è qualcosa di magico nel film di Philibert: è la spontaneità e la sincerità dei suoi commoventi protagonisti, i bambini della classe, i piccoli protagonisti Alizé, Jojo, Marie, Jessie, Létitia, Johann, Axel, Laura, Guillaume, Jonathan, Olivier, Julien, Nathalie che dividono la loro vita tra la scuola e la difficoltà del lavoro nei campi, che ridono e piangono, che sperano e soffrono. E davvero viene da ringraziare questo regista per aver voluto portarli sullo schermo in tutta la loro genuinità.
"Provo a stimolare l'immaginario, partendo dai luoghi, dai personaggi, dalle situazioni che riprendo. Insomma, più che fare dei film «su», cerco piuttosto di fare dei film «con» ed è forse anche per questo che il mio lavoro non è molto distante dalla «fiction»: dopo poco, lo spettatore si sente «con» i personaggi che riprendo e ne condivide i momenti di difficoltà e di gioia".
“Ovviamente, nella classe, i bambini fanno tante cose che non ho ripreso o che non ho conservato al montaggio: musica, propedeutica all'inglese, arti plastiche, storia, geografia, informatica... Ma il film non è un «catalogo» di tutto ciò che si fa a scuola. Ho voluto centrarlo sul rapporto fra quel maestro e i suoi allievi, mostrare in che modo l'insegnante li aiutava a superare le difficoltà, ad acquisire fiducia in se stessi, a rispettarsi reciprocamente, a rispettare se stessi...
Être et avoir è un po' come le favole, lascia a ciascuno la possibilità di proiettarvi i propri ricordi... Per quanto mi riguarda, vi trovo una certa austerità. Prima della lavorazione, avevo dimenticato fino a che punto è difficile imparare, ma anche crescere, trovare la propria personalità, proiettarsi nel futuro. Questo tuffo nella scuola me l'ha ricordato con forza. » questo, forse, il vero argomento del film”. Ed è l'argomento su cui ogni persona che vuole insegnare dovrebbe formarsi perchè troppo spesso si dimentica.

Una cosa è certa. La distrazione cronica di Jojo non la si vince con i castighi anche se qualche volta se li merita e li riceve, ma con la pazienza di un maestro attento che sa coniugare autorevolezza con affetto.

5 commenti:

Solimano ha detto...

Non sta più in piedi la contrapposizione di Eric Fromm fra essere ed avere. In fondo Fromm viveva nell'equivoco di una specie di freudismo buonista.
Perché c'è anche un essere in maschera, in fondo si tratta di un avere sublimizzato: è quello che abbiamo tutti toccato con mano di fronte a professori che ci spiegavano cose che loro palesemente non amavano.
Occorre che ci sia la competenza (guai se no), ma se è una competenza tipo vasi comunicanti non funziona, né coi piccoli né con i grandi. Lo sentono a naso, se uno parla per sfoggio o perché sente come importanti le cose che dice. E quindi, l'educare all'essere e l'educare all'avere devono procedere in sintonia, non in antinomia. Altrimenti, per fare un esempio, si guarda American Beauty correndo dietro ad un sacchetto di plastica mosso dal vento e non ci si accorge della lucida chiarezza con cui il film tratta i rapporti di famiglia, l'erotismo ed il lavoro: temi tostissimi, non sacchetti di plastica mossi dal vento. Si tratta di attrezzare i piccoli ad affrontare la vita, che ha in sé l'essere e l'avere. Ma per poter attrezzare qualcun altro occorre un prerequisito: attrezzare sé stessi in una autoeducazione permanenente.
Vorrei sapere in qunte scuole un simile film è stato visto e discusso dagli insegnanti. Penso in pochissime scuole.

grazie Giulia e saludos
Solimano

giulia ha detto...

Io giro spesso tra insegnanti e quasi nessuno l'ha visto. E' un film che invece tutti dovrebbero vedere, anche i genitori perchè l'insegnante non adotta tecniche o didattiche nè innovative nè chissà che... Il suo procedere è assolutamente normale, ma la cosa che noti è proprio l'amore che ci mette che non è "diventare amico dei suoi alunni", nè abbracci e baci in ogni momento. E' rispetto per l'altro, riconoscimento delle sue paure e della sue difficoltà, è tenacia nel lavoro, nell'insegnare tutto ciò che c'è da insegnare. Quello che cambia rispetto ad altri è la relazione educativa, l'attenzione a tutti e la preparazione delle lezioni in modo da permettere a tutti di lavorare.
Solimano, io so che è possibile. Dopo trent'anni e più di insegnamento ti assicuro che i miei allievi mi rispettavano e, quando si lavorava non volava una mosca, ma ci si fermava anche a chiacchierare, ad affrontare i problemi insieme o con i ragazzi presi ad uno ad uno quando era necessario. Se si sentono rispettati per quello che sono, ti rispettano. Non è un lavoro per tutti, non basta sapere le materie che si insgenano, bisogna imparare a trasmetterle e in un tuo commento ho letto che era importante l'oralità. Assolutamente sì. Bisogna trasforamre le lezioni in dialogo, in colloquio. Poi ben vengano anche tutti gli strumenti che la tecnica ci offre. Ma ne riparleremo

Grazie

Giulia

Anonimo ha detto...

Che bello leggerti, Giulia, e che bel post!
Ho visto già questo film/documentario e l'ho trovato straordinario. Ottima l'interpretazione del maestro, naturale e spontanea. Un insegnante "vero", capace di fermezza e nello stesso tempo di comprensione, di sostegno nei momenti di difficoltà, nella scuola e nella vita. Giustamente non un "amicone", ma un punto di riferimento sicuro, l'adulto che aiuta il piccolo ad essere autonomo, che lo sprona, lo segue a distanza senza sostituirsi a lui.
Ho visto il film qualche anno fa, ma lo ricordo molto chiaramente perchè mi coinvolse moltissimo anche come insegnante. Posso dire che mi ha dato molto e mi ha fatto riflettere a lungo.
Il regista, poi, veramente grande, capace di farti dimenticare che dietro la cinepresa c'era lui.
Grazie di cuore e un grande abbraccio.Piera

Silvia ha detto...

Film belissimo secondo me, che mi fa nascere l'invidia per una professione che si percepisce ha del miracoloso e del commovente insieme. L'apprendere di un bambino equivale a farlo nascere per una seconda volta, quella spirituale. Mi pare un film che ti rappresenti Giulia:)tu che ami tanto la tua professione.
Buona giornata:)

giulia ha detto...

Sì, cara Silvia, proprio così. Il film mi è piaciuto molto anche perchè il maestro davvero ama quello che fa e lo dichiara senza se e senza ma. Una professione che io avrei fatto anche nel tempo libero tanto mi ha dato.
Sono pochi però quelli che invidiano un insegnante. Sono sicura tu saresti stata un'ottima insegnante e avresti anche fatto tanto ridere i tuoi alunni: dote molto rara nella scuola.
Sembra che per imparare si debba solo soffire.
Baci
Giulia