venerdì 5 settembre 2008

4 mesi, 3 settimane e 2 giorni

4 luni, 3 saptamâni si 2 zile (2007) Regia e sceneggiatura di Cristian Mungiu Con Anamaria Marinca, Laura Vasiliu, Vlad Ivanov, Alexandru Potocean, Ion Sapdaru, Teodor Corban, Tania Popa, Cerasela Iosifescu, Doru Ana, Eugenia Bosânceanu, Marioara Sterian Fotografia: Oleg Mutu (113 minuti) Rating IMDb: 8.0

Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce

Bisogna parlarne ancora, perché molti non sanno cosa vuol dire aver lottato e conquistato la legge sull’aborto.

Ho visto l’altro giorno questo film rumeno, un film duro, ma semplicemente perché è duro trovarsi soli ad affrontare situazioni così difficili. E questo film parla di una storia realmente accaduta. Molti non vorrebbero mai entrare nelle storie scomode che costringono a pensare, a immedesimarsi negli altri. Non lo vogliono fare perché non vogliono conoscere realtà che non gli appartengono e preferiscono rifugiarsi in un mondo costruito a propria immagine e somiglianza. Non è così che dovrebbe funzionare: chi vive in condizioni tragiche, dovrebbe avere il diritto di parlare, di raccontare, di urlare, di far conoscere cosa vuol dire vivere in una realtà difficile e a volte disumana.

E' quello che cerca di fare il regista di questo film Cristian Mungiu, seguire la storia di due ragazze, una storia che dura l'arco di una sola giornata, di quelle giornate che però lasciano un segno indelebile.

Bucarest, 1987. Di lì a due anni sarebbe caduto il comunismo, portando con sè tanti cambiamenti, ma nel momento in cui entriamo a contatto con le due protagoniste di questo “4 months, 3 weeks, 2 days”, in Romania l'aborto è ancora illegale e punibile con molti anni di carcere sia per chi lo pratica che per chi lo riceve. Ancora più seria la faccenda diventa se la donna ha superato i cinque mesi di gravidanza, perchè a quel punto l'accusa da aborto passa ad omicidio.

Gabita è incinta appunto di quattro mesi, tre settimane e due giorni.

Gli effetti sono stati immediati: nei primi anni settanta, c’è stato un decisivo incremento del numero delle nascite, numero nettamente superiore al periodo precedente, il 1966. La media del numero dei bambini in una classe è aumentato da 28 a 36. Il numero delle classi nelle scuole è aumentato da 2/3 a 9/10.

Le donne in difficoltà hanno iniziato quasi subito a far ricorso all’aborto illegale. Alla fine del comunismo, fonti affidabili affermano che oltre 9000 donne sono morte a seguito di un’interruzione di gravidanza nel periodo 1966 - 1989. In quel contesto, l’aborto aveva perduto ogni connotato morale e veniva invece percepito come un atto di ribellione e resistenza contro il regime.

In Romania “La legge decretata nel 1966 – dice il regista - non aveva niente a che fare con la religione, semmai con l'ideologia. Da una parte Ceausescu necessitava di una forte popolazione per una questione puramente economica, per portare avanti i suoi progetti megalomani per i quali serviva la mano d'opera delle giovani leve. Dall'altra voleva che i figli crescessero nello spirito comunista e fossero educati secondo i principi del socialismo. "

D’altro canto per la mentalità conservatrice e conformista dell'epoca, nessuno poteva avere un figlio al di fuori del matrimonio. Senza parlare dell'aspetto economico, le poche madri single, spesso, “vedevano i figli messi in istituto. - racconta il regista, che a Roma ha presentato il film - Ma io non voglio raccontare il comunismo, né Ceausescu: solo una storia personale che mi è stata raccontata da una persona a me molto vicina''.

E’ in questo periodo che si svolge la storia di Otilia e Gabjta, due studentesse universitarie che alloggiano nel dormitorio di una città romena. Vivono in una stanza con altre ragazze.

Gabjta, però, aspetta un figlio e decide di abortire. Affitta allora una stanza d'albergo in un hotel di bassa categoria, e cerca un medico disposto a fare l’intervento. Otilia resta a fianco dell'amica, condivide con lei momento per momento e l’aiuterà fino in fondo anche se il prezzo sarà molto caro.

E la vera protagonista del film è proprio Otilia. È lei, quasi più che l'amica, a divenire sempre più consapevole del vuoto che la circonda, della solitudine profonda in cui si sprofonda quando ci si trova in certe circostanza. Gabjta si affida totalmente a lei. E' lei che deve assumersi le decisioni più gravi e a pagare di persona. Ma non si tira indietro.
E' lei che dovrà affrontare tutte le difficoltà e che dovrà attivarsi per risolvere tutti i problemi che quel giorno le si presenteranno davanti. L'occhio del regista, impietoso, mostra le maschere di questa tragedia urbana nella loro nudità, lasciando trasparire i sentimenti di paura e di confusione che dominerà le due ragazze. Il significato è però evidente: il male non è solo individuale, ma sta spesso nel sistema che domina il destino dei personaggi come lo scuro cielo di febbraio che accompagna tutte le scene del film.

