sabato 15 novembre 2008

Un altro finale per... King Kong

Roby
Da bambina facevo confusione fra Hong Kong e King Kong. Prima di vedere il film -quello del 1933- in tv, pensavo si trattasse di una storia misteriosa ambientata in Estremo Oriente... Assistere alle disavventure dello scimmione catturato da esploratori occidentali senza scrupoli nella giungla più intricata e innamorarmene (dello scimmione, non degli esploratori!) fu tutt'uno. Adesso non state lì ad arzigogolare maliziosamente sui significati intrinseci ed estrinseci di quest'infatuazione. La mia era -ed è tuttora- pura e semplice solidarietà verso il più debole: benchè definire tale un gigantesco gorilla alto più o meno 6 metri possa apparire quanto meno inappropriato.


Eppure, nel film capostipite come in tutte le versioni successive, la vittima è lui, Kong, il quale solo nella sua foresta può essere definito King, il re. Al di fuori di essa, nella metropoli che brulica di gente più che il sottobosco di formiche, dove i grattacieli gareggiano in altezza con baobab e sequoie, il povero enorme primate si muove come impazzito, allucinato dai fari delle auto e dalle fotoelettriche della polizia, cercando disperatamente la giovane donna bionda di cui si è incapricciato come di un morbido giocattolo nuovo.














































































Manifesti e locandine (bellissimi quelli degli anni '30, piuttosto scadenti quelli del 1976, suggestivi i più recenti, datati 2005) ce lo presentano furibondo, gli occhi iniettati di sangue, in una mano la malcapitata eroina e nell'altra un brandello di aereo afferrato al volo. Sullo sfondo l'Empire State Building, il luogo deputato a fungere da altare del suo sacrificio: perchè si sa, lo scimmione è destinato a capitolare, infine, crivellato dai colpi dell'aeronautica, dell'esercito e forse anche della marina degli Stati Uniti. Del resto, se lo è cercato, osando sconvolgere il senso di marcia del traffico in Times Square, e per di più palpeggiando una fragile e indifesa donna bianca...








Nel remake con Jessica Lange prodotto da De Laurentiis il palcoscenico si sposta sulle torri gemelle del World Trade Center, sulle quali -giusto 25 anni dopo- si sarebbe irrimediabilmente abbattuto qualcosa di gran lunga più inimmaginabile e terrificante. E rivederle lì, sotto i piedoni di King Kong, fa un certo effetto, quasi che non si riuscisse più a distinguere bene qual è il film e quale il servizio giornalistico sull'11 settembre.
Ma torniamo a noi, e al nostro finale alternativo. Prima di tutto, c'è da dire che Kong se ne stava bello tranquillo a casa sua, volteggiando da una liana all'altra, ingannando il tempo tra divorare quintali di banane e spezzare il collo a qualche pseudo-dinosauro superstite nel fitto della giungla. Mai avrebbe pensato di porre zampa sul suolo del Nuovo Mondo, se un manipolo di scriteriati scienziati-esploratori non fosse andato lì apposta a rompergli le scatole (pardon, gli scatoloni!), riuscendo non si sa come a impacchettarlo nella stiva di una capiente nave da carico.





Ora, dico io, per uno come lui, con quell'apertura di braccia e quei piedi grandi come piroscafi, che ci vorrebbe a tornarsene a casa a nuoto, tuffandosi nella baia di Hudson, invece di impelagarsi nella scalata di grattacieli e ponti di Brooklyn? Oltre tutto, se anche sfuggisse ai colpi dell'artiglieria, in breve tempo l'inquinamento atmosferico della Grande Mela avrebbe la meglio persino su due polmoni come i suoi, potenti ma impreparati all'attacco del monossido di carbonio. E poi, in quale supermercato troverebbe le banane non trattate chimicamente (Chiquita zero in condotta, altro che 10 e lode!) di cui necessita il suo metabolismo?
Dulcis in fundo, alla biondina parcheggiata sul palmo della sua manona darei un consiglio spassionato: perchè non fare un pensierino sulla possibilità di seguire King Kong a ritroso? Hai visto mai che diventasse la nuova Dian Fossey di Gorilla nella nebbia? Sempre meglio che ballerina di fila in qualche bettola di Chinatown: se non altro, cibo sano, movimento ed aria pura le sarebbero quotidianamente -e affettuosamente- assicurati dal suo quadrumane chaperon.


