mercoledì 11 febbraio 2009

The Millionaire

Un film di Danny Boyle con Dev Patel, Anil Kapoor, Freida Pinto, Madhur Mittal, Irfan Khan, Mia Drake, Imran Hasnee, Faezeh Jalali, Shruti Seth, Anand Tiwari. Sceneggiatura: Simon Beaufoy Fotografia: Anthony Dod Mantle. Commedia, produzione Gran Bretagna, USA, 2008. Durata 120 minuti circa. Rating Imdb: 8.7/10

Giulia


The Millionaire
(Slumdog Millionaire) è un film diretto da Danny Boyle in collaborazione con la regista indiana Loveleen Tandan, basato sul romanzo di Vikas Swarup, Le dodici domande.





E’ la storia di Jamal, ragazzo del tè in un call-center. Siamo in India ma la globalizzazione dei costumi ci presenta uno scenario che ben conosciamo, il quiz televisivo de “Il milionario”.
Jamal partecipa al gioco e sta raggiungendo la cifra record di 20 milioni di rupie, ma viene sequestrato dalla polizia che lo sospetta di una colossale truffa.



Dal clima euforico dello spettacolo si passa alla brutalità degli interrogatori. Come può accadere, infatti, che un piccolo "intoccabile", cresciuto nelle baraccopoli, possa conoscere le risposte a tutte quelle domande che mescolano astutamente mitologie locali e cultura occidentale?
Il presentatore, che sospetta di una truffa, lo denuncia alla polizia.
Gli agenti lo interrogano, ricorrono anche alla tortura, ma alla ripetuta richiesta Come fai a vincere? lui ribatte testardamente la verità so le risposte. Il commissario rinuncia allora a torturarlo e chiede di spiegargli come ha fatto a rispondere.




Il ragazzo racconta allora la sua vita e rivive in flashback gli episodi del proprio passato: proprio dal suo vissuto, drammatico e doloroso scaturiscono le risposte, dalle circostanze che gli hanno dato conoscenze non culturali, ma dirette, di esperienza.



Parlerà dell'infanzia nei vicoli di Bombay (poi Mumbai) e della morte drammatica della madre, negli scontri tra musulmani e indù.
Si troverà a vivere solo con il fratello di espedienti e a loro due ( i due moschettieri) si unirà una bambina, Latika anche lei rimasta sola dopo gli scontri.





Latika sarà sempre tra loro, a unirli e a separarli. Una donna sempre schiava degli uomini e che solo alla fine cercherà il suo riscatto e lo troverà in chi era stato sempre il suo grande e impossibile amore: proprio Jamal.


I tre saranno poi ridotti schiavi da un malvivente che manda i bambini a mendicare come Oliver Twist. Jamal riesce a fuggire con il fratello Salim, ma nella fuga, tentando di prendere il treno in corsa, si perderà Latika. Jamal da quel giorno non si darà mai pace e continuerà sempre a cercarla.


La troverà già adulta, quando ormai è prigioniera e amante forzata di un boss. Ma a lei cercherà sempre di ricongiungersi.
I due fratelli cercheranno di sopravvivere. Faranno i lavori più disparati compreso quello di improvvisarsi guide turistiche.


Svilupperanno personalità opposte che li porterà a vivere destini profondamente diversi.



Alla fine si separerà anche dal fratello Salim, inesorabilmente assorbito dalla spirale di cinismo e violenza che li circonda.



Proprio nei flasback dell’infanzia si ritrovano le scene più belle e vere. Scene indimenticabili: su tutte l'impossibile incontro del piccolo Jamal, che cade in un pozzo nero per arrivare a farsi firmare un autografo dal divo più famoso di Bollywood, il leggendario Amithab Bachchan.

In questa parte emerge uno squarcio di impietosa analisi sociale, un racconto ricco di musica e colori. Sicuramente, a mio avviso, la parte più valida del film.