Anche la stanza dove si attuerà l'aborto è squallida, lì le due ragazze ricevono lo sconosciuto destinato (in cambio d’impreviste prestazioni) a risolvere il problema. Personaggio (interpretato straordinariamente), né buono né cattivo: semplicemente situato in una sua dimensione estranea al senso comune del bene e del male. Le ragazze hanno bisogno, lui rischia con loro, ma la posta che mette in gioco è alta.

E' lei che dovrà guardare in faccia la meschinità, la cattiveria, l'indifferenza, la mancanza di scrupoli di chi verrà in contatto con lei. Dopo quel giorno cambierà il suo sguardo sul mondo e sulla vita. Non sarà più la stessa.
''La difficoltà più grande, nello scrivere il film, è stata quella di non giudicare il personaggio con la mentalità di oggi - ha detto Anamaria Marinca, che interpreta Otilia -Nella recitazione dovevo in qualche modo contenere le emozioni che provavo perché, all'epoca, le ragazze non potevano mostrare apertamente i propri sentimenti ".

Il film di Cristian Mungiu si inserisce nel progetto "Tales from the Golden Age" che vuole raccontare in più film l'epoca che precede la fine del comunismo in Romania e lo vuole fare proprio attraverso piccole storie individuali. Nelle storie individuali ritroviamo tutta la drammaticità dei problemi. Il regista non ama fare film su storie inventate, preferisco narrare storie vere che conosce, che gli sono state raccontate o che ho vissuto in prima persona.

Ero molto giovane e come molti altri ragazzi della mia età non mi rendevo conto di cosa volesse dire non avere la libertà, e questo forse è l'aspetto più grave del comunismo. A quei tempi nessuno di noi si sarebbe aspettato la fine del comunismo. Pensavamo che avremmo vissuto e saremmo morti sotto il regime comunista. Per noi era normale vivere così, prendevamo le cose come venivano cercando di risolvere i problemi quotidiani. Per questo motivo ho cercato di mantenere uno sguardo obiettivo, evitando di fare commenti sul regime di allora. Infatti nessuno nel film pronuncia mai la parola comunismo, Ceausescu o dittatura. 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni è la storia di due ragazze raccontata attraverso la prospettiva molto personale di un unico personaggio, dall'inizio alla fine”.

Ripreso quasi esclusivamente con camera a mano, lo stile è volutamente secco e asciutto. Indicativa è l'assenza di musica di accompagnamento che non sia legata a circostanze ambientali concrete.

Il film è vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes del 2007.

4 commenti:

Solimano ha detto...

Giulia, ignoravo che, fra le tante malefatte di Ceucescu ci fosse anche questa.
Sull'argomento, vedo molta ipocrisia clericale, e non solo (vedi Ferrara).
Ipocrisia riguardo i contraccettivi, che non ne parlano neppure in Africa, dove l'AIDS è molto diffuso.
Ipocrisia nell'obiezione di coscienza, con medici a plotoni affiancati dietro quello che il primario (coscienzioso) decide.
Ipocrisia nei consultori che vogliono coinvolgere il partner, come se la donna avesse bisogno di essere intimidita , turbata e oltremodo colpevolizzata. La decisione non può essere che della donna.
Ipocrisia nel propalare che l'aborto è uno sfizio libertario, quando è un grave turbamento che spesso segna per la vita.
Ipocrisia nel far finta di non accorgersi dell'esposizione di tante donne extracomunitarie.
Continueranno a provarci, ad abolire la legge, non ho il minimo dubbio.

grazie Giulia e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Che una storia come questa sia accaduta "in ambito comunista" sarebbe da ridere, se non fosse così tragica: confrontandola con le nostre polemiche odierne, viene da dire che la cattiveria e la stupidità sono universali - che in teoria è una banalità, ma che tristezza (soprattutto in chi si dice cristiano) questa durezza di cuore.

L'altro pensiero è per Heinrich Böll, che nel 1959, in "Opinioni di un clown", racconta di una coppia che vorrebbe avere figli, ma la ragazza non riesce a finire la gravidanza, e ogni volta che abortisce, oltre al dolore di aver perso il bambino, si vede trattata come una delinquente, con perquisizioni della polizia e suore che la guardano di traverso con riprovazione. Se questo è il mondo che vogliamo...

Anonimo ha detto...

Stanno venendo fuori molte storie dall'Est e questo film ne è una testimonianza. Grazie a voi. Giulia

Anonimo ha detto...

Argomento pernicioso e doloroso.
Si è detto tutto e il contrario di tutto e ci sarebbe ancora tutto da dire. « Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle. »
(Voltaire)