Fitzcarraldo, di Werner Herzog (1982) Con Klaus Kinski, José Lewgoy, Miguel Angel Fuentes, Paul Hittscher, Huerequeque Enrique Bohorquez, Grande Otelo, Peter Berling, David Pérez Espinosa, Milton Nascimento, Ruy Polanah, Claudia Cardinale (158 minuti) Musica: Popol Vuh, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Vincenzo Bellini, Richard Strauss Fotografia: Thomas Mauch Rating IMDb: 8.0
Giuliano
Werner Herzog costruisce Fitzcarraldo intorno al mito di Enrico Caruso, il che può sembrare ben strano per un film ambientato in Amazzonia. Ma così è, e il film è pieno di musica.
Quando si inizia, il protagonista (Klaus Kinski, cioè Brian Sweeney Fitzgerald, detto “Fitzcarraldo” dagli indigeni) ha remato sul fiume due giorni e due notti per giungere a Manaus, dove è stato costruito un magnifico teatro d’opera (c’è ancora) e dove sta per esibirsi Enrico Caruso. Giunge in ritardo, non vorrebbero farlo entrare, ma poi la maschera cede e così Fitzcarraldo, con la sua compagna Molly (Claudia Cardinale) può assistere al finale dell’Ernani di Giuseppe Verdi.
Caruso muore nel 1921, e quindi siamo ad inizio Novecento. Herzog mette in scena una curiosità storica: accanto a Caruso, sul palcoscenico, non c’è la cantante (che è nascosta in mezzo all’orchestra) ma l’attrice francese Sarah Bernhardt. Due attrazioni al prezzo di una, verrebbe da dire: un bel pasticcio che però piace. Ma Caruso è in piena voce, mentre la Bernhardt (che Herzog fa interpretare da un mimo) si è già trascinata per tutto l’Ottocento, è vecchia e stanca, e a questo punto della sua vita le manca anche una gamba. E infatti vediamo Caruso che, temendo che possa cadere mentre avanza verso di lui dal fondo del palcoscenico, le va incontro e la sostiene.
Non è la voce di Caruso quella che stiamo ascoltando, è quella di Veriano Luchetti; e stiamo assistendo al finale dell’Ernani di Giuseppe Verdi (1844) in un’ottima versione, dove oltre al tenore Luchetti cantano Mietta Sighele e il basso Dimiter Petkov. Un cast di tutto rispetto, tre cantanti che riempivano normalmente i teatri negli anni 80. Un po’ più anonima, ma di buon livello, l’orchestra: la Filarmonica Veneta diretta da Giorgio Croci. Tutti quelli che vedete in questa scena sono attori, e non cantanti: ben scelto per somiglianza fisica l’attore che interpreta Caruso, mentre la cantante inquadrata per un attimo nella fossa orchestrale non è Mietta Sighele e nemmeno le somiglia. Sarah Bernhardt, poveretta, è invece interpretata da un mimo: un uomo, che ne fa una versione caricaturale. Purtroppo per noi, temo che non fosse molto lontano dalla verità – ma di Sarah Bernhardt ci è rimasto ben poco.
La vera voce di Caruso si ascolta più avanti, per sette volte nel corso del film; e sono incisioni effettuate tra il 1902 e il 1906, come specificano i titoli di testa. In ordine di apparizione:
1) Leoncavallo, i Pagliacci (quando Fitzcarraldo è con i bambini) 2) Meyerbeer, L’Africana (al ricevimento) 3) Massenet, Manon : nel fiume, la romanza “sparata” contro gli indios 4) Verdi, Rigoletto: Bella figlia dell’amore, ancora contro gli indios. 5) Puccini, La Bohème: “O Mimì tu più non torni”, il duetto che apre l’ultimo quadro, per la salita della nave lungo la collina. 6) Ancora “Bella figlia dell’amore”, per il varo della nave all’altro capo della collina. 7) “Lucia di Lammermoor” di Donizetti, per la discesa delle rapide, alla deriva, dopo che gli indios hanno tagliato gli ormeggi.
Herzog fa volentieri lo spiritoso, nella scelta di questi brani. Per chi non conosce l’opera, traduco le battute si spirito di Herzog: l’opera di Meyerbeer si riferisce a Vasco de Gama e ai suoi viaggi, e dice: «O nuovo mondo, tu m’appartieni»; nell’aria di Massenet, nel bel mezzo del fiume, quando gli indios si acquattano minacciosi nella foresta vergine, Fitzcarraldo fa cantare al delicato cavaliere settecentesco Des Grieux l’aria in cui l’innamorato si immagina di vivere con la sua Manon in una casetta piccola piccola, ma tanto felice. E, nel finale, quando la nave è ormai ingovernabile e alla mercé delle correnti del fiume, sceglie il concertato dalla Lucia di Lammermoor: che inizia con le parole “Chi mi frena in tal momento” (ma Herzog, con una piccola finezza, parte dalla strofa successiva e queste parole non si sentono).
Fitzcarraldo non riuscirà a costruire il teatro a Iquitos, ma riuscirà a portarvi una vera compagnia operistica, orchestra compresa: è il finale del film. L’opera è “I puritani” di Vincenzo Bellini, il concertato che segue “A te o cara”. E’ una buona esecuzione di un’opera molto impegnativa, eseguita da musicisti che non conosco: l’Orchestra Sinfonica del Repertorio, di Lima, e la Camerata Vocale Orfeo, direttore Manuel Cuadro Barr; cantanti Isabel Jimenez de Cisneros, Liborio Simonella, Jesus Goiri, Christian Mantilla.
La musica originale è stata composta dal gruppo tedesco dei Popol Vuh, molto gradevole, di ispirazione vagamente etnica. La partenza della nave e la risalita del fiume, con i meravigliosi notturni amazzonici, sono accompagnate dalle note di “Morte e Trasfigurazione”, un poema sinfonico del bavarese Richard Strauss scritto nel 1889: che non va confuso con gli Strauss viennesi, con i quali non ha niente da spartire.
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2 commenti:
Caro Giuliano,
grazie per avermi aperto una porta su uno dei miei film preferiti: vista la mia ignoranza musicale, non sarei mai stato in grado di aprire da solo neanche uno spiraglio. Fitzcarraldo "è" il film d'avventura per eccellenza.
Ciao, Nicola
Non c'è di che, si fa quel che si può. Magari un giorno mi spieghi il monolite di Kubrick...
saludos
Giuliano
(però io "O nuovo mondo" ce l'ho nella versione di Jussi Bjoerling. Caruso era un fenomeno vocale, ma si arrangiava molto e faceva un po' quel che gli pare - un Maradona del canto, se mi passi il paragone) (difatti quelli che lo hanno imitato hanno chiuso subito la carriera)
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