sabato 22 novembre 2008

Nanni Moretti: "Io , Veltroni e il Caimano"

Aprile (1998) di Nanni Moretti

Solimano
Inserisco l'articolo uscito ieri su la Repubblica. Quello che dice Nanni Moretti mi sembra importante e condivisibile, dirò alcune cose nei commenti al post. (s)

"Io, Veltroni e il Caimano"
Intervista di Paolo D'Agostini a Nanni Moretti

Incontriamo Nanni Moretti alla vigilia del Torino Film Festival che dirige per il secondo anno. La conversazione nel suo ufficio (ha sistemato davanti a un imponente schermo il lettino da psicanalista di "La stanza del figlio", per svolgere comodamente le funzioni di selezionatore) è tranquilla e generosa come un tempo non sarebbe stata. Si comincia dal cinema d'autore nel senso di personale e non-industriale ("Che vince come dimostrano "Gomorra" e "Il divo""). Si passa alla feroce antipatia per il Festival di Roma ("Prepotente, ora come prima del cambio politico"). Si continua sull'esasperata personalizzazione torinese che ha sicuramente fruttato "visibilità" ("Quale personalizzazione? E comunque non è colpa mia"). Si passa alla televisione: da spettatore ("E' tutta uguale e livellata verso il basso") e da ospite col contagocce ("Vado dove mi sento meno a disagio").

Ci si distende infine sui suoi cavalli di battaglia extra-artistici: Berlusconi, la cui vittoria è lo specchio di una rinuncia, quella di chi sostiene che "agli italiani non interessa il conflitto di interessi, visto che hanno fatto vincere Berlusconi". E l'opposizione che non reagisce, è inerte, non rivendica la propria identità e non difende i paletti fondanti della democrazia repubblicana: "Veltroni? Il partito democratico aveva messo in moto speranze e attese, mi pare che per ora le abbia frustrate".

W. (2008) di Oliver Stone

Il Festival di Torino apre oggi con il colpaccio di W, il film di Oliver Stone sul presidente uscente Bush che incredibilmente non ha ancora una distribuzione italiana.

Questa conversazione parte dal cinema e arriva ad altro. Si comincia dall'agitazione causata dall'assenza di titoli italiani nel concorso, e dalle sue parole sul cinema d'autore.

Lei voleva sottolineare che Gomorra e Il divo rappresentano un'indicazione importante perché sono film molto personali nello stile, mentre le è stato attribuito un pessimistico "due sole personalità non fanno il miracolo italiano"?
"Infatti, e aggiungo che oltre a una nuova generazione di registi, ce n'è una di produttori: Nicola Giuliano e Francesca Cima con Andrea Occhipinti (Il divo), Lionello Cerri (Giorni e nuvole) e Domenico Procacci (Gomorra). Tutti quelli che dicevano "è dei film d'autore la colpa del disamore del pubblico nei confronti del cinema italiano", non hanno saputo più che cosa dire davanti ai due successi di pubblico, critica, premi internazionali. Che sono il risultato del percorso "d'autore", cioè personale, di Garrone e Sorrentino. Improvvisamente è successo che il pubblico, che si vantava di non andare a vedere i film italiani perché "noiosi", questa volta ne ha premiati due nello stesso momento".

Caos calmo (2008) di Antonio Luigi Grimaldi

E gli italiani assenti?
"Nelle varie sezioni del TFF ce ne sono molti. Se qualcuno pensa che quest'anno abbiamo "rifiutato" un anno di cinema italiano, sappia che casomai abbiamo rifiutato tre settimane di film italiani: tanto passa tra la fine del Festival di Roma e il TFF. Fino a tre anni fa esistevano due festival che convivevano serenamente, Venezia e Torino. Poi, l'entrata a gamba tesa, l'irruzione prepotente di Roma. E' arrivata questa confusa corazzata, che già alla terza edizione si è sgonfiata, deludendo le proprie ambizioni e potenzialità: ricordo che costa cinque volte Torino, e molto più di Venezia".

E' l'esistenza in sé di Roma che lei considera un'aggressione? In fondo la competizione - che lei difende - provoca vincitori e vinti.
"Roma si è letteralmente seduta sulle date di un festival internazionale come le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, e si è piazzata un mese dopo Venezia e un mese prima di Torino. Basta prendersi questa responsabilità, invece di dire che non ci sono problemi e che siamo tutti amici. In realtà noi un film lo avevamo invitato e la produzione, a luglio, aveva anche accettato".

