giovedì 22 marzo 2007

Citizen Kane

Citizen Kane di Orson Welles (1941) Orson Welles, Agnes Moorhead, Joseph Cotten (119 minuti) Rating IMDb: 8.6
Solimano
La scritta Rosebud mentre la slitta brucia. Il fumo del camino. Il grande palazzo con sopra il camino che fuma. La scritta NO TREPASSING. Le seggiole sui tavoli del bar dove parla la seconda moglie. La grande scalinata del palazzo. L'enorme quantità di oggetti di ogni tipo lasciati da Kane. Mille dollari al maggiordomo. L'esibizionismo della seconda moglie: meglio, di Kane riguardo la seconda moglie. Kane che legge il suo giornale, la prima moglie che legge il Chronicle. La foto di gruppo dei giornalisti del Chronicle che diventa realtà sei anni dopo. L'amico addormentato con la testa sulla macchina per scrivere. Togliere le virgolette a "singer". I letti ed i mobili nella sede del giornale. La dichiarazione di principi inviata per posta. La vertiginosa altezza delle sale del palazzo. L'enormità del camino. Il puzzle della seconda moglie fatto e rifatto. La gente in treno che legge il giornale di Kane. La pietà per il politicante ricattatore. Il primo incontro tra Kane e la seconda moglie. Mai sentimentalismo, sempre passione. Come è più forte di Chaplin! Kane è Macbeth. Un'opera che ha prosciugato l'autore. Il pic nic con ospiti obbligati. L'enorme girarrosto. La seconda moglie che lo lascia e sciupa i soldi. La vertigine delle inquadrature che salgono nel palazzo, nel teatro, durante il comizio. Il macchinista di scena che si tappa il naso. Kane che non comincia lui ad applaudire la moglie a teatro. Le leggerezze: l'istruttore di canto nella buca del suggeritore, il vecchio amico/nemico che cerca sigari. La grande sala con le memorie riservate del magnate che istruì Kane. Durante tutto il film si ricerca il significato dell'ultima parola detta da Kane: Rosebud. Alla fine lo scoprono gli spettatori, ma non il reporter, non i personaggi del film.

2 commenti:

Solimano ha detto...

Citizane Kane mantiene intatto il suo fascino nel tempo: è consolante vedere che nella fascia fra 18 e 29 anni il gradimento è di 8.6, con un gradimento migliore da parte degli uomini, ma non quanto prevedevo. Però, nel dato globale, la differenza si sente: 8.6 gli uomini contro 8.1 per le donne. E' bello vedere che l'IMDb staff, cioè il pacchetto di mischia dei critici scelti da IMDb si tenga su un dato altissimo: 9.3! D'altra parte è un po' dura dare un voto inferiore al 10 a Citizen Kane...

buon giorno
Solimano

Solimano ha detto...

Così Fernaldo Di Giammatteo in "Cento film da salvare" Mondadori, 1978:

