sabato 28 giugno 2008

I modi di vedere: Per grazia ricevuta

Per grazia ricevuta, di Nino Manfredi (1971) Sceneggiatura di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Luigi Magni, Nino Manfredi Con Nino Manfredi, Lionel Stander, Delia Boccardo, Paola Borboni, Mario Scaccia, Fausto Tozzi, Mariangela Melato, Tano Cimarosa, Gastone Pescucci, Paolo Armeni, Antonella Patti, Véronique Vendell, Rosita Torosh, Ugo Adinolfi, Gianni Rizzo, Enzo Cannavale Musica: Guido De Angelis Fotografia: Armando Nannuzzi Set Decoration: Danilo Donati (122 minuti) Rating IMDb: 7.0
Solimano
Con la vista logica I modi di vedere ho già detto che cerco di muovermi con cautela: di post ne ho scritti tre, ma ho in mente più di dieci film che vorrei inserire. Per sentirmi ragionevolmente sicuro del fatto mio, li lascio stagionare non so se nell'emisfero destro o in quello sinistro del cervello. Come al solito, ogni regola ha le sue eccezioni, qui c'è un film che ho rivisto oggi dopo tanti anni eppure lo mando in prima linea.
Per grazia ricevuta (1971) di Nino Manfredi non è un capolavoro: alcuni aspetti non mi sono piaciuti, e ne scriverò in un altro post. Ma nel film c'è un episodio singolare che mi ha del tutto convinto, proprio come modo di vedere: la festa processionale per il bambino Benedetto Parisi (Paolo Armeni) appena miracolato da Sant'Eusebio. Il merito è da spartire fra due persone: Nino Manfredi, il regista, che fa anche il personaggio di Benedetto Parisi adulto, e Danilo Donati, il responsabile del Set Decoration - termine abbastanza intraducibile perché vuol dire tante cose.

Vi risparmio la storia a monte dell'episodio salvo due particolari indispensabili.
Il parroco, preparando i bambini per la Prima Comunione, assegna ad ognuno un Celeste Protettore con relativo santino, ha un mazzetto di santini come fossero carte da gioco. Il bambino Benedetto desiderava San Giorgio, un guerriero, ma quando viene il suo turno gli tocca prendere Sant'Eusebio, un vescovo martirizzato sul fuoco. Gli secca un po', difatti fa un bel falò con uno spaventapasseri camuffato da Sant'Eusebio (immagine sopra il post).
Sempre Benedetto, correndo fuori dalla chiesa subito dopo la comunione, cade in un dirupo. Dall'alto lo vedono immobile faccia in giù, ma il bambino non si è fatto niente e se ne accogono quando lo girano (immagine in fondo al post). Allora Viva viva Sant'Eusebio (canzoncina cantata da Nino Manfredi) e nasce spontanea la processione per le vie strette del paese: il Santo ha fatto il miracolo!

Il personaggio più importante della processione è Sant'Eusebio, con un gran barbone, il vestito da vescovo e le fiamme su cui sta bruciando. Però lui non si lascia impressionare.

C'è anche una Madonna col Bambino, tutti e due con la corona in testa e con l'ornamento degli ex-voto per le grazie largamente concesse.

Queste bambine non si sono vestire apposta per la processione. In quel giorno hanno fatto la Prima Comunione e la Cresima (che non sempre si facevano nello stesso giorno) e quindi hanno il vestito della Cresima, per cui i genitori erano disposti a spendere anche più di quello che potevano.


Ci sono gli Angeli, e qui faccio una osservazione. Gli Angeli erano spesso di cartapesta molto colorata, ma accadeva anche che si vestissero i bambini a simulare Angeli e Santi (San Luigi Gonzaga e San Giovannino erano i più diffusi). L'Angelo più giovane vola più in alto, aiutato però da un palo che lo sostiene.

C'è un'altra Madonna, anch'essa incoronata ma meno imperativa della precedente. Gli occhi chiusi sono un cenno d'ironia lieve lieve, perché una delle bellezze dell'episodio è che la processione non è né naif, né bozzettistica, ma semplicemente di religiosità popolare. Sempre meglio, anche per i laci, degli oroscopi o chiromanti (sembra che ci vadano milioni di persone ogni anno!)