Galantuomini di Winspeare, Il passato è una terra straniera di Vicari o Si può fare di Manfredonia che erano a Roma? Non Pranzo di Ferragosto, che era a Venezia...
"Non ha importanza quale fosse, la produzione ha cambiato idea. Succede. Ma i responsabili dell'altro Festival, che sapevano del nostro invito già confermato, senza nemmeno un po' di dignità professionale o umana, non si sono neanche fatti vivi. Almeno un biglietto: ci siamo comportati male ma la vita è così (in realtà la loro vita è così), tanti auguri. Avvilente".

Non sarà che il suo malumore viene allo scoperto ora che è cambiata la mano politica?
"Non c'entra niente. Irruzione prepotente: lo dissi da subito, molto prima che mi fosse proposta la direzione di Torino".

A proposito di cinema d'autore. Dei suoi primi film si disse molto che rappresentavano una generazione, ma sembrò che per lei quest'overdose di sociologia fosse frustrante.
"Non è una battuta, ma non ricordo più se trent'anni fa ero presuntuoso o giocavo a interpretare questo ruolo. E' stata una fortuna e un privilegio se, partendo pressappoco da me, sono riuscito a raccontare anche gli altri. Grazie a questo ho continuato a fare film. Se è vero che ho raccontato un pezzo o un periodo della nostra società, mi sembra una bella responsabilità".

Per molto tempo si è impegnato a prendere le distanze dai conformismi pubblici (la polemica con l'informazione) e privati (famiglia, coppia, figli). Con l'età si è poi scoperto un po' più indulgente e anche autoindulgente?
"Mi sembra di essere diventato più tollerante, ma sarebbe impossibile il contrario".

Anche Caos calmo fa parte di questo processo. Per la prima volta lei si è consegnato a una storia, a un regista, a un cast che non aveva scelto. In altri anni non sarebbe successo.
"No, infatti. Parecchie cose sono cambiate".

Cedimento o conquista?
"Né l'uno né l'altra, succede. E ne sono contento, va bene così". E qui parte uno scatto d'orgoglio. "Non sono stato a strombazzarlo ma aprire Torino con Stone è una cosa grossa. E anche che lui accetti di venire nonostante non gli serva alla promozione, dato che stranamente il film non ha ancora una distribuzione italiana. Ma aggiungiamo una mezza cosa sul mio ex lavoro di regista...".

Vuole annunciare qui il suo prossimo film?
"No. Sono stato felicemente distratto da Caos calmo e dal Festival. Ma in questo periodo, quando guardavo fuori e dentro di me, sentivo molto pessimismo, e siccome non mi piace in un film vendere solo quello, ho vagato da un soggetto a un altro. Ora mi sembra di aver trovato una storia e il tono giusto".

Tutto qui?
"Sì. E questa volta per evitare tensioni, a volte veramente eccessive, saprete subito di che si tratta. Così poi stiamo tutti più tranquilli. Non vorrei riassistere all'assurdo dibattito politico-giornalistico che ha preceduto l'uscita di Il Caimano, tra persone che non sapevano nulla del film. Dibattito che in parte ha condizionato quelli che hanno visto il film e anche quelli che non l'hanno visto, ma che pensano di averlo visto".

Il divo (2008) di Paolo Sorrentino

Che telespettatore è lei? Perfino Berlusconi si lamenta della tv.
"Non mi stanco di ricordare la pazzesca situazione italiana, anormale per una democrazia. Penso che le televisioni di Berlusconi non abbiano spostato solo voti, ma l'intero paese, comunque già pronto ad accogliere questa "novità". E non facciamo confusione con Sarkozy, che non ha gli interessi economici e il potere mediatico di Berlusconi. Recentemente ho detto una cosa piccola e semplice: in Italia non c'è più opinione pubblica. Non parlo dell'opposizione, ma di qualcosa o qualcuno trasversale ai partiti, che comunque si riconosca in comuni valori democratici. E che, come succede in altri paesi, dovrebbe "punire" - mettiamoci le virgolette, per carità - un capo del governo che non ha senso dello Stato, che non va alle celebrazioni del 25 aprile, che aggredisce la magistratura, che ha come braccio destro un condannato per corruzione e come braccio sinistro un condannato per concorso in associazione mafiosa. E invece passano concetti come "agli italiani non interessa il conflitto di interessi, visto che hanno fatto vincere Berlusconi". Sì, ma interessa alla democrazia... La maggioranza delle persone, e non solo a destra, ormai considera normale che un uomo abbia il monopolio della tv, faccia politica e sia anche capo del governo. La sua vittoria è questa: ormai la bassa qualità della democrazia italiana è considerata un fatto normale, marginale. Un paese che in quindici anni ha permesso a un uomo con tante tv e giornali e interessi economici di candidarsi cinque volte a capo del governo, non è un paese serio e non ha una classe politica seria. E sono andato fuori tema...".