"Citizen Kane (due ore di proiezione, “prima” a New York il 1 maggio 1941) è l'esposizione di un enigma: un simbolico cartello - No Trespassing, vietato l'ingresso - apre e chiude il film. No Trespassing nel castello di Xanadu romanticamente avvolto nella nebbia, residenza del magnate della stampa Charles Foster Kane. No Trespassing nell'io del protagonista, che è - e resta -inconoscibile. Il film si presenta come un blocco chiuso, una struttura che si vuole impenetrabile. In quale modo può essere aggredita? E che cosa attendersi dall'aggressione?
L'enigma resiste all'inchiesta che il giornalista Jerry Thompson svolge per svelarlo. Non resisto alla “onniscienza” dell'autore. Orson Welles, apprendista stregone in pratiche psicoanalitiche (anticipatore di quella straordinaria diffusione della dottrina freudiana negli Stati Uniti che di lì a poco avrebbe toccato anche il cinema), ha pronta una semplice chiave; il trauma che il piccolo Charles Kane provò quando fu strappato ai genitori, un giorno d'inverno, mentre stava giocando con una slitta che aveva per nome "Rosebud" bocciolo di rosa (ossia, nell'uso americano del termine: giovane immaturo). Dunque, la chiave del comportamento “titanico” e sempre insoddisfatto di Kane è la sua immaturità: che è una spiegazione ovvia, quasi una tautologia psicologica. L'inconscio sondato dall'autore dà una risposta che non è una risposta. E rivela non tanto la psicologia di Kane (che, infatti, non rivela) quanto quella dell'autore, lui sì immaturo e sfrontato per nascondere la vertigine provata nell'affacciarsi, scientificamente sprovveduto, sui misteri dell'inconscio. Welles mostrò più tardi, indirettamente, di essersene accorto, allorché in un'intervista del 1963 dichiarò: “La trovata di "Rosebud" è proprio quella che nel film mi piace meno. È una brutta trovata, del Freud alla portata di tutti”. Nato a Kenosha (Wisconsin) il 6 maggio 1915, aveva venticinque anni quando girò, nell'estate-autunno del 1940, questo suo primo film, dopo una notevole esperienza teatrale e un intenso lavoro di drammaturgo e di presentatore radiofonico (è rimasta celebre la sua trasmissione del 30 ottobre 1938, Invasion from Mars, riduzione della wellsiana Guerra dei mondi). I suoi approcci con le professioni dello spettacolo erano avvenuti sotto il segno della irruenza. La medesima irruenza con la quale affrontò il cinema: quella che celava, e nello stesso tempo acuiva, l'immaturità di fondo.
Il fascino del film risiede - più che nelle innovazioni e nelle prodezze tecniche, più che nella alterazione della consequenzialità cronologica dei fatti narrati - in questa immaturità esibita inconsapevolmente sullo schermo e continuamente (consapevolmente) negata da una presunzione di onniscienza. Come ogni “titanismo”, anche questo di Welles-Kane è figlio della insicurezza. Ed è proprio l'insicurezza il carattere distintivo della vicenda di Kane e della stessa struttura del film.
Nel castello di Xanadu coperto di neve, Kane muore bisbigliando una parola: Rosebud. Davanti a un cinegiornale che, partendo dal funerale, descrive a ritroso le tappe più importanti della vita del magnate (arrivismo sfrenato, gli affari, i due matrimoni, la fallita avventura politica, la crisi, la morte in solitudine) e raccoglie su di lui opinioni difformi, alcuni giornalisti discutono sul mistero di questa personalità così affascinante. Chi era veramente Charles Foster Kane, e cos'è Rosebud? Jerry Thompson inizia una inchiesta, che si svilupperà attraverso una serie di incastri (rievocazioni di episodi della vita del personaggio) disseminati lungo il cammino percorso dal giornalista. L'inchiesta, che prende a prestito dalla narrativa “gialla” il procedimento della progressiva rivelazione della verità (Rosebud equivale all'assassino da scoprire), costituisce perciò la cornice entro la quale sono iscritti i flashes back sulla esistenza dell'inquisito.
Ma questa cornice, a sua volta, ne contiene un'altra, rappresentata dalla presenza ostile di Susan, la seconda moglie di Kane, che dapprima rifiuta di parlare e poi racconta le fasi finali - le più drammatiche - del suo infelice rapporto con il marito. La doppia cornice è, insieme, vera e falsa, un elemento reale del racconto e una illusione ottica. Infatti, tutto ciò che Thompson apprende, fra la prima e la seconda visita a Susan, non nasce dalle rivelazioni della donna (che non accetta di farne) ma soltanto dalle ricerche che il giornalista compie. Eppure, le sequenze con Susan si aprono entrambe allo stesso modo, con la macchina da presa che, attraverso il lucernario, scende nel night club dove la cantante si esibisce: a suggerire un legame fra i due episodi, come a chiudere fra parentesi (in una cornice appunto) tutta l'indagine di Thompson. Fuori della parentesi rimangono soltanto, in chiusura, la visita di Thompson al maggiordomo Raymond (dalla quale si apprende, in flash back, della furia di Kane quando fu abbandonato da Susan e della sua solitudine, riflessa e ingigantita da due specchi), le inconcludenti congetture del giornalista davanti alle innumerevoli casse che contengono le collezioni d'arte di Kane, il fuoco che brucia tutto quel che Xanadu contiene e alla fine distrugge anche la slitta "Rosebud".
Intanto, gli episodi raccolti da Thompson nella biblioteca di Walter Thatcher (che era stato il tutore di Kane), e dalla viva voce di due collaboratori del grand'uomo (Bernstein e Leland), hanno permesso di vedere il trauma infantile, l'ascesa del giovane Kane come direttore-proprietario dell"'Inquirer", la grande festa per celebrare la vittoria sul giornale concorrente, il viaggio in Europa alla vigilia della crisi del 1929, il matrimonio con Emily Norton, l'incontro con Susan, la partecipazione alle elezioni per la carica di governatore, la sconfitta, il divorzio da Emily e le nuove nozze con Susan, aspirante cantante lirica, il licenziamento di Leland che rifiuta di recensire favorevolmente una sua penosa esibizione. A questo punto si inserisce la seconda sequenza di Susan al night, con il racconto-visualizzazione della sua sfortunata carriera, la reclusione nel castello per volere di un Kane sempre più cupo, il tentativo di suicidio, la lunga noia che sfocia nel litigio e nella fuga.
Tutto nel film rivela incertezza, contorsione sforzo di comprendere e impossibilità di farlo, continuo tormento espressivo. L'uso dei grandangoli, lo sfruttamento della profondità di campo fino ai limiti estremi, una illuminazione fortemente chiaroscurata, la scenografia che comprende anche i soffitti degli interni, la sovrabbondanza di modellini, di “effetti speciali” e di dissolvenze, le angolazioni “abnormi” (dal basso, dall'alto): ogni cosa è al servizio di un atteggiamento culturale che, se per l'immaturità è proprio dell'esordiente regista, per i suoi riflessi profondi interessa l'intero panorama letterario e ideologico americano. La inconoscibilità del reale, alla quale si può opporre soltanto la registrazione di comportamenti frammentari tra cui non è dato scorgere il nesso, era il principio (teorizzato dalla filosofia pragmatista e dalla psicologia behavioristica) che informava la letteratura contemporanea (Anderson, Fitzgerald, Faulkner, Hemingway, ecc.).
Non si può conoscere (se non parzialmente). Non si può dominare la realtà. La si può soltanto rappresentare. Orson Welles è stato il primo, nel cinema americano, a dimostrarlo, con generosa e geniale magniloquenza".