mercoledì 4 giugno 2008

Gli argonauti (2)

Jason and the Argonauts, di Don Chaffey (1963) Da "Le Argonautiche" di Apollonio Rodio, Sceneggiatura di Jan Read, Beverly Cross Con Todd Armstrong, Nancy Kovack, Gary Raymond, Laurence Naismith, Nial MacGinnis, Michael Gwynn, Douglas Wilmer, Jack Gwillim, Honor Blackman, John Cairney, Patrick Troughton, Andrew Faulds, Nigel Green, Ferdinando Poggi, Davina Taylor Musica: Bernard Herrmann Fotografia Wilkie Cooper Trucchi: Ray Harryhausen (104 minuti) Rating IMDb: 7.3
Solimano
Alla fine della prima puntata, abbiamo lasciato i nostri Argonauti in mare aperto. La nave Argo è attrezzata con gli scalmi da rematori, ma quando possono questi Eroi (eroi veri, Wikipedia fa i nomi di tutti) vanno avanti a vela, come si vede nell'immagine sopra il post.
Gli Argonauti vogliono arrivare nella Colchide per impadronirsi del Vello d'Oro, quindi avranno pure un itinerario. E invece no, per il momento non ce l'hanno: niente carte geografiche, seguono il proprio naso, i venti, soprattutto i suggerimenti degli indovini e i consigli degli dei. Nel caso di Giasone (Todd Armstrong), neanche parlarne, lo sanno tutti che è il cocco di Hera (Honor Blackman), ogni consiglio di Hera è un ordine.
Hera dice che dobbiamo andare nell'Isola di Bronzo? E andiamoci, in quest'isola, ricordando bene che Hera ha detto che non dobbiamo portare via niente dall'Isola di Bronzo.


Appena arrivano sull'isola, Ercole (Nigel Green) e Ila (John Cairney) decidono di andare un po' in giro, così scoprono perché si chiama l'Isola di Bronzo. Se si guarda l'immagine di sopra un po' distratti, sembra che siamo in un museo di sculture all'aperto. Occhio, però! Nell'immagine ci sono due figure molto piccole, si tratta di Ercole ed Ila. In questo modo ci facciamo una idea delle dimensioni delle sculture.
Nella immagine sotto vediamo la scultura a cui si avvicinano Ercole ed Ila. Sul basamento c'è scitto il nome del rappresentato: Talos. Si tratta di un gigante bronzeo che ha una lunga storia come mitologia, ma indagheremo un'altra volta. Come si vede, nel basamento di Talos c'è una porta. Il problema non è se sia aperta o chiusa, è che è difficile smuoverla. Per uno come Ercole -sappiamo tutti come è fatto- questo è un invito a nozze: a forza di spinte erculee la porta si apre ed Ercole e Ila si trovano in un grande locale, in cui Talos conserva il suo tesoro. Tutta roba fatta in scala secondo le sue dimensioni.


Giasone ha detto che dall'Isola non bisogna portare via niente, ma Ercole, quando vede una spilla di quelle ornamentali, pensa che come giavellotto gli farebbe comodo. Cosa sarà mai una modesta spilla per Talos? Nossignore, Talos è uno che ci tiene alle cose sue, eppoi di carattere è uno dei più permalosi dei giganti. Fatto sta che Talos si mette in pista non solo per recuperare la sua spilletta, ma per far passare un brutto quarto d'ora ai disturbatori.


Gli Argonauti cercano di fuggire con la loro nave, ma sono all'interno di una rada. Talos si apposta alla bocca di uscita e solleva la nave con una mano sola: gravi danni, tutti gli Argonauti in acqua e meno male che prima di partire hanno fatto un corso intensivo di nuoto. Con Talos bisogna venirne ad una e la solita Hera dà un buon consiglio a Giasone. Talos ha lo stesso punto debole che avrà Achille: il tallone (ricordiamoci che gli Argonauti vivono prima della guerra di Troia).
Basta lasciar passare Talos e seguirlo senza farsene accorgere, perché Talos nel girarsi è lento. Poi, con un cacciavite di allora, che certamente gli archeologi prima o poi troveranno, aprire un portello nel tallone del gigante ed il gioco è fatto.
Escono liquidi e fumi: giallastri, grigiastri, nerastri, rossastri. Talos si blocca restando in piedi, poi il suo bronzo si riempie di cretti e crolla su se stesso lasciando macerie metalliche sulla riva del mare. Tanta roba, che sicuramente il rottamatt detto anche robivecchi ci ha messo un mese a sgomberare. Purtroppo Ila è sparito ed Ercole per cercarlo rimane sull'Isola di Bronzo.

Gli Argonauti rimettono a posto la nave e ripartono per un'altra isola in cui Giasone deve incontrarsi con un profeta-indovino-cantore, Finea (Patrick Troughton), che potrà dargli indicazioni ulteriori sul viaggio.


Finea è cieco, fin qui passi, era un po' uno status symbol per quelli che facevano quei mestieri strani. Il guaio di Finea è che non riesce a mangiare, perché appena si mette a tavola arrivano tre Arpie, bestie veramente brutte, pure mezzo-umane e svolacchianti qua e là. Violacee-bluastre di carnagione. Le Arpie sono inviate ogni giorno da Zeus (Niall MacGinnis) che avrà i suoi motivi per avercela. Ogni tanto però Finea si sfoga, poveretto. Ho trovato questo suo sfogo in IMDb, evidentemente Finea conosceva anche l'inglese:
Phineas: Zeus, I was a sinner. I've never tried to deny it. But I didn't sin every day. Why then do you punish me *every day*?
Da mie informazioni risulta che le Arpie imbrattavano anche le mense, ma questo il film per fortuna non lo mostra.