Un film, quindi, girato in India da un regista irlandese che segue in parte lo stile bollywoodiano.
Bollywood è chiamato il cinema popolare indiano, i cui film sono realizzati prevalentemente negli studios di Bombay e rappresenta una delle realtà cinematografiche più vivaci e prolifiche del mondo che, con una produzione media di 850 pellicole all’anno, supera di gran lunga l’industria hollywoodiana.

Ne esce un film ibrido culturalmente molto ritmato, un film di intrattenimento che lascia comunque spazio qua e là a riflessioni sulle condizioni disumane che tanti ragazzini si trovano a dover affrontare. Una favola d'amore, dove i due amati si perdono, si ritrovano, si perdono di nuovo.
Si susseguono le immagini delle baraccopoli, gli estesi campi di rifiuti, i templi antichi, le strutture industriali e il caos colorato del traffico, gli alti palazzi del potere, segni di un boom economico. In questo caos megapolitano si svolge la storia, ma sembra che proprio questo caos muova la narrazione, la giustifichi, la decida

Ho imparato – dice il regista -a buttar via tutto quel che pensavo e a tuffarmi nella città, assorbendola. Ho provato a raccontare una storia usando proprio la città, il rumore e il brulichio perenne della sua gente. Bisognava fidarsi e rinunciare a esercitare qualsiasi controllo, sennò dopo una settimana ci saremmo gettati da un ponte”.



Quanto alla metafora di "Chi vuol esser milionario", conosciamo il fenomeno dell' identificazione di tante persone nei quiz che dispensano denaro, un rito di speranza e riscatto per chi dalla vita ha ricevuto molto poco. Ma in questo film, in India si percepisce con molta evidenza: i telespettatori adoranti sono i veri dannati della Terra, prigionieri di un' esistenza di miseria e disperazione.

Ma Jamal andrà a quel gioco solo perché sa che la sua amata lo guarda e spera così di poter in qualche modo ritrovarla. Lei lo vedrà e correrà da lui che a sua volta la cercherà e la incontrerà alla stazione. L'aveva persa sul treno, la ritroverà per sempre alla stazione.
E infine l'amore trionferà, sancito da un balletto corale alla stazione del metro.


Danny Boyle utilizza con competenza la musica, un'altra componente essenziale del cinema popolare e della cultura indiana. Sostenuto dal ritmo e dalle note di Allah Rakha Rahman, uno dei più grandi compositori indiani di soundtracks, il regista usa le canzoni in funzione narrativa, la musica si compenetra con le immagini guidando le emozioni

Il regista inglese già autore di "Trainspotting" e "The Beach", gira un film molto diverso dai precedenti e afferma: "ogni volta che mi cimento con un genere diverso, mi sento come all’esordio e riesco a dare più freschezza al racconto", stavolta è infatti volato in India (dove non era mai stato) per girare una favola indiana nell’anima, ma con tanto di occidentale.




Bravi gli attori, specialmente i più piccoli: “All'inizio abbiamo avuto un po' di problemi nel trovare i bambini adatti. Ci serviva che parlassero inglese. Poi abbiamo deciso di cambiare la lingua della prima parte, e girarla nel più verosimile hindi. Così abbiamo potuto trovare gli attori giusti. Sono attori nati, perché hanno visto decine di dvd pirata, conoscono balli, canti, tutte le star del cinema di Bollywood. Sono stati fantastici. L'unico problema è stato quando abbiamo dovuto dire alla produzione che avevamo cambiato la lingua di partenza”.

