venerdì 31 luglio 2009

I caratteri nel cinema: Manuel Fantoni (1)

Angelo Infanti (Cesare Cuticchia alias Manuel Fantoni)

Borotalco di Carlo Verdone (1982) Storia e sceneggiatura di Enrico Oldoini e Carlo Verdone Con Carlo Verdone (Sergio Benvenuti), Eleonora Giorgi (Nadia Vandelli), Christian De Sica (Marcello), Angelo Infanti (Cesare Cuticchia alias Manuel Fantoni), Enrico Papa (Cristiano), Roberta Manfredi (Rossella), Mario Brega (Augusto), Isabella Gallinelli (Valeria), Isabella De Bernardi (Agente di vendita), Moana Pozzi (Ragazza nuda in piscina) Musica: Fabio Liberatori, Stadio, "L'ultima luna" e "Cara" di Lucio Dalla (107 minuti) Rating IMDb: 6.8

Solimano

A ventisette anni dall'uscita del film "Borotalco" di Carlo Verdone (1982), gli studiosi non hanno ancora dato una risposta definitiva alla domanda cruciale: l'architetto Manuel Fantoni esiste o no? Perché si fa presto a dire che è solo un nom de plume assunto dal piccolo avventuriero Cesare Cuticchia (Angelo Infanti), ma l'andamento misterico del film lascia questioni ancora irrisolte. Verrebbero in mente i dieci avatar di Visnù (che era un piccolo dio, solo successivamente entrato nella Trimurti). E nei dieci avatar c'è di tutto: il nano, il cinghiale, la testuggine, l'uomo-leone. In alcune scritture gli avatar sono addirittura ventitrè e i nomi mille. E il greco Proteo da cui proteiforme. Culti antichissimi, ma c'è anche un culto moderno: Quelo, propalato da Corrado Guzzanti. Un pezzo di legno con dei chiodi, ma che dà delle risposte più criptiche di quelle dell'oracolo di Delfi: "La seconda che hai detto, solo che è sbagliata". Ho seguito il film nel suo dipanarsi ed ho trovato, prima della comparsa dell'architetto Manuel Fantoni, un indizio significativo.

Sergio Benvenuti (Carlo Verdone), il venditore porta a porta dell'enciclopedia "I Colossi della Musica", si piazza davanti ad una chiesa con un cartello in cui ha scritto: "La musica avvicina a Dio". Non vende lo stesso, ma è un indizio di ciò che succederà in seguito, cioè l'irrompere nella banalità quotidiana del sorprendente, dell'inatteso: Manuel Fantoni, appunto.
Dovevano andare in due dall'architetto, Sergio e la migliore venditrice del gruppo, Nadia Vandelli (Eleonora Giorgi) da cui Sergio vorrebbe apprendere i segreti del mestiere. Nadia arriva in ritardo, perché a Roma c'è Lucio Dalla per un concerto e lei cerca tutti i modi per conoscerlo, oltre a comprare i biglietti per il concerto. Un altro segno del destino, forse.



A Sergio apre la porta una giovane donna che indossa un accappatoio piuttosto corto e che lo conduce nello spazioso soggiorno dell'architetto. Un'altra donna (Moana Pozzi) nuota nuda in una piscina contigua al soggiorno, come se fosse in una vasca da pesci. Sergio non è abituato a questa promiscuità; è fidanzato con Rossella (Roberta Manfredi) la figlia del pizzicagnolo Augusto (Mario Brega), che può essere una minaccia, se il fidanzato della figlia non si comporta bene.


Manuel Fantoni (Angelo Infanti) sta parlando al telefono e Sergio ascolta: "La verità non esiste. La vita è un palcoscenico. Datti una smossa, ma uno come te con Laura non ce può fare", così Manuel Fantoni. E mentre un'altra donna lo massaggia, si accorge di Sergio: "Lei è della SIP?" "No, dei Colossi della Musica".



Sergio guarda ammirato i ritratti di artisti appesi alle pareti. Su ogni ritratto, oltre alla firma c'è una dedica personalizzata a Manuel, personaggio versatile, che sa passare dal quasi pecoreccio al drammatico spinto, al tragico addirittura:

"Raquel Welch non è più una bambina. Davanti non ha i seni, ma du' borracce. Al posto dei capezzoli ha dei chiodi a cui puoi attaccare un quadro"
"A casa eravamo sei fratelli. Mio padre fu ucciso dai tedeschi. Mia madre dovette scendere sul marciapiedi. Allora, ero bello come il sole".