Giasone approfitta di un tempio che allora era in costruzione. Non l'hanno ancora finito, io l'ho visto quel posto, i lavori dai tempi di Giasone e Finea non hanno fatti progressi, una lentezza scandalosa dell'impresa che ha in appalto la costruzione.
Le Arpie vengono attirate col cibo all'interno del colonnato, e gli Argonauti fanno scendere le reti e catturano le bestiacce.
Finea riprende a mangiare. Davanti a lui il tavolo è ricolmo di vivande. Qui si vede la grande organizzazione dei greci antichi: in poche ore erano in grado di far pervenire frutta tropicale sulla tavola di Finea.
Le Arpie, poverette, sono finite rinchiuse in una gabbia di legno, e dovranno supplicare Finea per nutrirsi.


Finea ha spiegato la rotta a Giasone, che adesso sa come arrivare nella Colchide del mitico Vello d'Oro. Però deve passare attraverso le Isole Simplegadi, che celano in sé un grave pericolo. Così ha detto Finea, che prima della partenza degli Argonauti consegna a Giasone un amuleto da usare solo in casi estremi. Vediamo la nave già in mezzo alle isole: gli Eroi, oggi tutti Rematori, sono concentrati nello sforzo, scandito dal capovoga su due tamburi. Che accadrà?


Il trucco delle Simplegadi è semplice: si fanno il terremoto addosso l'una con l'altra, così sulle navi precipitano pietre, rocce, montagne intere. Dall'altra parte delle isole una nave è in difficoltà e dopo un po' viene schiantata da terremoto e maremoto.
Ora toccherà a loro: che fare? Giasone si ricorda dell'amuleto di Finea e lo getta in acqua. Dal mare sbuca l'enorme figura di un uomo-tritone che ferma le rocce, e consente alla nave Argo di passare. Poi l'uomo-tritone si reimmerge in mare.

Giasone si accorge che fra lo sfasciume della nave affondata si muove una figura umana. Si tuffa per salvarla e guardate un po' che bella figura umana salva Giasone. Sicuramente di stirpe reale, comme il faut, il diadema in capo lo attesta. Malgrado la drammaticità del momento, osservatene atteggiamento e comportamento. La giovane usa cosmetici e lacche resistenti all'acqua marina, mentre l'abito che indossa purtroppo si è bagnato. Proprio un bel salvataggio, quello che ha fatto Giasone! La giovane gli sussurrerà il suo nome: Medea (Nancy Kovack).
(continua)

6 commenti:

Giuliano ha detto...

Menzione d'onore per Ray Harryhausen, che con George Pal era il re di questi trucchi e animazioni dei primi anni '60: che sono molto artigianali, ma sempre belli da vedere.
Anche quando io ero piccolo si capiva subito che erano marionette, e si protestava un po', ma poi alla fine piaceva.
(ebbene sì, io sono uno di quelli che questo film l'ha visto, e per di più nel momento giusto: forse mi confondo con un altro, ma poi arrivano anche i guerrieri defunti che risorgono, come nel Signore degli Anelli?).

Solimano ha detto...

Dovrò rifletterci, perché film di questo genere (chiamiamolo così) normalmente bon mi interessano né mi piacciono, salvo alcuni di cui sono quasi entusiasta. Adesso c'è anche questo, due che conosco da molti anni sono Le miniere di Re Salomone (quello con Stewart Granger e Debora Kerr) e Il ladro di Bagdad (quello con Sabu).
E' difficile da dire ma ci trovo ingenuità, entusiasmo e poco manierismo: i trucchi ci sono, si vedono e sono felici di mostrarsi.
Mentre in altri film più esaltati e famosi, anche più recenti, il trucco per il trucco mi annoia, e i tiramenti pseudo-filosofici ancora di più (li trovo falsi e bugiardi).
E' proprio un fatto di pelle. Probabilmente vicino a certi miei gusti in letteratura ed in pittura: Rubens, Hals, Folengo, Cellini. Maya è così bello, perché aggiungerci del meta-maya?

saludos
Solimano

Habanera ha detto...

A chi non lo avesse ancora fatto consiglio di cliccare sulle immagini per ingrandirle.
Io sono rimasta a bocca aperta: sono spettacolari!
Ho già detto che l'argomento mi intriga? Lo ripeto.
Solimano, si vede che ti stai divertendo un mondo con questo film e stai facendo divertire anche noi.
Grazie
H.

Roby ha detto...

Slurp... gnam... scrock... gulp... urca!!!

Scusate, ma leggere i post "argonautici" di Solimano mi fa venir voglia di divorare gelati, caramelle, popcorn e patatine, mentre sullo schermo scorrono le immagini...

TO BE CONTINUED!!!!

R.

Solimano ha detto...

Ragazze, parliamoci chiaro, al di là della doverosa attenzione alla cultura di cui il nostro blog è propugnatore.
Avete mal di testa? Difficoltà di digestione? Altri disturbetti? Siete di umore triste?
Questo film funziona meglio dell'Alka Seltzer e della dolce Euchessina. Costa pure di meno e non ha controindicazioni, se non il rischio di slogarsi la mascella dalle risate (però di tipo ammirato). E la mitologia è molto meglio della storia, visto quello che è successo e che continua a succedere.

saludos y besos
Solimano

Giuliano ha detto...

Caro Solimano, sono d'accordo su tutto però devo sottolineare una cosa: "Il ladro di Bagdad" è una decina di spanne sopra. E' firmato, tra gli altri, da Michael Powell; e siamo negli anni 40.
Con Powell siamo alle vette massime dell'artigianato, siamo dalle parti dell'artista.
Rimando tutti ai miei post che ho messo qui, Narciso Nero, I racconti di Hoffmann, Scarpette rosse...