Solimano
Ho detto nella prima puntata che la Certosa di Padula è un complesso vasto e prima di procedere è meglio darne una visione di insieme, anche se la fotografia aerea che ho trovato non è il massimo come qualità e come ampiezza.
Però si riconosce facilmente la facciata, di cui ho già scritto, e si rimane stupidi dalle dimensioni del chiostro grande. E' lì che si svolge tutta la parte finale del film. Ma di ciò poi. Inserisco altre immagini di provenienze diverse che mostrano altre parti della Certosa presenti nel film.
Nella prima di queste due foto d'epoca si vede lo scalone monumentale che porta al primo piano. Nella seconda si riconosce il loggiato che abbiamo visto con i serventi del pranzo di gala e sullo sfondo della figura di una delle principesse.
All'interno della Certosa di Padula c'è un grandioso locale, che è noto come la cucina della frittata delle mille uova. Tante infatti ne occorsero nel 1535 per nutrire adeguatamente l'imperatore Carlo V e il suo seguito. Il film ne tiene conto: uova compaiono da tutte le parti, solo che per malia stregonesca dalle uova nascono pulcini, quindi niente frittata. Nel film la parte della strega più importante la fa Carlo Pisacane, a noi tutti meglio noto come il Capannelle del film "I soliti ignoti".Nella prima, il principe Rodrigo Fernandez (Omar Sharif) minaccia il ciambellano di corte di darlo in pasto ai suoi mastini se non riesce a ritrovare la giovane Isabella Candeloro (Sophia Loren) che ha conosciuto ed apprezzato alcuni giorni prima, durante una cavalcata in campagna sul suo cavallo bianco.
Nella seconda immagine, sempre Rodrigo fa spallucce, sia pur principesche, alla Regina Madre (Dolores Del Rio) che lo sollecita a decidersi una buona volta a scegliere fra sei principesse. Rodrigo vuole che le principesse diventino sette, in modo che ci sia anche Isabella Candeloro, che per questo verrò nominata Principessa di Caccavone. Così attestano i libri di storie, pardon, di favole.
Il salone di rappresentanza potrebbe essere -dico potrebbe- il refettorio della Certosa su cui sono stati applicati dei pannelli a simulare i quadri. Me lo fa pensare il pavimento, molto simile nelle immagini del film e nella fotografia.
Ecco finalmente una fotografia di parte del porticato che circonda il chiostro, che è il più grande del mondo (circa 12.000 metri quadrati). Il porticato ha in totale 84 colonne.
Questa fotografia del chiostro è simile ad una delle immagini iniziali dell'ultimo episodio del film: la Festa per il Martimonio di Rodrigo con Olimpia. Tutta la festa si svolge nel chiostro.
Rimarrebbe da dire dei luoghi del film in cui compare Isabella prima di diventare principessa. Ma si tratta di luoghi umili, non paragonabili alla Reggia di Rodrigo. Però due luoghi li metto: una chiesetta antica, probabilmente nel Tavoliere delle Puglie, di fronte a cui Isabella e Rodrigo stanno baruffando a debita distanza, e il luogo più bello del film: la botte in cui rotolon rotoloni ha viaggiato Isabella fino a fermarsi in riva al mare. Un gruppo di ragazzini toglie le doghe alla botte, che si apre all'improvviso e compare Isabella, che non sembra aver avuto seri danni dal viaggio in botte. I ragazzini rimangono impressionati. Anche noi.
3 commenti:
Ho gustato fino in fondo questa seconda passeggiata in un film che vidi tanti anni e fa solo con l'occhio attento alla favola. Adesso leggo e rammento tante cose, divertendomi ancora di più. Mille grazie, prezioso Solimano! Salutissimi, Annarita.
Post incantevole anche per chi non ha visto o non ricorda il film. A questi livelli di scrittura il film passa in secondo piano.
La narrazione, accompagnata dalla scelta mirata e felicissima delle immagini, è già godimento in sè.
Poi c'è anche il film, come no, ma qui c'è soprattutto Solimano, in stato di grazia.
H.
Questo film, quando uscì, fu più criticato che ammirato. Alcune ragioni per criticarlo c'erano senz'altro, eppoi la critica è libera (o no?).
Dette fastidio il battage che il produttore Carlo Ponti fece per questo film, per ragioni intuibili. E dette fastidio il considerevole budget che fu messo a disposizione. Ma una concezione poverinistica dei film a volte porta fuori strada, come se fosse bello solo ciò che è povero, mentre ci sono dei film poveri che sono francamente bruttissimi.
Dette fastidio che il regista Francesco Rosi, dopo Salvatore Giuliano e Le mani sulla città si dedicasse ad una storia del genere, perché era un regista impegnato o no? E qui sta il busillis: un film di questo tipo, in un paese come la Francia, sarebbe stato accolto con favore da una buona fetta di pubblico. Ogni anno, ancor oggi, in Francia escono fra i cinque o dieci film storici e favolistici, sulla storia e sulle favole francesi. Operazioni quasi tutte decorose, alcune ottime. In Italia questo non succede, e la colpa sarà anche del fatto che la TV imbalordisce (ma la TV c'è anche in Francia), sarà del fatto che gli italiani non amano la loro storia e le loro favole, anche perché non le sanno (è questo purtroppo è vero. Ma la colpa ce l'ha anche l'arrogante torre d'avorio costruita dalla culturaggine italiana, che mira più ad escludere che ad includere, alla meno siamo meglio stiamo. Qualcuno, ancora oggi, storce il naso di fronte a "Il nome della rosa" di Umberto Eco per due motivi: perché in fondo è un romanzo storico e perché ha avuto un successo mondiale.
Tornando al film C'era una volta..., ci trovo almeno due grandi pregi
Il primo è l'utilizzo realistico della favola, seguendo l'esempio di Giambattista Basile, che molti non sanno neppure che sia esistito, lui e il suo "Pentamerone" (overo, l'intrattenimento de piccerille). Basile aveva il gravissimo difetto di scrivere in napoletano, difetto poi comune al Porta che scrive in milanese ed al Belli che scrive in romanesco.
Il secondo è la fantastica ambientazione nell'Italia del Sud, ambientazione non solo di palazzi, ma di villaggi, monasteri, campi, prati, boschi, mare. E i costumi e gli animali, senza scordare le streghe. Nei due post ho voluto dare alcuni esempi ma ne potrei fare altri. Però avevo già scritto un post, sempre su questo film secondo la vista logica la moda nel cinema: i costumi di Giulio Coltellacci e la fotografia di Pasqualino De Santis sono ancora da restare a bocca aperta, alla faccia dei sopracciò.
Annarita e Habanera grazie e saludos
Solimano
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