Sogno e realtà, gioia e dolore, fiaba e vita estrema sono gli ingredienti opposti di questo film.
“Riflettendoci, in seguito – dice il regista -, ho capito che quello che piace al pubblico è il sogno. La vicenda di un ragazzo che arriva letteralmente dalle stalle alle stelle e che, soprattutto, ritrova l’amore della sua infanzia. Inoltre c’è tutto il discorso di Bollywood. Hollywood e Bollywood si stanno studiando a vicenda. Se pensate che la società di Steven Spielberg è stata acquistata da uno studios di Bollywood, che la Disney ha appena finito di realizzare un cartone in lingua indi e che, in un anno che ho girato a Mumbai, Will Smith è venuto due volte per sopralluoghi… Capite che sono due realtà più vicine di quello che uno pensa. Inutile poi dire che in India vanno pazzi per le loro star ma anche per gli attori americani, quindi il pubblico è molto sensibile a possibili avvicinamenti tra questi due mondi”.

Sinceramente non so se merita davvero l'Oscar, ma è comunque un film godibile.

10 commenti:

Solimano ha detto...

Giulia, dovrò mettermi anch'io a guardare qualche film di Bollywood perché, piaccia o dispiaccia, il futuro è lì. Naturalmente, il 90% dei film che escono saranno fatti con la copia carbone, ma è tale il vigore della civiltà popolare indiana, saggezza ed ingenuità commiste, che qualcosa di grande sicuramente uscirà. Ho qualche dubbio che esca con un regista occidentale, ma non è detto. L'India e la Cina sono la dimostrazione che le grandi culture storiche riemergono, malgrado tutti i tentativi, anche interni, di estirparle. Per cultura storica non intendo quella di Gandhi, che al di là delle apparenze era più occidentale che indiano, ma ne parleremo un'altra volta.

grazie Giulia e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Non è il primo film "diverso" di Boyle (che adoro). Anzi credo sia molto vario come regista.

Alla fine mi sarei aspettato l'errore, visto che ormai aveva ritrovato Latika e tutto il resto non contava (per Jamal), ma naturalmente anche vincere al quiz aveva un senso.

Ho notato qualche scelta "furba", ma lo reputo comunque uno dei migliori film dell'anno (messo infatti in posizione alta nella "mia" classifica).

Bella recensione!
Ciao!

Giuliano ha detto...

E' la dimostrazione di come anche da un soggetto non eccezionale si possa trarre un buon film, che parla di cose vere e del momento in cui stiamo vivendo.
Non l'ho ancora visto, ma sembra che assomigli un po' ai film di Frank Capra. (ai magnifici film di Frank Capra!)

Anonimo ha detto...

ogni cosa che descrivi tu diventa improvvisamente imperdibile...

annarita ha detto...

Avevo gettato un'occhiata distratta alla trama di questo film e temevo fosse il solito polpettone sentimentale fino alla stucchevolezza. Il tuo post mi ha fatta ricredere e penso proprio che andrò a vederlo. Il discorso Bollywood meriterebbe molto spazio, è una realtà da non sottovalutare.
Salutissimi, Annarita.

Anonimo ha detto...

E' veramente interessante. Un film che ci aiuta a conoscere meglio la storia e le vicissitudini dell'India e che ci mostra che, in fondo, tutto il mondo è paese: il povero, il più piccolo, secondo i "benpensanti", non deve migliorare la sua condizione e la sua crescita è sempre vista con sospetto e diffidenza. Un caro saluto, Fabio

giulia ha detto...

Solimano, Bollywood è una realtà che ormai non si sta evolvendo moltissimo e di cui bisogna prendere atto.
Sopravvivente e Giuliano è tutto sommato un buon film che mescola fiaba e realtà anche se, a mio avviso, con qualche scivolone qua e là.
E' Annarita un po' "un polpettone", ma secondo me vale la pena vederlo; ci sono alcune immagini davvero molto belle. La storia di per sè non mi ha entusiasmato di certo.
Poi c'è l'aspetto, Fabio, di come la globalizzazione veramente ci passi gli stessi spettacoli, lo stesso tipo di conduzione e questo un po' rattrista.

Anonimo ha detto...

Io l'ho trovato davvero bello. Non un classico Bollywod,non cioé una favola indiana moderna, ma un film crudo e tenero, feroce e comico, "un pugno nello stomaco" e soave,nello stesso tempo.
Bello, bello.

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