Infatti, le avevo solo chiesto che cosa guarda in tv.
"Mi sono distratto perché pensavo al patto sottinteso quando è nata La7: non doveva crescere, non doveva togliere pubblicità a Mediaset. Con un po' di coraggio sarebbe stata un'avventura culturale che alla fine si sarebbe rivelata anche un'avventura commerciale, perché i telespettatori cercano disperatamente qualcosa di decente. La sinistra in passato ci ha raccontato che con le tv di Berlusconi c'è stata maggiore offerta, maggiore democrazia. Il risultato è che abbiamo sei reti simili livellate verso il basso, e in prima serata non sai dove sbattere la testa".

Per le sue apparizioni televisive perché sceglie i luoghi più (sfacciatamente) amici? Non sarebbe più interessante anche per lei "diversificare"?
"Non mi sembra di andare poco in televisione. Vado dove mi sento meno a disagio".

Quanta fiducia nutre nella guida di Veltroni?
"Il Pd aveva messo in moto speranze e attese, mi pare che per ora le abbia frustrate".

E l'esibizione delle amicizie nel mondo dello spettacolo? Ricorda la parata di attori e cantanti al comizio di chiusura elettorale a Roma?
"Io ero in piazza, non sul palco".

Gomorra (2008) di Matteo Garrone

Ma i tappeti rossi di Veltroni hanno fatto danni elettorali o no?
"Le persone votano o non votano seguendo altre motivazioni. Casomai per un elettore di sinistra conta, in senso negativo, la mancanza di reattività nei confronti dell'aggressività culturale della destra. Se uno dice mezza cosa su Berlusconi tutti, anche i giornali non di destra, titolano "clamoroso autogol della sinistra". Mentre invece a destra c'è un uomo che da vent'anni parla di fucili ed è ministro della Repubblica. C'è paura non solo di affermare una propria identità ma anche di mettere paletti. Per esempio il rispetto della Costituzione. O impedire che "comunista" diventi un insulto: è anche grazie ai comunisti italiani che è stata fondata la nostra democrazia. Ecco, quella che viene punita è casomai l'inadeguatezza. La contiguità con lo spettacolo non mi sembra importante".

Lei se la prende con la stampa - tra l'altro facendo ingiustamente d'ogni erba un fascio - e con il centrosinistra. Ma se il repertorio di anomalie non ha influito sui comportamenti elettorali, la prima responsabilità non sarà di chi va a votare?
"I ragazzi di oggi sono nati e cresciuti in questa situazione. Per loro è normale che un solo uomo possa concentrare tanto potere. Io però ancora mi chiedo come mai il governo di centrosinistra non abbia fatto, nella legislatura 1996-2001, la legge antitrust e sul conflitto di interessi. Per sollevare un po' la qualità della nostra democrazia".

Quanto è grave la battuta di Berlusconi sull'abbronzatura di Obama?
"Ha detto e fatto di molto peggio".
21 novembre 2008

Il caimano (2006) di Nanni Moretti

12 commenti:

Giuliano ha detto...

«Penso che le televisioni di Berlusconi non abbiano spostato solo voti, ma l'intero paese, comunque già pronto ad accogliere questa "novità". »

Questa è la frase che sottolineo, vera e dura come un macigno in mezzo alla strada. La propongo per i libri di Storia, se e quando verranno...

Fulmini ha detto...

A me piace discutere, ma c'è troppa carne sul fuoco. Per ciò dirò due parole su Nanni Moretti regista (di Berlusconi non parlo, convinto come sono che se non si parla per qualche tempo di lui scomparirà come un peto).

Dunque Nanni Moretti autore. Mi ha deluso, nel tempo. Mi aspettavo che crescesse, come è cresciuto a suo tempo Roberto Rossellini, o Vittorio de Sica, e invece è diminuito.