Le donne, tutte vestite di nero, cantano felici e commosse, assistendo al passaggio della processione. Tiene banco la zia di Benedetto (Antonella Patti), una mora piacente che ha fatto credere al bambino che l'uomo nascosto nell'armadio fosse Sant'Eusebio (non lo era, era un suo amico con la barba che si chiamava Giovanni).

Candele, tante candele belle grosse davanti al Bambinello trionfante, mica come le odierne lampade elettriche che metti la moneta e si accende per un po'.


Tutti, attraverso le vie strette, si ritrovano davanti alla chiesa, in cui c'è uno spiazzo un po' più grande. C'è solo un problema: riuscire a mettersi d'accordo come canti sacri (o canzoni?) da eseguire insieme. Prima cantavano separatamente.

A parte il Celeste Protettore Sant'Eusebio, c'è anche il bambino Benedetto, appena miracolato dal santo, che l'hanno già vestito da fraticello e che crescerà in convento. Ma di cose poi ne succederanno tante...

Tutto è raccontato e visto benissimo, col tono giusto, che è del tutto analogo fra laici e cattolici -faccio fatica a spiegarlo, ma è così. La grande cultura popolare della religione fattiva, realistica e diffusa ce l'abbiamo dentro tutti, anche se crediamo di averla rimossa. La fecondità di questa cultura non si è manifestata solo nei capolavori artistici, ma nelle cosiddette arti minori che erano amatissime dai fedeli.

Ognuna di queste arti minori aveva una sua funzione: acquasantiera, cartagloria, paliotto, pianeta, tarsia, confessionale. Basta aprire gli occhi nelle chiese scordando per un po' le guide del Touring. Una sola raccomandazione: niente atteggiamenti di tipo estetizzante, cercate di capire a che cosa servivano e perché erano lì. Si imparano cose importanti, se si assume l'atteggiamento giusto, che è quello di sentire anche un po' della nostra storia personale. E' assurdo rimuoverla. Qui sopra metto una immagine del Cenacolo di statue di legno colorate che sta nel Santuario della Beata Vergine di Saronno, a metà strada fra casa mia e casa di Giuliano. E' stato fatto da Andrea da Milano nel 1531. L'artista si ispira al Cenacolo di Leonardo. E' impressionante guardarlo stando in chiesa: sembra che gli Apostoli siano persone come noi, proprio quello che volevano questi artisti. A Saronno ci sono anche i capolavori di Bernardino Luini e di Gaudenzio Ferrari. Più di cento anni ci misero, a costruire e ad ampliare, aggiungendo ogni anno qualcosa che prima non c'era. Chi vuole andarci, telefoni prima: ci sono dei volontari che vi portano dappertutto, persino vicino agli affreschi in alto, quelli della cupola.

P.S. Lo splendido luogo in cui si svolge la processione del film è il paese di Fontana Liri, in provincia di Frosinone, il paese dove nacque Marcello Mastroianni.

2 commenti:

Giuliano ha detto...

Questo è un film che non ho mai ben inquadrato. Al di là della simpatia di fondo, ci sono momenti di un anticlericalismo molto forte, e anche tanti.
Chissà se c'è qualche intervista di Manfredi che davvero spiega...

Hai fatto bene a portarlo qui, ci sono tante cose da dire. Non solo sui luoghi (magnifici, compresa la farmacia di Lionel Stander) ma anche sui mestieri che non ci sono più, come il venditore ambulante che faceva il giro dei paesi più sperduti con il suo furgone.
Penso che questo film ci terrà compagnia per un po'.

Solimano ha detto...

Giuliano, Manfredi è un po' ambiguo, come è ambiguo tutto il film, che ha notevoli alti e bassi. Per me Manfredi si preoccupava troppo dell'opinione altrui e di che cosa pensassero Oltretevere. Difatti il personaggio più simpatico è proprio Lione Stander, a cui Manfredi addossa tutte le cose che avrebbe voluto dire lui, ma non se la sentiva. Il film ha dei pregi, soprattutto per la parte della processione e per quello che dici tu, ma rispetto al rigore ed alla lucidità dei film di Bunuel ha un po' un sapore di caricatura.

saludos
Solimano