Il manifesto di King Kong (1933) in Roma di Fellini (1972)
-dietro gentile suggerimento di Giuliano-


4 commenti:

Giuliano ha detto...

Non avevo ancora pensato al fatto che Kong se me stava tranquillo a casa sua, e che di lì non si sarebbe mai mosso, se fosse stato per lui. E' quindi giustamente arrabbiato, lo capisco perfettamente.
Il fatto è che questa non è affatto una storia semplice, di cose ne vengono in mente tante e non basterebbe uno psicoanalista per tirarle fuori tutte.
Bellissimi i manifesti, gran bel lavoro: concordo anche sul giudizio estetico, quelli degli anni '30 sono capolavori assoluti, quelli di De Laurentiis sono bruttini, da Lanciostory. Del resto, il King Kong anni '70 è passato alla storia quasi solo per Jessica Lange.

Roby ha detto...

...e la "biondina", nel caso della LANGE, è poi diventata un'attrice coi fiocchi: chi l'avrebbe detto, vedendola lì mezza spogliata a far la doccia fra le mani (meccaniche) del King Kong delaurentiisiano?

Domanda: ma secondo voi, che c'entrano i dinosauri di Jurassic Park con lo scimmione? C'erano anche nel primissimo film? Oppure è solo un modo come un altro di riciclare materiale in magazzino?

Grunt!

Roby

Solimano ha detto...

Roby immaginifica!. Si vede che il tema King Kong ti ha ispirato, peccato che l'occhiuta censura non permetta di mostrare anche gli scatoloni, che probabilmente farebbero invidia a certe seconde case della Val Brembana.
Ed è ora di dirlo all'universo mondo: basta con gli innamoratini gné gné, che non li invidierebbe neppure un pisellino secco seppur fritto.
Riguardo alla Signora Jessica Lange, che dire? A suo modo è stata sfortunata, perché i King Kong anteguerra erano meglio di quello che è capitato a lei.
Quello che non ho capito bene è se il tema King Kong affascina più i maschietti o le femminucce, secondo me entrambi, c'è sempre -per fortuna- un punto d'incontro fra il modo di vedere e di sentire di uomini e donne... partendo naturalmente da dati di fatto diversi. Trovo in ciò una qualche consolazione alle durezze della vita, anche se -va detto- ci sono uomini che sono peggio delle donne e persino donne che sono peggio degli uomini. Basta accorgersene...

saludos y besos
Solimano

Giuliano ha detto...

Paolo Poli confessò, in tv con Fazio, che per lui il vecchio Kong fu fondamentale.
Per quanto mi riguarda, Jessica Lange è l'unica cosa che mi ricordo del film anni '70, a parte qualche cosa sulle meraviglie del "mostro" di Carlo Rambaldi, all'epoca premiato con l'Oscar per gli effetti speciali, se non ricordo male (Rambaldi fece anche ET con Spielberg). Ma poi chi erano gli altri attori? Boh!

Invece ho un bel ricordo del primo King Kong, quello del 933: ma l'ho visto in tv che avevo già trent'anni, o quasi. Fa un curioso effetto, quasi tenerezza, vedere quel pupazzetto in tv: ma al cinema deve aver fatto davvero impressione.

L'ultimo King Kong ha Jack Black, che è un bravo attore "de panza" (c'è lui dietro Kung Fu Panda), ma stavolta la biondina è un po' sbiadita.

I dinosauri sono fondamentali! C'erano già in "Viaggio al centro della Terra" di Jules Verne. Prima no, perché i dinosauri nascono nell'Ottocento con la paleontologia vera e propria: prima c'erano i draghi volanti e i mostri marini, Perseo e Andromeda, San Giorgio sul cavallo bianco, l'Ippogrifo, Sigfrido e Mago Merlino.