De 'La stanza del figlio' ho ritenuto solo una scena girata con la cinepresa a mano - merito soprattutto dell'operatore e del direttore della fotografia, quella in cui il padre (interpretato da NM) vaga nel labirinto di stanze e corridoi della casa vuota come una mosca che non sa dove andare a morire. Il resto sono chiacchiere.

Giuliano ha detto...

Pasquale, se tu abitassi qui a nord di Milano non saresti così ottimista. Se dovesse sparire Berlusconi voterebbero ancora peggio.

Anonimo ha detto...

"I ragazzi di oggi sono nati e cresciuti in questa situazione. Per loro è normale che un solo uomo possa concentrare tanto potere.

Io estrapolo questa frase, invece.
Su Moretti non dico nulla, perché ha rappresentato (almeno per me) in maniera esemplare quella spocchia di sinistra che è costata tanto a me e tanti altri compagni.

Giuliano ha detto...

Uno "spocchioso di talento", direi, in sintesi (la mia sintesi).
Con Moretti oscillo tra l'ammirazione e la rabbia, perché come regista e come narratore ha (avrebbe) una limpidezza rara, degna dei grandi del passato come Renoir e Clair; però non sempre riesce a finire bene quello che fa, va a momenti. Alcune scene dei suoi film sono eccezionali, altre molto meno.

Però quest'intervista è bella perché Moretti ha tante cose da dire, ed è questo il pregio principale di Moretti. Il secondo pregio è quello di essere un osservatore molto acuto della realtà, e lo ha dimostrato anche di recente, proprio con Il Caimano.
(mi immagino già le repliche dei balordi: "comunista con la maserati") (la replica di chi cerca solo di chiuderti la bocca e di non farti parlare)

Solimano ha detto...

Pasquale, Berlusconi è tutt'altro che una parentesi, Berlusconi (proprio come il fascismo) rappresenta una Italia storica tendenzialmente maggioritaria: superstiziosa, retorica e cinica, servile e caciarona, ignorantissima però tiramentosa (perché Dante, Leonardo e il Verdi Giuseppe etc), postribolare e familista, basata sulle cordate di ogni genere (dalle mafie alle università alla politica, ça va sans dire), assolutamente antimeritocratica e che contro la concorrenza vera le inventa tutte.
Un'Italia a cui un certo tipo di sinistra è tutt'altro che estraneo.
Su Moretti, tu parli da cinefilo, io esperisco da spettatore, ma ci tornerò. Almeno tre titoli di Moretti sono freschi come uova di giornata: Ecce bombo, La messa è finita, Bianca, ma io trovo del buono, spesso dell'ottimo in tutto, compresi Sogni d'oro, Aprile e La stanza del figlio (che non sono chiacchiere, Moretti è l'unico ad avere affrontato un tema del genere).
Amfortas, penso invece che la spocchia a sinistra sia stata - e sia - quella di chi ha sempre presunto di avere il verbo continuando a prendere delle cantonate pazzesche. Dopo la caduta del muro di Berlino (anche qualche decennio prima, magari) avrebbero dovuto buttare l'egemonismo cooptativo di tipo gramsciano e tenersi stretti ampliandolo l'aspetto riformistico di fatti, basato cu centinaia di migliaia di persone generose. Hanno fatto esattamente a contrario, e mo', a Monza, c'è qualcuno che dice: "Questa città non ci ama!" Sì, e tu cosa fai per farti amare? Moretti non è servile, è orgoglioso, a Piazza Navona aveva ragione lui, non Rutelli e D'Alema. Inoltre, Moretti è colto, parola non trascurabile, in un cinema italiano che si è basato su sceneggiatori bravi(certamente meno di dieci) che facevano più di dieci sceneggiature all'anno a testa, un po' troppe, no? E' per questo che le parole dei film di Moretti si ricordano, non per il cosiddetto morettismo.
Ma il bello del cinema, arte popolare e colta come tutte le grandi arti, compresa la lirica e il romanzo, e tu lo sai benissimo, il cinema ha questo di bello: ognuno la vede a modo suo, e gode a modo suo, ognuno moltissimo. Goduria universale e personalizzata.
Giuliano, Moretti sa parlar bene di chi stima (tipo in questo caso Garrone e Sorrentino), non parla di chi non stima. Il raccordo che fai con Clair e Renoir lo trovo convincente, io ci metterei anche Rohmer, altro regista colto. La cultura è roba che si mangia, non è il menu.

grazie e saludos
Solimano

Fulmini ha detto...