Ed ecco la mazzata risolutiva:

"E così optai per il mare.
A Genova mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana. Feci due volte il giro del mondo. Non riuscii mai a capire cosa trasportasse quella nave. Ma un giorno lo capii: droga
" "Ma la Liberia è a nord o a sud?" chiede Sergio. "Boh!" risponde Manuel.
E intanto lascia accesa la segreteria telefonica:

"Manuel, amore, perché fai così? Perché ti nascondi?"
"Manuel, amore, non sei ancora tornato? Sono ancora io".

E che John Wayne è frocio... "Noooo!", fa Sergio, e che Richard Burton sbronzo ha vomitato sulla moquette del salotto e l'ha dovuto buttare fuori di casa, e che "Fu allora che mi dissi: Manuel, fatti da solo. E andai a Parigi a fare il cameriere"


Anche in cucina Manuel continua (Sergio fa da sguattero). Manuel ha le lacrime agli occhi, ma dice che è stata la cipolla.
Finché cambia registro:

"Non è vero niente, ti ho raccontato un sacco di fregnacce"
"Perché?"
"Mi annoio. Allora invento, sogno, divago".
"Ma le fotografie?"
"Avevo un ristorantino, e chi passava, lasciava la foto con la firma e du' parole".

E arriva la polizia, con un mandato di cattura per Cesare Cuticchia, che lascia le chiavi a Sergio perché pulisca i piatti in cucina altrimenti arrivano le formichine.



A quel punto, Sergio Benvenuti dovrebbe andarsene (dopo aver pulito i piatti) dicendosi: "Beh, mi sono anche divertito". E invece no. Questo è lo snodo del film: Manuel Fantoni risorge dalle sue ceneri, ed è Sergio Benvenuti a divenire Manuel Fantoni. Perché Cesare Cuticchia aveva detto che ci vuole il nome e il cognome giusto, Manuel Fantoni appoggia bene. Così, quando arriva Nadia Vandelli, non si trova di fronte l'imbranato Sergio Benvenuti, ma l'architetto Manuel Fantoni. Il colpo alla ragazza lo dà la fotografia di Lucio Dalla: "A Manuel con stima, amicizia e tanta simpatia. Lucio Dalla".




Il nuovo Manuel se è allenato davanti allo specchio col cargo liberiano, ma mette del suo fieno in cascina:

"Più che bella, la mia vita è stata un'odissea".
"Burt Lancaster? Com'è? Alcolizzato totale, poveraccio".

E commuove Nadia con la storia dolorosissima:

"Una bel giorno a Bombay incontro una ragazza mezza cinese mezza giapponese... " nascerà un figlio che a Manuel manca tanto, non glielo fanno vedere.
Nadia è talmente presa che fa una domanda intima;

"Di che segno sei?" "Scorpio!" "L'avrei giurato!"



Poi Nadia se ne va: "Potremmo anche sentirci qualche volta", solite cose che si dicono. Solo che Sergio si accorge che Nadia si è scordata l'agenda sul divano. Che strano, non sembrava per niente una ragazza distratta. Bisognerà fare in modo che recuperi l'agenda, fra l'altro ci scrive sopra anche delle robe intime. Chi fa questi pensieri, Manuel o Sergio? Lo vedremo.
(continua)

3 commenti:

annarita ha detto...

Questo personaggio fa il paio con il playboy di Bianco, rosso e Verdone, così appariscente e volgarotto eppure capace di suscitare interesse nella comprensibilmente disperata Magda. Spesso di un film si ricordano più facilmente certi caratteristi che altri personaggi magari di primo piano. Salutissimi, Annarita

Solimano ha detto...

Annarita, per me, Carlo Verdone in questi suoi primi film è sottile.
Perché sarà pur vero che Angelo Infanti -bravissimo in entrambi i film- ha degli aspetti appariscenti e volgarotti, ma, punto primo, la poca esperienza che ho di questo mondo mi fa dire che generalmente uno con quell'aspetto e con quei modi generalmente alle donne piace.
Punto secondo, è il confronto che convince.
In "Bianco, rosso e Verdone", il marito di Magda è quella lagna prepotente e insopportabile di Furio, mentre in "Borotalco", vuoi mettere? L'architetto Manuel Fantoni contro l'imbranato venditore de "I Colossi della Musica" Sergio Benvenuti (che non riesce a venderne uno, di dessi Colossi).
Ho molta stima per la sapienza istintiva delle donne: lo sanno con chi schierarsi. Poi, le contingenze della vita, vabbè. Però le capisco, anche se gli sfigati di ogni plaga si lagnano dicendo: "Volete sapere dov'è il successo? Guardate dove guardano le donne".
Le donne hanno ragione, glielo si può dire, però senza scodinzolare, ad esempio.

grazie Annarita e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

CIAO ANGELO INFANTI, SEI UN MITO.
Mi dispiace troppo che oggi sei morto. Un grande caratterista non solo del cinema romano, io per scherzo dicevo sempre che sembravi mio padre! Riposa in pace