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Giuliano
- Questa piccola villa verrà soffocata, tra poco.
- Lì ci verranno tutte case.
- Eh già. Non ci si salva più.
Difficile da riconoscere, ma questo dialogo è l'inizio di uno dei film più famosi di Michelangelo Antonioni, "L'avventura". E ' un film del 1960, ma non sembra. I protagonisti del dialogo sono Renzo Ricci, che interpreta il padre di Lea Massari (è lei che apre il film) e un anonimo muratore, che fa una rapida comparsa. Ricci è un diplomatico in pensione, e sua figlia sta per sposarsi con un architetto affermato. La piccola villa in questione è proprio quella del diplomatico, e sulle periferie romane incombe la speculazione edilizia.
Più avanti nel film, vedremo che il mancato genero, l'attore Gabriele Ferzetti, è molto ricco e affermato, ma soffre perché per il successo ha dovuto sacrificare la sua creatività, vera o presunta che fosse. Davanti allo splendore del barocco di Noto, in Sicilia, farà dei piccoli dispetti a un giovane architetto che sta studiando: rovescia sul disegno l'inchiostro di china, e sfiora la lite. Nel finale, tradisce malamente Monica Vitti, e piange.
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- Io invece sono convinta che tu potresti fare cose belle...
- Non lo so... A chi servono ormai le cose belle? Quanto durano? Una volta avevano i secoli davanti, oggi al massimo sono dieci, vent'anni: e poi?
Ma siamo all'inizio di un amore, un amore ormai senza più remore, e quindi ci può essere un po' di ottimismo. Ma solo per la ragazza: ormai il nostro architetto sa che la redenzione attraverso l'amore non è più possibile, e che in fin dei conti anche l'Olandese Volante della leggenda viene sì salvato dall'amore di Senta, ma ad un prezzo troppo alto.
Oggi la speculazione edilizia, ben raccontata da tanti film degli anni '50 e '60 ( "Il tetto" di De Sica; "Le mani sulla città" , di Rosi...) è il nostro presente. Oggi ogni metro quadrato di asfalto o di cemento è un piccolo peggioramento, ma a convivere con il cemento e con l'asfalto ci siamo abituati, ed è questo ormai il nostro paesaggio naturale; e la stessa cosa è successa per i film, e per la pubblicità sempre più invadente con la quale vengono stravolti e infarciti, in televisione.
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