@ Solimano

No, di Berlusconi non parlo. Ho scritto due o tre righe su di lui e tanto basta.

E comunque non ne parlo parlando di Nanni Moretti, il quale è, per quello che è, un regista. E di Nanni Moretti regista non parlo da cinefilo (io non amo il cinema, amo la vita) ma da regista.

Ma poi, anzi prima, dobbiamo parlare di Berlusconi e di Nanni Moretti? Non lo sai che si confonde con la crusca se lo mangiano le galline?

Giuliano ha detto...

Come disse il mio filosofo preferito (lo Snupius), il problema è che sappiamo tutto di tutto, meno quello che succede.
Temo che sia perchè quello che succede non è nelle nostre mani...
PS: Moretti ha fatto una bella analisi, e io appena recupero lo Snupius (sulla copertina di un vecchio Linus)prometto che lo porto qui.

Habanera ha detto...

Amo Nanni Moretti.
Lo dico tout court.
Ho visto quasi tutti i suoi film, da Ecce Bombo al Caimano: non mi ha deluso mai.
Lo amo come regista, ho amato il suo impegno politico nel momento in cui era più necessario, ho amato il suo modo elegante di uscire di scena quando la sua presenza rischiava di essere strumentalizzata.
Mi piace il suo modo di dirigere il Torino Film Festival, mi piace quel suo essere sempre un passo più avanti.
Il fanatismo non è nelle mie corde ma credo, e mi auguro, di saper riconoscere ancora le rare persone che ragionano con la loro testa e che sanno indicare una via.
H.

Solimano ha detto...

Ci sono dei nomi che a pronunciarli in Italia danno fastidio in modo sostanzialmente bipartisan: Moretti, Fo, Odifreddi, Travaglio, Pollini, anche Cacciari. Anche Eco, patiscono in tanti riguardo Eco, ma tutti zitti, non osano dirlo apertis verbis.
E di Franco Cordero si evita assolutamente di parlare, salvo Giuliano Ferrara che almeno ha il gusto del beau geste.
Mentre, ad esempio, uno come Grillo dà molto meno fastidio ai saputi e saputelli bipartisan.
Ma tutti i nomi che danno veramente fastidio sono conosciuti all'estero, mentre basta arrivare a Chiasso e nessuno sa neppure chi è Bruno Vespa. E comunque state tranquilli che la Bignarda ed il Sofri junior, pur mettendosi di profilo, sono fra quelli di cui il capofila è Bruno Vespa. Ah! Dimenticavo... Barbara Palombelli e il Sor Rutelli, come no. Delle incredibili parole del Sor Battista, vicedirettore del Corriere (e possibile direttore del Tg1) riguardo la tragedia della Thyssen, racconterò un'altra volta. Ammesso che lo si trovi interessante...

saludos
Solimano

Ermione ha detto...

Anche io amo moltissimo Moretti, lo ritengo uno dei migliori registi italiani. Su "La stanza del figlio" ho un'opinione diversa rispetto a Fulmini: per me è un film asciutto, non compiaciuto, davvero toccante e profondo.
Poi, ormai Moretti è catalogato come spocchioso, e quindi guai a dire il contrario; che vuol dire Amfortas quando parla di "spocchia che è costata tanto a me e tanti altri compagni"? Me lo puoi spiegare, non mi è chiaro.
Sull'intervista non posso che dire che concordo con Giuliano: ricca, acuta. E di Solimano condivido ogni parola, comprese le virgole, di tutti e due i suoi commenti.

In questo panorama desolante, dovremmo essere contenti che ci sia una persona acuta, intelligente, un bravo regista e un uomo che prende con chiarezza posizione.

Fulmini ha detto...

Carissimi:

Habanera, Giuliano, Amfortas, Solimano, Arfasatto

molto ho riflettuto su quanto scrivete (grazie), qualcosa è cambiato nel mio (precedente) modo di vedere (stragrazie), eppure rivendico il diritto di preferire: le ultime opere di Le Corbusier, le prime poesie di Ungaretti, il Gramsci dei Quaderni, il Marx delle Tesi su Feuerbach, il Benigni dell'Altra Domenica, il De Sica Vittorio di mezzo (meglio del giovane e del vecchio)... Gesù e Mozart e Borromini fanno eccezione: mi piacciono tutti interi... il Dreyer di mezzo, il primo Moretti, appunto...